Archivi tag: dopo il paradigma

su academia.edu

(Pur non essendo io un accademico) alcuni testi sono/saranno disponibili in academia.edu  :

interventi, saggi, annotazioni, articoli @ http://uniroma1.academia.edu/MarcoGiovenale/Papers

recensioni @ http://uniroma1.academia.edu/MarcoGiovenale/Book-Reviews

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“wall, 2010″

aprile 2012:
intervista sull’”Ulisse”, da cui è tratto questo segmento:

Sono particolarmente interessato ai caratteri installativi dei testi verbali, che sarei tentato di definire in molti casi postverbali. Macchine elencative interminabili, blocchi verticali di textus che esce proprio quantitativamente dal campo della tessitura, del rinvio sonoro, lineare, performabile, per entrare semmai in quello della scultura, del volume-massa, dell’oggettualità piena, fissa. (Words to be looked at, recita significativamente il titolo del saggio di Liz Kotz dedicato non a caso a «Language in 1960s Art», MIT Press, 2007).

Se penso a Il dramma della vita, di Valère Novarina (la cui conclusione esce in italiano su Nazione indiana, tradotta da Andrea Raos), o ai monoliti che punteggiano le uscite di http://hotelstendhal.blogsome.com, o ai flowchart ritoccati di Brunt, di Emilio Villa, o ancora alle opere in rete di Jim Leftwich, Jukka-Pekka Kervinen, Peter Ganick, non mi torna affatto come eco distante un’idea di scrittura di scena che (si) fa muro: muro-scena, opera verbovisiva in sostanza. (Che perda o meno il suo carattere alfabetico cellulare, costituitivo). È una delle vie di comunicazione verso la visual poetry, anche.

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giugno 2012:
recentissimo testo di Peter Ganick, nella cui pagina di presentazione su Lulu.com si parla precisamente di “wall of text”:

What is a text? After John Coltrane’s “wall of sound”, we have here a “wall of text”. What does making sense entail? Is it in the words themselves and/or the sequence of words? In “An Archeology of Theory”, Peter Ganick suggests both and neither in true spatial reference. Energy is space is a version here-to-be-read.

cfr.
http://slowforward.wordpress.com/2010/06/28/wall-of-text-stele-di-testo/

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“la coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up” _ [replica]

da http://gammm.org/index.php/2012/12/20/vuol-dire-quello-che-vedete-effettivamente-william-burroughs/

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Ora il montaggio è davvero molto più vicino ai fatti della percezione, della percezione urbana almeno, che non la pittura figurativa. Fate una passeggiata per una strada di città e mettete già, su una tela, quello che avete appena visto. Avete visto mezza persona tagliata in due da una macchina, pezzi e bocconi di cartelli stradali e pubblicità, riflessi da vetrine — un monteggio di frammenti. E la stessa cosa accade con le parole. Ricordate che la parola scritta è un’immagine. Il metodo del cut-up di Brion Gysin consiste nel tagliare a pezzi pagine di un testo per rimetterli insieme in combinazioni a montaggio. La pittura figurativa è morta, a meno che forse il nuovo fotorealismo si affermi. Nessuno più dipinge mucche nell’erba. Il montaggio è un vecchio trucco in pittura. Ma se applicate il metodo del montaggio alla scrittura, siete accusati dai critici di promulgare un culto di ininitelligibilità. La scrittura è ancora confinata nella camicia di forza sequenziale e figurativa del romanzo, una forma altrettanto arbitraria che il sonetto e altrettanto remota dai fatti reali della percezione e della coscienza umana quanto quella forma poetica del quindicesimo secolo. La coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up. Ogni volta che andate giù per la strada o guardate fuori dalla finestra, il fluire della vostra coscienza è tagliato da fattori a casaccio.

[William Burroughs, The Last Potlatch, tr. it. di G.Saponaro, in
Id., La scrittura creativa, Sugarco, Varese 1981, 1994: pp. 32-33]

Brion Gysin ha parlato molto della relazione tra scrittura e pittura. Spiega come la pittura renda perfettamente esplicito un certo numero di caratteristiche della percezione umana. In breve, mostra alla gente qualcosa che conosce ma non sa di conoscere. Quando Cézanne ha esposto le sue prime tele per la prima volta, nessuno ha saputo vedere che erano semplicemente una mela, un’arancia o un pesce visti sotto un certo angolo. Io ho una tela di Brion Gysin su cui si possono vedere dei veicoli disposti su strati diversi, si tratta molto semplicemente di un taglio nel tempo. Se andate per strada, specialmente una strada che conoscete bene, non vedete soltanto le macchine che ci stanno, ma vedete anche quelle che c’erano ieri, che c’erano dieci anni fa, e questo per associazione mnemonica. Ma se mostrate questo fenomeno su una tela, la gente spesso dice: «Cosa vuol dire?». Vuol dire quello che vedete effettivamente: i dati della percezione umana. Questi dati sono resi espliciti nella pittura come nella scrittura, come in altre forme, per esempio nel cinema. 

Spesso la gente è disorientata nello scoprire ciò che sa già senza sapere. 

[William Burroughs, colloquio con
Gérard-Georges Lemaire, in Ibid., p. 111]

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un seminario sulla prosa breve (che non c’è stato) _ [replica]

Lo scorso anno si sarebbero dovuti tenere in una casa privata dei seminari (di “lettere grosse“) sulla “prose très prose“, sulla prosa breve, sulla scrittura di ricerca. Qui a Roma. Una serie di imprevisti ha dirottato e poi reso irrealizzabile il progetto, ma lo schema di massima di quel che si sarebbe andati a fare e dire era grosso modo questo:

#1 cambio di paradigma
Fénéon non è Fargue. Ponge non è Michaux. Beckett non è Char. Tarkos non è Bonnefoy. Tutti leggiamo con passione Fargue, Michaux, Char, Bonnefoy. Ciò non toglie che in alcune scritture si sia verificato – o sia non illogicamente ravvisabile – un cambio di paradigma.

#2 googlism non è googling
Come funziona un sought text.

#3 alcuni luoghi comuni sfatati
Sfatiamo l’idea che l’asserzione sia il male. Che i testi freddi siano tutti “dopo il paradigma”. Che i testi freddi siano “anaffettivi” (o stupiderie simili). Che funzionino sempre. Che Costa scriva le stesse cose di Spatola. Che Costa scriva le stesse cose scritte da tutti gli autori di Tam Tam. Che la scrittura di ricerca sia tutta cut-up. Che cut-up e googlism siano sinonimi. Che cut-up, googlism e poche altre tecniche siano solo “tecniche”, e che rappresentino l’intero della scrittura di ricerca. Che il non detto, l’ombra e l’allegoria non possano essere “dopo il paradigma”. Che Corrado Costa sia giocoso (Costa è tragico, dunque è anche giocoso). Che l’opera di Giuliano Mesa sia risolvibile interamente entro i parametri del Modernismo. Che ci sia una qualche necessaria contraddizione fra tragedia e scritti “dopo il paradigma”. Che post-paradigma e postmoderno siano sinonimi. Che tutte le basi della scrittura “dopo il paradigma” siano state gettate dalle avanguardie vecchie e nuove. Che tra Gruppo 63 / Tel Quel e scritture nuove ci sia filiazione diretta e pacifica. Che la scrittura di ricerca sia “focused on language”. Che le scritture nuove siano sempre o spesso metatestuali.

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quando si dice un sonetto [replica]

Mary Ellen Solt, Moonshot Sonnet, 1964
https://monoskop.org/images/thumb/4/42/Solt_Mary_Ellen_1964_Moonshot_Sonnet.png/708px-Solt_Mary_Ellen_1964_Moonshot_Sonnet.png
da https://monoskop.org/File:Solt_Mary_Ellen_1964_Moonshot_Sonnet.png
(cfr. anche https://socks-studio.com/2019/12/15/mary-ellen-solt-moonshot-sonnet-1964/)

Nanni Balestrini, Ipocalisse, 1986
https://gammm.org/2014/0Ipocalisse6/09/da-ipocalisse-nanni-balestrini-1980-83/

Corrado Costa, Sonetto n. 1, 1986
https://slowforward.net/2022/04/18/sonetto-n-1-corrado-costa-1986/

Avelino de Araújo, Soneto América Latina, 1987-2003
https://slowforward.files.wordpress.com/2013/09/avelino-de-araujo_-soneto-america-latina_-1987-2003.jpg
da https://www.facebook.com/photo.php?fbid=159122990944999&set=gm.610628722303195

Paula Claire, A Sonnet in Motion, 2007
https://xkora.files.wordpress.com/2016/04/claire-paula-a-sonnet-in-motion-1.jpg
da https://xkora.wordpress.com/2016/04/08/typography-and-language-pt2/
(cfr. anche Kim Campanello on Paula Claire: https://youtu.be/vec0RQ5fE0M)

Jared Hayes, Body Sonnet, 2005
https://gammmorg.wordpress.com/2007/12/10/da-body-sonnet-jared-hayes-2005

K. Silem Mohammad, The Sonnagrams, 2009
http://gammm.org/index.php/2010/03/30/sonnagram-40-k-silem-mohammad-2009/

Marco Giovenale, Piccoli suoni, in Quasi tutti, 2010
https://slowforward.files.wordpress.com/2013/09/giovenale-2010.jpg

Sean Bonney, Sonnet d’automne, in Happiness: Poems after Rimbaud, 2011
https://slowforward.net/2022/04/19/sonnet-dautomne-sean-bonney-2011/

Gary Barwin, Three Spam Emails Sonnet, 2011
https://vallum.wordpress.com/2015/05/11/vallum-poem-of-the-week-three-spam-emails-sonnet-by-gary-barwin/

John Crouse, Sonnet, 2013
http://ex-ex-lit.blogspot.it/2013/07/poem-john-crouse.html

Gary Barwin, Sonnet, 2014
https://slowforward.files.wordpress.com/2013/09/barwin-2014.jpeg
cfr. https://alllitup.ca/Blog/2015/Poetry-as-the-Conceptual-Experiment-of-Language#topofpostcontent

Gary Barwin, Servants of Dust, 2015
http://dl.gauss-pdf.com/GPDF181-GB-SOD.pdf
da https://www.gauss-pdf.com/post/127645484712/gpdf181-gary-barwin-servants-of-dust
e https://soundcloud.com/himself-1/sonnets-1-20-by-gary-barwin
= https://youtu.be/PvQiuigBm7s

Catherine Vidler, Lost Sonnets, 2018
https://timglasetcom.files.wordpress.com/2018/09/lost-sonnets-free.pdf
cfr. https://slowforward.net/2022/01/05/lost-sonnets-catherine-vidler-2018/

Mark Staniforth, Anti-sonnets, Fryup sonnets, Non-sonnets, 2019-2020
https://gammm.org/2021/11/25/anti-sonnets-mark-staniforth-2019/
https://gammm.org/2021/11/26/fryup-sonnets-mark-staniforth-2019/
https://gammm.org/2021/11/27/non-sonnets-mark-staniforth-2020/

Antonio Loreto su Balestrini e Giovenale, nel saggio Il sonetto dopo la lirica: parodie (falsità, promesse, allegorie), uscito su «Between», vol. VI, n. 12 (nov. 2016): http://ojs.unica.it/index.php/between/article/view/2594/2299 e https://www.academia.edu/31144316/Il_sonetto_dopo_la_lirica_parodie_falsit%C3%A0_promesse_allegorie

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weird sonnets are the new sonnets

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corrispondenza privata_ (5) : orientamento

[…] sembra sensato definire essenziale una quota alta di introiezione (e dunque dissipazione) del percorso critico-analitico, e quindi di (pregresso, precedente) abbandono al gesto stesso dell’operazione scrittoria. Banalmente: nell’atto di scrivere sta, disseminata in ogni cellula di quel che il corpo è, la sacrosanta catasta di interdizioni che una coscienza (storica, letteraria, critico-analitica, di percezione del “contemporaneo”) ha accumulato, e che non è un deposito inerte o un tool da “applicare”, ma costituisce proprio il corpo. (E: il proprio corpo; e forse: il proprio del corpo).

Insomma… le persone (tutte) sono un alveare di vicoli ciechi. Di blocchi, di interdizioni. Di restrizioni. (Questo siamo, direi).

Le interdizioni, le restrizioni, sono materia reale e necessaria se allora funzionano come corpo; non se vengono “applicate” come un tool (da un freudiano Super-Io mascherato da qualsiasi altro attore) al gesto della scrittura.

Se vengono “applicate”, i “risultati” della scrittura ne risentono. (È pressoché matematico).

Non bisogna “studiare” googlemap per andare in un posto. Bisogna “essere” (o perlomeno vedere!) googlemap. (Chiedo venia per lo sciocco parlar figurato).

(E… Continua a leggere