Archivi tag: Ezra Pound

“one sap one root”: allison grimaldi donahue @ macro (rome, via nizza), jan 13th

https://www.museomacro.it/arrhythmics/allison-grimaldi-donahue-one-sap-one-root/

A pact between poets of every generation has always existed, but the question lingers about who is permitted to be complicit in this pact. Allison Grimaldi Donahue investigates the nature of the pact between poets, the tension between anxiety and influence, and how female poets have been excluded and included, at varying historical points, in this chain of relationships. Through a poetic and theoretical performance and via an artist’s book published for the occasion, Grimaldi Donahue makes space for the female voices associated respectively with Pound and Pasolini and interrogates her own position as female and poet.

https://www.museomacro.it/arrhythmics/allison-grimaldi-donahue-one-sap-one-root/

roma, 24 novembre, al macro in via nizza: pasolini+pound

Giovedì 24 novembre, alle ore 18, opening della mostra Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound. A Pact, a cura di Giuseppe Garrera, con contributi di Allison Grimaldi Donahue, Olaf Nicolai e Luca Vitone nella sezione ARITMICI del MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, via Nizza 138. Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound. A Pact è legata al percorso della mostra Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo – Il corpo poetico al Palazzo delle Esposizioni ed è promossa da Roma Culture e da Azienda Speciale Palaexpo nel programma PPP100 – Roma Racconta Pasolini.

Pasolini + Pound al Macro in via Nizza

cliccare per ingrandire

La stessa sera inaugurerà Robert SmithsonRome is still falling nella sezione PALESTRA del museo e saranno presentate le opere Figura che divora se stessa (2021) di Giulia CenciCamouflage Milieux (2022) di Jim C. Nedd in Retrofuturo. Appunti per una collezione.

 

intervista a gaetano altopiano, a proposito del sito di scritture “il cucchiaio nell’orecchio”

D: Quando e perché nasce il sito Il cucchiaio nell’orecchio? Con quali caratteristiche, caratteri specifici (ed esigenze che li fondano)?

R: Dopo la chiusura del “Cric”, giornale fondato e diretto da Fulvio Abbate sul quale scrivevamo entrambi, io e Ciccio intendo, ultima esperienza online in ordine di tempo, Francesco Gambaro mi comunicò il desiderio di mettere in rete un suo personalissimo sito di scrittura, più per sé stesso e per gli amici per l’appunto che per un ipotetico pubblico di lettori, che dovessero venire, ovviamente sarebbero stati i benvenuti. Libertà assoluta dunque (la nostra) all’insegna del buon scrivere e del buon leggere quotidiano. Brani selezionati, chicche da intenditori, pop-letteratura, anarchia e strade laterali. Era il 2013 e ci siamo avventurati: lui avanti, inarrivabile per la verità, e io dietro come vicedirettore.

 

D: Quale ritratto disegneresti di Francesco Gambaro?

R: Su Youtube c’è una bella intervista di qualche minuto dove una giornalista chiede a Massimo Cacciari che ricordo avesse di Ezra Pound, che come sappiamo ha vissuto gli ultimi suoi anni a Venezia dove è sepolto nell’isola di San Michele. Cacciari afferma di averlo conosciuto negli anni della sua adolescenza. “Come lo ricorda lei, Ezra Pound? Che ricordo ha?” chiede la donna. Cacciari chiosa molto semplicemente con queste parole: “un profeta” – pausa – “assolutamente un profeta”. Francesco era un uomo di intelligenza superiore.  Era baciato dalla grazia. Siamo a quei livelli.

 

D: Inserirei qui un suo testo preso dal Cucchiaio. Riflettiamoci insieme se vuoi.

R: L’ultima pubblicazione di Francesco sul Cucchiaio prima di morire:

Francesco Gambaro
IO SONO JACK SMITH (II)

30 Aprile 2019

Non saluto alle spalle della gente. Io sono jack smith. Se ti giri dopo che ti ha detto addio non alzi la mano. Questo è il girato ma nel montaggio deve saltare quella cazzo di mano, mi spiego? Forse i ciechi li saluti con la mano? Si? Allora sei un Giufà. Giufà in fondo alla valle non è a vista di suo padre. Suo padre gli chiede: arriva l’acqua? Giufà fa sì con la testa. Ai ciechi grido nell’orecchio, fanculo cieco. Del resto non mi interesso, il sesto non è il il testo. I ponti possono saltare, i grilli finalmente riposare. Buh al congiuntivo. Mi dicono che sono troppo dentro di me, troppo indicativo, troppo io. Sbagliato. Non frequento il concetto, sono una congettura, una superficie liù, sconosco non conosco, fraintendo non centro, scontesto non contesto, buh, io sono jack smith, riparo valvole, dormo dentro una CGE mod. 365 sulla stazione di New York 1954 con coperta in ciliegio. Una specie di paremecio ma ho le mie onde. Ogni tanto mi addormento con la pipa spenta e sfrigolo la gola senza corrente. Per il resto non resto con le mani in mano. Mai senza mani mai. Faccio verdura. Faccio quello che ogni uomo di un condominio civile fa: non rubo la spazzatura. Io sono jack smith, amo i maglioni rossi, pochissimo i condomini. Come sto? Come può stare un avverbio: purtroppo bene.

 

D: Il sito ospita testi solitamente brevi. La brevitas è già in sé una poetica, o parte di una poetica, oppure esprime (più e meglio di altre caratteristiche) le poetiche che al sito interessano?
+
D: Quali sono queste ultime? L’inclinazione prevalente del Cucchiaio, e mi garba, mi sembra quella sperimentale, o comunque ‘non mainstream’. Posso però sbagliare…

R: Bè, in effetti, sul Cucchiaio si rema quasi esclusivamente controcorrente. E con colpi secchi e decisi. E il testo breve è il preferito. E’ stata la filosofia fondante del giornale ed è quello che il giornale predilige tuttora: tre testi al giorno da tracannare di colpo. C’è una ricerca metodica del petardo, del bombolone alla crema, del cortometraggio fulminante. Di tutto ciò che godi e si consuma subito. Anche se a volte qualche testo un po’ più lungo appare. E poi, vuoi mettere il piacere unico di impiattare il “mai visto prima”? l’esclusiva della “Primavoltità” insomma per dirla alla Bob Bazlen? Sul Cucchiaio scrive solo gente di talento. Poco conosciuta, magari, un po’ matta magari, ma di talento.

_

*
QUI una nota biobibliografica di Gaetano Altopiano

_

 

 

modernism in venice: “killing the moonlight”, by jennifer scappettone

As a city that seems to float between Europe and Asia, removed by a lagoon from the tempos of terra firma, Venice has long seduced the Western imagination. Since the 1797 fall of the Venetian Republic, fantasies about the sinking city have engendered an elaborate series of romantic clichés, provoking modern artists and intellectuals to construct conflicting responses: some embrace the resistance to modernity manifest in Venice’s labyrinthine premodern form and temporality, while others aspire to modernize by “killing the moonlight” of Venice, in the Futurists’ notorious phrase.
Spanning the history of literature, art, and architecture—from John Ruskin, Henry James, and Ezra Pound to Manfredo Tafuri, Italo Calvino, Jeanette Winterson, and Robert Coover—Killing the Moonlight tracks the pressures that modernity has placed on the legacy of romantic Venice, and the distinctive strains of aesthetic invention that resulted from the clash. Whether seduced or repulsed by literary clichés of Venetian decadence, post-Romantic artists found a motive for innovation in Venice. In Venetian incarnations of modernism, the anachronistic urban fabric and vestigial sentiment that both the nation-state of Italy and the historical avant-garde would cast off become incompletely assimilated parts of the new.

Killing the Moonlight brings Venice into the geography of modernity as a living city rather than a metaphor for death, and presents the archipelago as a crucible for those seeking to define and transgress the conceptual limits of modernism. In strategic detours from the capitals of modernity, Scappettone charts an elusive “extraterritorial” modernism that compels us to redraft the confines of modernist culture in both geographical and historical terms.

http://cup.columbia.edu/book/978-0-231-16432-0/killing-the-moonlight

_