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galleria nazionale d’arte moderna (roma), 11 dicembre, “parole e immagini: la poesia visiva a firenze e a roma”

Giornata di studi

Parole e immagini: la poesia visiva a Firenze e a Roma

paroleimmagini

Mercoledì 11 dicembre 2013

Sala del mito, presso la

Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea

Viale delle Belle Arti 131 – Roma

Mercoledì 11 dicembre 2013 nella Sala del mito della Galleria nazionale d’arte moderna si terrà una giornata di studi dedicata a Parole e immagini: la poesia visiva a Firenze e a Roma. In occasione dei cinquant’anni dalla nascita del Gruppo ’70 la giornata di studi Parole e immagini: la poesia visiva a Firenze e a Roma, a cura di Raffaella Perna e Claudio Zambianchi, intende promuovere una riflessione sulle sperimentazioni verbovisive emerse in Italia nella prima metà degli anni Sessanta, concentrando l’attenzione sui contesti, particolarmente, vitali di Firenze e Roma. Attraverso il contributo di storici dell’arte, studiosi di letteratura e artisti si metteranno a fuoco i nodi critici al centro di questa area espressiva: l’esigenza di uscire dai confini delle singole discipline, l’analisi del rapporto tra arte e ideologia, la critica al sistema mass-mediatico e alla rappresentazione stereotipata del femminile e delle minoranze sono tra le questioni cardine affrontate, sotto i profili teorico ed estetico, dagli artisti legati all’esperienza di Gruppo ’70 e più in generale dalla poesia visiva italiana. La giornata di studi prevede l’intervento di alcuni studiosi – Marcello Carlino, Aldo Mastropasqua, Giorgio Patrizi, Giorgio Zanchetti – e di protagonisti di questa tendenza – Mirella BentivoglioTomaso BingaLucia MarcucciLamberto Pignotti, – che, con la loro testimonianza, contribuiranno a delineare gli scambi intercorsi tra la realtà romana e quella fiorentina, l’esperienza e gli sviluppi del Gruppo ’70, la posizione delle donne artiste all’interno della scena culturale italiana degli anni Sessanta.

La giornata di studi si realizza con il contributo della Galleria Frittelli Arte Contemporanea di Firenze.

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Programma della giornata

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messaggi ai poeti (#26)

vediamo se riesco a spiegarmi:

Dan Waber: sketches built with Processing:
http://logolalia.com/processing/

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jim leftwich e la “pansemic playhouse”

In questi anni recenti, oltre a lavorare in numerosi ambiti verbovisivi, e ovviamente nelle aree della poesia concreta e visiva, del glitch, della fotografia, del collage e della mail-art, Jim Leftwich ha ospitato materiali altrui, organizzando veri e propri archivi in rete, tutti o quasi tutti legati ai molti blog a cui collabora, ma soprattutto alle sue pagine http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/ e http://textimagepoem.blogspot.com e ai vari festival e iniziative (collab fests, o marginal arts festivals) di arte e di scritture sperimentali ai quali ha preso parte, a Roanoke (Virginia), la città in cui vive.

L’accumulo di materiali, altrui e propri, che questi anni di lavoro (e i precedenti) hanno portato è impressionante. Molti – degli anni 2005-07 – sono archiviati in un’apposita pagina allestita grazie a John M. Bennett dalla Ohio State University: http://library.osu.edu/finding-aids/rarebooks/TextImagePoemArchive.php.

Molti altri, specificamente di Leftwich, sono spread all over the world, diffusi ovunque nel mondo sia in forma cartacea (spedizioni, invii) sia in blog e siti i più diversi. Anche una superficiale ricognizione su google testimonierà della straordinaria diffusione di opere di Leftwich, o di sue collaborazioni (collab works).

Da circa due anni, da luglio 2011 ad oggi, anche con periodi in cui l’attività di postaggio è quantitativamente minore, Jim Leftwich sta inoltre pubblicando sul suo già ricchissimo e generoso spazio flickr una serie intitolata Pansemic Playhouse. Si può prendere visione dei vari “set” che la compongono a partire dalla pagina citata sopra:

http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/sets/?&page=1

Una playhouse è una casa giocattolo, una casa dei giochi. Nel progetto e idea di una simile casa “pansemantica” molti elementi assai felicemente e positivamente convergono. Per ragionarne, direi di tenere presente sullo sfondo, come elemento differenziale, l’orizzonte della “asemic writing”, ossia della scrittura asemantica. Leftwich, per altro, è stato uno dei primi statunitensi a occuparsi di asemic writing in maniera sistematica, a partire dagli ultimi anni del Novecento (in colloquio con John Byrum e Tim Gaze).

In Pansemic Playhouse, al contrario che nella scrittura asemantica, e – davvero – in rapporto differenziale netto con questa, Leftwich espone/sovraespone, accumula e moltiplica immagini e materiali anche casualissimi (classico e ritornante è lo scatto assolutamente random da cellulare) in cui tutto è semantico, tutto acquista un rilievo di senso, in qualche modo. E, questo, non volontaristicamente, ma come una sorta di emersione (data per oggettiva anche se conscia del fatto che oggettiva non sarà mai) dell’evidenza di senso di ogni nostra percezione. (Insisto: a specchio e differenza dei percorsi asemantici di alcuni segni grafici).

Leftwich è perfettamente cosciente del ‘brutto’ e del ‘non riuscito’ in alcuni scatti e immagini, ma quel che a lui interessa è il versante ‘costruttivo’ dello sguardo stesso di chi apre immagini e sequenze. Al centro del meticoloso progetto di una casa/catasta pansemantica sta insomma un’idea legata all’affioramento non casuale ma quasi cronometrico, prevedibile, inevitabile, di un costante microrilievo di senso, una traccia aggiunta possibile, che sta dunque proprio al fondo di ogni – veramente ogni – cosa ed esperienza). (Tutto ciò ha in parte anche interessanti – pur se non inediti – risvolti etici).

Il progetto di flusso visivo che conserva numerose versioni di uno stesso frame è in fondo analogo al sistema di varianti moltiplicate (e variazioni non necessariamente infinitesimali) apprezzabile nel vasto progetto testuale – e visivo – di Six Months Ain’t No Sentence, per adesso diviso in 50 libri gratuitamente scaricabili dall’indirizzo differxhost seguente: https://app.box.com/s/l76xlrg78e5s8evbi4c4. Altro tassello del colossale lavoro di sperimentazione di Leftwich.

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alcuni link aggiornati:
http://jimleftwichtextimagepoem.blogspot.it/2013/09/pansemic-playhouse-1-600-jim-leftwich.html

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pagine estive (o quasi) che vanno bene anche per l’autunno _ (13) l’ibridazione, lo scambio tra campi verbali e visivi

Commentando questo articolo (in particolare il punto 4), dico che a mio parere precisamente l’ibridazione, lo scambio tra campi verbali e visivi, la persistenza ed estensione e ampliamento della scrittura verbovisiva in paesi che non sono l’Italia, segnano non solo la continuazione di una storia secolare, ma precisamente quella “trasformazione” o addirittura quell’assalto alla monoliticità dei generi che l’articolo giustamente segnala e invoca. Il fatto è che l’Italia è stata un prodigioso motore di ricerche, avanguardie, esperimenti, passando poi il testimone a: tutto il resto del mondo. Che in Italia il motore sia semispento, o che non se ne avverta la vitalità se non in individui quasi isolati, non significa affatto immobilità della macchina globale, non italiana, che giusto il nostro paese ha contribuito con altri (Brasile, Francia, Germania, Cecoslovacchia) ad avviare.

(p.s.: quale poesia visiva è in crisi? Quella italiana, forse, probabilmente; non certo quella mondiale. E poi: quale, tra le molte italiane?)

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