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“ZONG!”, di M. NourbeSe Philip

Marlene NourbeSe Philip,
ZONG! Come narrato all’autrice da Setaey Adamu Boateng.
Traduzione: Renata Morresi.
Traduzione di «Notanda» e di «Gregson vs Gilbert»: Andrea Raos.
Traduzione di «Ẹbọra»: Mariangela Guatteri.
Colorno : Tielleci, 2021. – 236 p. ; 26 cm.
(Benway Series ; 15).
978-88-98222-50-6
benwayseries.wordpress.com/2021/07/03/m-nourbese-philip-zong-benway-series-15/

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We acknowledge the support of the Canada Council for the Arts for this translation.

*

La Zong era una nave inglese della compagnia Gregson, dedita alla tratta degli schiavi lungo le rotte atlantiche. Nel 1781, in navigazione dallAfrica verso la Giamaica, la nave trasportava 442 persone imprigionate nella stivaA causa di problemi legati al calcolo errato della rotta, allo scarseggiare delle scorte d’acqua, alle patologie di cui si temeva il propagarsi e alle condizioni critiche di chi era a bordo, il capitano e la sua ciurma decisero di gettare in mare parte del carico umano trasportato: prima le donne e i bambini, poi gli uomini. Scomparvero circa duecento persone. Al ritorno a Liverpool i proprietari intentarono una causa di risarcimento nei confronti dell’assicuratore.

A partire da quel che rimane dei verbali della causa (due pagine scarne), in Zong! l’autrice canadese M. NourbeSe Philip ha distillato ed espanso un’opera che cerca di riesumare quei defunti, anzi, come ci dice nelle note, di «esacquare» le loro spoglie sparse nell’Oceano. Philip dà forma a una storia che «non può essere narrata eppure deve essere narrata, ma solo tramite il suo de-narrare.»

M. NourbeSe Philip, come Reznikoff, di formazione è avvocato. E Zong!, come Holocaust, è stato scritto sulla base di documenti legali. Ma Reznikoff partiva da 15.000 pagine e le concentra oltre il concepibile; Philip invece parte da due paginette scarse e le fa deflagrare in mille direzioni e dimensioni.
Due procedimenti in apparenza identici, in realtà opposti. Da una parte il nucleo di un pianeta, dall’altro una supernova – o un oceano.

[Andrea Raos]

 

“zong!”, di m. nourbese philip (benway series, 2021)

Marlene NourbeSe Philip,
ZONG! Come narrato all’autrice da Setaey Adamu Boateng.
Traduzione: Renata Morresi.
Traduzione di «Notanda» e di «Gregson vs Gilbert»: Andrea Raos.
Traduzione di «Ẹbọra»: Mariangela Guatteri.
Colorno : Tielleci, 2021. – 236 p. ; 26 cm.
(Benway Series ; 15).
978-88-98222-50-6
benwayseries.wordpress.com/2021/07/03/m-nourbese-philip-zong-benway-series-15/

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La Zong era una nave inglese della compagnia Gregson, dedita alla tratta degli schiavi lungo le rotte atlantiche. Nel 1781, in navigazione dallAfrica verso la Giamaica, la nave trasportava 442 persone imprigionate nella stivaA causa di problemi legati al calcolo errato della rotta, allo scarseggiare delle scorte d’acqua, alle patologie di cui si temeva il propagarsi e alle condizioni critiche di chi era a bordo, il capitano e la sua ciurma decisero di gettare in mare parte del carico umano trasportato: prima le donne e i bambini, poi gli uomini. Scomparvero circa duecento persone. Al ritorno a Liverpool i proprietari intentarono una causa di risarcimento nei confronti dell’assicuratore.

A partire da quel che rimane dei verbali della causa (due pagine scarne), in Zong! l’autrice canadese M. NourbeSe Philip ha distillato ed espanso un’opera che cerca di riesumare quei defunti, anzi, come ci dice nelle note, di «esacquare» le loro spoglie sparse nell’Oceano. Philip dà forma a una storia che «non può essere narrata eppure deve essere narrata, ma solo tramite il suo de-narrare»

M. NourbeSe Philip, come Reznikoff, di formazione è avvocato. E Zong!, come Holocaust, è stato scritto sulla base di documenti legali. Ma Reznikoff partiva da 15.000 pagine e le concentra oltre il concepibile; Philip invece parte da due paginette scarse e le fa deflagrare in mille direzioni e dimensioni.
Due procedimenti in apparenza identici, in realtà opposti. Da una parte il nucleo di un pianeta, dall’altro una supernova – o un oceano.

[Andrea Raos]

 

“prosa in prosa” minaccia il pianeta, nuovi scudi protettivi ci difendono

Il libro Prosa in prosa, vi informo, è diventato un riferimento imprescindibile anche per chi deve parlare di tutt’altro, per esempio di racconti: https://www.doppiozero.com/materiali/massimo-gezzi-le-stelle-vicine. Mi aspetto che un giorno di questi in televisione, mentre uno chef fa una frittata con le cipolle, si fermi un istante e guardando in camera enunci con severità: attenzione, questo piatto è l’esatto opposto di Prosa in prosa.
Sui biscotti, nei supermercati, campeggerà – accanto a “gluten-free” – un rassicurante “NON CONTIENE PROSA IN PROSA”.

foto dal workshop del 7 luglio 2021, all’istituto svizzero di roma

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see facebook.com/differx/posts/10158173011597212

+ slowforward.net/2021/07/07/stamattina-un-seminario-sulle-forme-della-scrittura-e-del-libro-contemporaneo-e-lasemic-writing/

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video tictalk sul libro “il pacco”, di antonio syxty

su quale binario arriva il treno, e quando / differx. 2021

Alcune citazioni in corsivo da questo articolo  di Fabrizio Spinelli su RivistaStudio, e mie risposte o annotazioni:

Ci sono delle eccezioni, ovviamente, ma l’impressione è questa: che la poesia abbia smesso di vivere nel proprio tempo, di raccontare il proprio tempo, di cercare una forma adatta al proprio tempo – e che invece insista su problematiche unicamente formali, “poeticizzi” oppure al contrario esaurisca gli ultimi empiti di avanguardia, si richiuda in una lallazione autistica.

Insomma o in un’ampolla o nell’altra. Dalla clessidra non si esce, neanche quando ti capovolgono (e succede in continuazione).

La poesia, negli ultimi decenni (generalizziamo? Sì, generalizziamo), ha smesso di fare quello che tutta la poesia seria ha sempre fatto: cantare la condizione dell’uomo nel proprio tempo. E per un poeta nato negli anni ’70 o ’80 il problema non è secondario: come si fa? Come cantare l’ipermodernità capitalista, Amazon, il razzismo sistemico, le disuguaglianze sociali, l’ondata di femminicidi, come cantare Internet, i problemi di sostenibilità cognitiva del nuovo terziario diffuso, la crisi economica, Minecfrat, Tinder, la depressione, lo sport in tv?

Ma perché generalizzare? (E perché “cantare la condizione…”?; ma questa è un’altra faccenda).
Comunque, una botta di pubblicità biecamente autoreferenziale: “Le prose qui raccolte mostrano vicende e affermazioni al limite del surreale, e allo stesso tempo pienamente reali: parlano di alberi, democrazia, psicofarmaci, tasse, doppiaggio, Testaccio, corsi di chef, scatole nascoste, gente che ha il diritto di sapere, impiegati di banca in campagna, recintati. E poi ancora schermi, romanzi morali, mobili in vendita, Poseidone e altri dèi, microfoni e corrieri, locali di successo, per giovani, cantanti e carte di credito, YouTube, levrieri, interviste, e un generatore casuale di repubbliche” (https://ticedizioni.com/collections/chapbooks/products/la-gente-non-sa-cosa-si-perde-giovenale). (Avrò cantato una qualche condizione? Boh. O sarò stato lallante & autistico? Chissà).

Sono domande che ogni poeta dovrebbe farsi, prima di comporre l’ennesimo testo breve dal significato altamente elusivo o l’ennesimo collage asemico che risponda al concetto di schizofrenia dell’uomo moderno secondo Deleuze e Guattari

Se per “collage” si intende qualcosa che riguarda la poesia o il montaggio di versi leggibili, vedo che continua adamantina la confusione tra “asemic writing” e scrittura lineare (di ricerca, che ovviamente equivale a incomprensibile o pervicacemente estranea alla “condizione dell’uomo” contemporaneo).
Quella tra scrittura lineare e asemic writing è una confusione (certo involontariamente) fake che si può far risalire al 2013, e che ormai si è memizzata, è diventata un luogo comune. Va corretta, comunque, sennò proseguirà a diffondersi. (Lo so: non sarà corretta, e lo so: proseguirà a diffondersi). (Peace).

Disamina finita.

Beh, insomma…

Ora parliamo di Claudia Rankine

Thumbs up.

…lo sperimentalismo di Liv Hejinian e di altri poeti in odore di L=A=N=G=U=A=G=E…

Occhio, non “Liv”: è “Lyn” Hejinian. Un’occhiata a slowforward non guasta: https://slowforward.net/?s=hejinian. Hejinian, in ogni caso è stata tradotta per (conosciuta e fatta conoscere da) quegli oscuri antilirici punk di gammm nel 2007 ed è presente anche in forma cartacea dal 2012 grazie alla collana ChapBooks di Bortolotti e Zaffarano, insieme a una robusta flottiglia di autori (non solo langpo) stranieri e italiani che (teste Picconi), sono assai assai meno interessati a una diatriba fra lirici e sperimentali, rispetto ad altre distinzioni e ramificazioni. (Che non sempre tutti i critici condividono, ma questo è il bello della letteratura). (O sarebbe. Se qualcuno mai leggesse).

§

Citazione in explicit (che – sono certo – verrà data per scontata, e daccapo verranno non effettivamente letti gli autori che vi sono nominati):

[…]
Tarkos semplicemente descrive quello che vede. Non ci dice ciò che dovremmo vedere. Simile anche in questo a [Corrado] Costa, non ha firmato in nostra vece un accordo retorico in base al quale venga deciso come noi stessi interpreteremmo i dati di realtà (di cui ci parla): parla, [Christophe] Tarkos, di un oggetto e nient’altro, non proietta sulla distanza che ci separa da lui le regole secondo le quali dovremmo, noi che leggiamo, funzionare.

Osserviamo il primo dei Sette anacronismi – scelti dal più ampio Anachronisme, P.O.L., Parigi 2001 – tradotti da Michele Zaffarano nella collana ChapBook di Arcipelago (http://gammm.org/index.php/chap/).
[…]
Brani come quelli di Costa (così come potremmo prenderne dal Porta di Partita, o dal Balestrini di Tristano, da testi di Mariangela Guatteri o Andrea Inglese) vengono additati dal cipiglio di chi non ama la scrittura di ricerca come testi… complessi, addirittura malati di “strutturalismo”, nostalgici di Laborintus, indecifrabili: oscuri. Ci si può legittimamente domandare cosa ci sia di indecifrabile in Retro di Costa, o in Tarkos, o nel brano di Ida Börjel Una storia senza chiasso, dalla serie Europeiska Midjemått, tradotto dall’inglese da Gherardo Bortolotti (cfr. http://gammm.org/index.php/2009/04/16/da-europeiska-midjematt-ida-borjel-2001-ii/)
[…]

[ da https://puntocritico2.wordpress.com/2013/11/19/costa-volta-il-nastro-unorigine-delle-scritture-nuove/,
già in «il verri», n. 52, giugno 2013, pp. 178-182 ]

Ah il 2013! Che anno ragazzi!

§

Uhm, dimenticavo:
https://slowforward.net/2020/08/25/antonio-syxty-legge-lyn-hejinian/

e

Gherardo Bortolotti, La scoperta dell’america (2007):
https://slowforward.net/2007/09/19/g-bortolotti-la-scoperta-dell-america/

“se vai in libreria trovi Bonnefoy, non Tarkos, Espitallier, né tutti i nomi che gammm.org traduce (sono parecchi). trovi il beato beatificato beat, non Derksen, ma nemmeno Bernstein, Hejinian, Silliman, Watten…” (2009):
https://slowforward.net/2009/12/20/note-sulla-prosa-un-commento-da-nazione-indiana/

Settembre 2010:
https://slowforward.net/2010/09/08/9punti/

Nel 2013 (daccapo) quanti leggevano le finalmente tradotte Hejinian, DuPlessis, Quintane?
https://slowforward.net/2013/02/27/7marzo-roma-nuovi-chapbook-arcipelago/
Nota bene: “noi” (gli incomprensibili asemici punk) non presentavamo questi libri nel baretto sotto casa, ma nella Sala Capizucchi del Centro di Studi italo-francesi, a Roma, in piazza Campitelli 3, a due passi dal Campidoglio, grazie a Luigi Magno, di e per l’Università RomaTre. Come del resto si era fatto nel 2012 con numerosi autori lì chiamati per un convegno; e poi nel 2014 con la presentazione degli atti. La presenza di Gleize a Roma (per il convegno del 2012) aveva perfino riscosso l’attenzione dell’allora ancora esistente “Unità”, ma in quanto a presenza di pubblico diciamo che non avevamo avuto propriamente un effetto stadio. Senza contare che nei mesi o anni successivi l’esistenza degli oggettivisti vecchi e nuovi avrebbe suscitato nel giornalismo cartaceo (e nella critica allitterante) una favolosa ondata d’indifferenza, e in siti e blog tutt’al più si sarebbe avuta qualche puntura piccata e un prevedibile malumore di sottobosco.

Il reale arriva, arriva sempre. Sono gli italiani (alcuni) a restare seduti su un altro binario.

§ § §

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stamattina, un seminario sulle forme della scrittura e del libro contemporaneo, e l’asemic writing

All’Istituto svizzero di Roma, oggi, tra poco, continua la lecture sull’asemic writing, o “scrittura desemantizzata” (come diceva Tomaso Binga e come Jim Leftwich suggerisce di dire), e su alcuni aspetti e materiali di scritture sperimentali e verbovisive. Il seminario, a differenza di ieri, è riservato agli allievi della Summer School ospitati dall’istituto, ma presto qui o su facebook pubblicherò foto dei moltissimi oggetti, libri, plaquettes, esempi di esoeditoria et alia multa di cui parlerò.

Ospiti di ieri sono stati Giulio Marzaioli per e con Benway Series, e Sara Davidovics con la performance e libro Azimut.

su linus di luglio vanni santoni recensisce “delle osservazioni” (blonk)

Linus, luglio 2021da un post di V.S. su instagram:
“Il nuovo Linus di luglio è in #edicola e in #libreria. Vi ho scritto di poesia e di poesia in prosa, con Diario di un manovale di Thierry Metz e i nuovi libri di Marco Giovenale (Delle osservazioni), Paola Silvia Dolci (Diario del sonno) e Gherardo Bortolotti (Romanzetto estivo)”

un saggio di antonio devicienti su “la gente non sa cosa si perde” (tic edizioni)

Marco Giovenale, "La gente non sa cosa si perde" (Tic Edizioni, 2021)

TIC Edizioni, collana ChapBooks, diretta da Michele Zaffarano

grazie ad Antonio Devicienti per il vero e proprio saggio dedicato a La gente non sa cosa si perde (Tic Edizioni).
https://rebstein.wordpress.com/2021/06/15/mg-la-gente-non-sa-cosa-si-perde/

due parole sagge e pressoché definitive su un’egemonia delle scritture di ricerca che proprio non si vede

Grazie a Daniele Poletti:

(il video inizia qui al minuto 37)

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