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postpoesia e dintorni: lunedì 31, incontro su “qualche uscita”, di jean-marie gleize

TIC Edizioni, Roma 2021

TIC Edizioni presenta
QUALCHE USCITA. POSTPOESIA E DINTORNI
di Jean-Marie Gleize

Incontro con Florent Coste, Luigi Magno, Gian Luca Picconi
Lunedì 31 gennaio 2022, alle ore 21:00
Tic Talk a cura di Emanuele Kraushaar e Michele Zaffarano
Online in diretta streaming sui canali:
https://tinyurl.com/ticedizioni
o https://www.facebook.com/ticedizioni

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Scheda del libro:
La poesia è per noi oggi innanzitutto ‘lapoesia’, un grande totem storico che continua ad attraversare le istituzioni scolastiche e i mezzi d’informazione e a imporre termini chiave come ‘espressività’, ‘armonia’, ‘sincerità’, ‘autenticità’, ‘visione’. D’altro canto, anche la ‘repoesia’, rovistando il quotidiano alla ricerca delle tracce di un canto essenziale, non rappresenta altro che l’ennesimo nostalgico avatar di quello stesso totem. Quanto alla ‘neopoesia’, apparentemente più in fase con il presente grazie ai suoi sempre aggiornati e spettacolari artifici tecnico-retorici, essa punta soprattutto a moltiplicare l’effetto “fantasmagorico”.
Dalla fine dell’Ottocento (dopo Rimbaud, per intenderci), alcuni autori hanno cercato di “liberare” la poesia da sé stessa, per riconcepirla sotto altre latitudini. Pensandola prima di tutto come un modo per comprendere la realtà, questi altri autori si sono consequenzialmente impegnati a ricercare gli strumenti concettuali, verbali e formali più adatti a tale nuova intesa.
I quindici interventi raccolti in questo volume partono tutti dal presupposto che esista un ‘fuori’ e un ‘dopo’. E che non ci sia solo ‘un’ modo per uscirne, ma che si possa contare su una pluralità di gesti, di atteggiamenti e di disposizioni (alla fuga), secondo le diverse maniere con cui può essere pensata una rifondazione (una riconversione) dell’“industria logica” letteraria. I cantieri postgenerici che questo libro descrive (nel loro contesto e considerandone le finalità “politiche”) sono vasti. Si tratta in fondo di atti e di azioni: d’insubordinazione.

Evento facebook:
https://www.facebook.com/events/651540632854836

Per ordinare il libro:
https://ticedizioni.com/products/qualche-uscita-postpoesia-e-dintorni-jean-marie-gleize

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riassunto della poesia italiana contemporanea/ differx. 2018

Un numero alto di volte, i libri sulla poesia contemporanea anzi attuale suonano così:

Ieri ma oggi Sereni Sereni Fortini, Montale Penna Penna, Pasolini, Montale, Sereni Pasolini, ma Montale ma Sereni, pausa, Togliatti, De Gasperi, Bordiga, Salandra, Federico II, Mazzini, fine pausa, tuttavia va pure detto che Fortini Zanzotto Einaudi, Montale Sereni Pasolini Sereni Pasolini Sereni Sereni Sereni, colpo di scena, Ungaretti, Vitruvio, Tertulliano Poliziano, San Francesco, pausa, Sereni, fine pausa, Giudici, Penna Bertolucci Penna, Raboni, però Sereni e Sereni, Fortini Raboni Merini, Pasolini, ah Pasolini, pausa, fine pausa, quanto è vero, Montale Giudici Fortini, Sereni Pasolini, Caproni, Foscolo Merini, Bertolucci Zanzotto però Sereni, però Montale, Luzi Pascoli Luzi Rebora, Pascoli Pasolini, nel frattempo il romanzo, in Italia, tuttavia Sereni, tuttavia Pasolini, poi Penna Bellezza, Sereni Montale Pasolini.

Quando il libro viene recensito su un quotidiano, la foto d’obbligo ritrae o una stilografica o Pasolini che pensa molto intensamente (“con il corpo e con la mente”, cantava Julio Iglesias).

i poeti italiani: contemporanei agli artisti (di 120 anni fa)

Avere in Italia un grande o grandissimo numero di artisti giovani e meno giovani (noti e ignoti) che fanno quello che fanno, e però trovare sugli scaffali generalisti di poesia quello che gli scaffali di poesia generalista offrono, è un po’ come vivere nel presente ma conservare il salotto di nonna Speranza, e abitare solo quello (ma senza l’ironia di Gozzano).

La scrittura media degli italiani — anche “ben” pubblicati e ben noti — che ritengono di fare poesia riesce volentieri ad attestarsi su un ritardo di circa 110-120 anni rispetto all’arte contemporanea. E l’impressione è che le generazioni più giovani, tranne qualche bella eccezione, confermino o perfino aggravino il salto.

Se l’arte si azzardasse a seguire la poesia italiana di grande distribuzione, sarebbe tutto un verzicare di croste da ritrattisti della domenica e infiorate a olio, stile pittori di piazza Navona. (Paragone di Vincenzo Ostuni, proposto circa otto anni fa).

[Nessun cambiamento nel quadro generale, se non forse in peggio, rispetto a queste osservazioni di Renata Morresi, di due anni e mezzo or sono: https://slowforward.net/2019/08/06/dei-giovanissimi-poeti-renata-morresi-2019/]

“tutto qua”: notilla sul pacchiano e il banale nella poesia italiana contemporanea

flarf irriflesso. un altro esempio / differx. 2021

adesso è più chiaro quello che intendo per kitsch (e kitsch incosciente) anche in poesia? o flarf irriflesso.
(il flarf propriamente detto è invece ‘intenzionalmente’ kitsch, ‘vuole’ far raggricciare di orrore).
 
sono sicuro che lo scultore di Padre Pio può motivare con ragioni ritmiche (e rimiche) millimetriche la sua opera. dirci il perché dell’inclinazione, della pesantezza della struttura, del volto ardito del frate, della rampa di lancio o sbilanciamento, del cappuccio che svolazza con effetto “fiamme di Ghost Rider”, del corpo bucato, a cassetti, e incastrato anzi ‘incriccato’ dell’eroe della fede. sono sicurissimo. immagino riferimenti a Dalì, Savinio, cubismo, bizzarrie seicentesche, Giovanni Battista Bracelli, la Marvel.

l’opera è iper-motivata: da elementi di ‘necessità’ formale. ne possiamo essere certi. in ogni sua parte e nel complesso morfologico/semantico si ‘spiega’. ha struttura.
ma?
ma è irrimediabilmente inconsapevolmente orrenda, pacchiana.
imbarazza, fa ridere, stop.

***
nelle foto:
il monumento a Padre Pio (Benevento), un’opera di Bracelli, i prevedibili robottoni (Daitarn 3 in testa), e il pregevole/ironico tavolino cubo di Antartidee.

il riflusso letterario (o poetico, sempre se di poesia si tratta, il che è dubbio)

Lost Frequencies ft Calum Scott – Where Are You Now (Official Video) _ https://youtu.be/PoP2Sa7wYNQ

Temo o meglio constato: siamo entrati ben bene, e da parecchio tempo, in una ennesima fase di riflusso letterario, avvertibile in poesia (o in quella che si pubblica sotto questo nome), con una generazione anzi sicuramente ormai due-tre generazioni pressoché aliene da soprassalti e insofferenze radicali, o almeno aliene da quelle insofferenze che decidono di esprimersi sondando e sperimentando, facendo saltare il tavolo dei giochi.

Scriventi in altissimo numero sembrano al contrario assai soddisfatti, del tutto soddisfatti della tradizione che viene trasmessa loro dagli scaffali vigilati (e vigilantes) degli editori e delle librerie generaliste.

(Del resto in capo a un decennio o due il mainstream ha stravinto la guerra della distribuzione, ha cacciato le riviste dai luoghi di lettura, ha piallato i gusti poetici sul tardolirico e di lì su instagram, sugli inglesi di Bloom e gli italiani di Sanremo, ha sbarrato le porte alle tradizioni e traduzioni ‘minacciose’ per la gioventù educanda: le conseguenze si vedono). (Non vederle è cecità o malafede).

La mia annotazione in fondo conferma daccapo un post che Renata Morresi pubblicava già due estati or sono: https://slowforward.net/2019/08/06/dei-giovanissimi-poeti-renata-morresi-2019/.

In coda, aggiungo: personalmente, non manco di ascoltare le voci più diverse, e di non limitarmi ai materiali non assertivi. Ma, devo dire, è un po’ difficile non restare di stucco, depressi e schiacciati dalla seriosità, dal confessional floreale, dai metronomi, da inversioni & interiezioni, dalla modularità ikea delle metafore, dal romanticismo, dal kitsch, qualche volta perfino dal moralismo, e — grosso modo sempre — dalla più candida assoluta schiacciante mancanza di ironia (figuriamoci autoironia).

In questo, in tutto questo, i giovani e giovanissimi hanno ricevuto e ricevono un fronte così severo e insieme digeribile di tavole della legge, da parte di così tante legioni di poeti di mezza o terza età, che il balzo all’indietro di tutto il contesto letterario finisce per assomigliare come una seconda goccia d’acqua al momento di passaggio tra anni Settanta e Ottanta.

Ma su questo magari scriverò più avanti.