Archivio mensile:Gennaio 2014

giulia niccolai: su “delvaux”

Grazie a Giulia Niccolai, che nell’ultimo fascicolo del «verri» (n. 53, ott. 2013, pp. 167-168) ha assai generosamente recensito Delvaux :)

La rivista è in questi giorni in distribuzione. Il titolo complessivo del fascicolo è “Scritture per immagini”.

[replica] ampia collezione di utili tag per affrontare con estremo rigore la spinosa questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno

the shape of the field / mg. 2013

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“tekno, il respiro del mostro” / andrea zambelli

L’arte contemporanea, la scrittura di ricerca, come cose che hanno già propri referenti e punti di dialogo (e punti di contatto nella percezione e nelle culture – o in alcune culture occidentali / metropolitane), sono da non pochi anni entrate in tante forme nella normalità (eccezionalità) delle percezioni e degli stimoli che ci attraversano, dei codici con cui abbiamo a che fare.

(Dal video: “è una musica non convenzionale, senza strofe e ritornelli che si ripetono come una cantilena ma fatta di tanti rumori e frasi che si ripetono e si sviluppano molto velocemente, che ti fanno perdere tutti i punti di riferimento, e questo spinge a non pensare più in modo convenzionale”).

[youtube=https://youtu.be/zvBDOyinD1s?si=4nV-fjDqtfbftZ6o]

it isn’t conventional, there aren’t stanzas and refrains in continuous repetition. on the contrary, a load of noises and sentences in repetition and very quick development that make you lose all your benchmarks. you are forced to stop thinking in a conventional way

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5 febbraio, milano: “delvaux” alla libreria popolare

Milano, mercoledì 5 febbraio 2013, alle ore 21:00
presso la Libreria Popolare
[ via Tadino 18 ]

presentazione della raccolta di poesie

copertinaDELVAUX_

DELVAUX 

di
Marco Giovenale

(Oèdipus, 2013)

Interventi critici di

Paolo Giovannetti
Stefano Ghidinelli

Sarà presente l’autore

https://www.facebook.com/events/265730410259010/

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Preview da Delvaux:
http://slowforward.files.wordpress.com/2013/06/quattro-poesie-da-delvaux_-_n-i-2013_.pdf

Lettura a RadioTre Suite (20 giugno 2013):
http://slowforward.wordpress.com/2013/06/21/il-podcast-della-lettura-di-delvaux-a-radio3-suite/

§
Libreria popolare
via Tadino 18 – 20124 Milano
tel. 02-29513268 – email: info@libreriapopolare.it
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da un post su slowforward/splinder del 2004 [derrida, adorno, giacomelli, rosselli]

domenica, 17 ottobre 2004   [link]

Shelter

In occasione della lettura di venerdì scorso, 15 ottobre, coordinata da Aldo Mastropasqua al Macro (Museo di Arte Contemporanea di Roma) in cui eravamo ospiti M.Lefèvr,e V.Ostuni e io, ho letto una serie di poesie ancora inedite dedicate al luogo-parola «Shelter», riparo, rifugio, protezione e segregazione insieme.
Si può pensare alla ricerca fotografica di Giacomelli, ma sicuramente non soltanto a quella centrata sulle stanze dell’ospizio.
Numerose immagini di Giacomelli iterano, non meno ossessivamente del contrasto nettissimo fra i bianchi puri e i neri puri, un’attenzione maniacale alle grinze, alle rughe e fenditure e ondulazioni. Del terreno, delle lenzuola, delle vie, dei margini delle cose.
I vecchi, i coltivi, le arature, lo stesso ‘mosso’ (l’oscillare della macchina). Poi: l’una cosa fa (necessaria) l’altra. Il contrasto necessita delle ondulazioni, e viceversa. Si descrivono così, a vicenda impiegandosi/piegandosi come codice.
In gioco, nelle poesie di Shelter, è o vorrebbe essere tutto quello che dà ospitalità allo sguardo e lo minaccia. Nelle fotografie di G. è evidente che l’alternarsi di neri e bianchi marca aree assolutamente definite, e tuttavia dà – così – parola a quello che perde definizione e confini, a quello che si sbriciola in raschiamento, appunto in pieghe e piaghe. Quanto sparisce e si dissipa, ed è irregolare: frastagliato con metà inquadratura già fuori vita. Come l’identità ma come tutto.

Derrida cita questo passo da Minima moralia: «In una sera di tristezza incommensurabile, mi sono sorpreso ad adoperare il congiuntivo goffamente erroneo di un verbo che non è nemmeno propriamente altotedesco, una forma che appartiene al dialetto della mia città natale. Non mi era più accaduto di udire, e tanto meno di usare, quel solecismo familiare fin dal tempo dei primi anni di scuola. La malinconia, che mi trascinava irresistibilmente nell’abisso dell’infanzia, risvegliò quell’antica risonanza che attendeva, impotente, sul suo fondo. La lingua mi rimandava, come un’eco, l’umiliazione che mi ha inflitto la malasorte, dimenticandosi completamente di quello che sono» – e sùbito aggiunge (qui la voce di D.): «Sogno, idioma poetico, malinconia, abisso dell’infanzia, Abgrund der Kindheit che non è altro […] che la profondità di un fondo (Grund) musicale, la risonanza segreta della voce o di vocaboli che attendono in noi, come al fondo del primo nome proprio di Adorno, ma senza potere […]. Ohnmächtig, insisto su questo: senza potere, vulnerabili. […] Adorno […] cerca in modo quasi sistematico di sottrarre tutte queste debolezze, queste vulnerabilità, queste vittime senza difesa alla violenza o alla crudeltà dell’interpretazione tradizionale, cioè all’accaparramento filosofico, metafisico, idealista, e anche dialettico e capitalistico. / L’esposizione di questo essere-senza-difesa, di questa privazione di potere, di questa vulnerabile Ohnmächtigkeit può essere tanto il sogno, la lingua, l’inconscio, quanto l’animale, il bambino, l’ebreo, lo straniero, la donna». (Jacques Derrida, Il sogno di Benjamin, Bompiani, Milano 2003, pp.25-26).

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Ma il mio pianto, o piuttosto una stanchezza
che non può riportarsi nel rifugio

[ Amelia Rosselli, Serie ospedaliera ]

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