per leggere il libro, o scaricarlo, cliccare sulla copertina:
(grazie a Cambiaunavirgola e Claudia Damiani
per il consenso alla pubblicazione su slowforward)
pdf dell’incontro:
https://slowforward.files.wordpress.com/2020/11/celan_locandina.pdf
quattro traduzioni da Celan:
https://slowforward.files.wordpress.com/2020/11/quattro-traduzioni-da-celan.pdf
aggiornamento importante per IL PUBBLICO:
il link di accesso all’incontro è cambiato ed è https://capa.zoom.us/j/97467527947
con ID riunione: 974 6752 7947
pdf dell’incontro:
https://slowforward.files.wordpress.com/2020/11/celan_locandina.pdf
quattro traduzioni da Celan:
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con ID riunione: 974 6752 7947
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With fresh insight and contemporary relevance, Radium of the Word argues that a study of the form of language yields meanings otherwise inaccessible through ordinary reading strategies. Attending to the forms of words rather than to their denotations, Craig Dworkin traces hidden networks across the surface of texts, examining how typography, and even individual letters and marks of punctuation, can reveal patterns that are significant without being symbolic—fully meaningful without communicating any preordained message.
Radium of the Word takes its title from Mina Loy’s poem for Gertrude Stein, which hails her as the Madame “Curie / of the laboratory / of vocabulary.” In this spirit, Dworkin considers prose as a dynamic literary form, characterized by experimentation. Dworkin draws on examples from writers as diverse as Lyn Hejinian, William Faulkner, and Joseph Roth. He takes up the status of the proper name in Modernism, with examples from Stein, Loy, and Guillaume Apollinaire, and he offers in-depth analyses of individual authors from the counter-canon of the avant-garde, including P. Inman, Russell Atkins, N. H. Pritchard, and Andy Warhol. The result is an inspiring intervention in contemporary poetics.
https://press.uchicago.edu/ucp/books/book/chicago/R/bo68659686.html
regia di Walter Fasano. Italia, 2020, 60′, sott. it.
Una riflessione sull’artista Pino Pascali, scomparso nel 1968 e al quale oggi è dedicato un museo nella sua terra d’origine in Puglia.
a#TFF38 – Torino Film Festival
L’acquisto del biglietto è già disponibile, la visione sarà consentita a partire dalle h. 14:00 di domenica 22 novembre. Tutte le informazioni sull’acquisto e le modalità di visione sono su: https://www.mymovies.it/ondemand/38tff/movie/tff-pino/
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con ID riunione: 974 6752 7947

(https://www.altroquando.com/, dal 4 novembre 2020)
LUM presenta:
Ne discutono con l’autore:
Marco Mazzeo, Francesca Piazza, Francesco Raparelli
***
Il verbo avere risiede al cuore del nostro linguaggio. Diciamo continuamente che gli esseri umani hanno pensieri, desideri, dolori, esperienze, beni, paure. Ma che cosa intendiamo? Quali implicazioni nascondono queste frasi così familiari? Ce lo spiega Paolo Virno, che partendo dal verbo avere ci guida in un viaggio denso e suggestivo all’interno della natura del linguaggio, chiave privilegiata per comprendere poi quella dell’uomo. Muovendo da una verità fondamentale: chi possiede qualcosa non è mai un tutt’uno con la cosa posseduta. Se anzi possiamo avere qualcosa, è proprio perché non siamo quella cosa. L’animale umano non coincide mai del tutto con l’insieme di facoltà, disposizioni ed esperienze che possiede, e che lo distinguono dagli altri viventi. Questa «scissione» ci consente di riflettere su noi stessi, su ciò che pensiamo e facciamo, e di avere quindi una coscienza. Ma anche di essere liberi: non essendo un tutt’uno con la nostra vita, né con nessuna delle nostre capacità, possiamo decidere che cosa farne. Abbandonare ciò in cui non ci riconosciamo più, e desiderare ciò che non abbiamo ancora – un amico intimo, un lavoro più gratificante, una comunità di cui sentirci parte. Proprio perché l’uomo partecipa di molte cose (pensieri, progetti, relazioni) senza coincidere con nessuna di queste, il verbo avere è il termine che incarna perfettamente la sua natura relazionale, sempre in comunicazione con l’altro da sé. E Virno è maestro nel raccontare le tante voci di questo dialogo.
Documentario televisivo ideato dai critici Giuseppe Bartolucci e Nico Garrone con la regia di Maria Bosio, prodotto da Angelo Guglielmi nel 1980. Il documentario è stato trasmesso sulle reti Rai nell’81, diviso in tre puntate: «I protagonisti delle Cantine», «I Comici ed Altri protagonisti» e «Teatro in Periferia e Festival dei Poeti».