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due aree distinte (parallele): scritture lineari in prosa (in prosa) e asemic writing (=disegno, non scrittura leggibile)

dalla pagina facebook di Peter Genito, che ringrazio:

Marco Giovenale e le scritture di ricerca. Tra asemic writing e prosa in prosa.

prima parte (di 5) dell’intervista del 19 maggio scorso, inspiegabilmente bloccata e recuperara da Youtube.
Marco Giovenale vive a Roma. Tiene corsi di letteratura. È tra i fondatori di gammm.org (2006). Ha pubblicato poesie e prose. Il suo sito, slowforward.net, è nato nel 2003 e si occupa di ricerca letteraria e verbovisiva.

Indagheremo, nel fugace tempo di una diretta: le scritture di ricerca, la prosa in prosa, i materiali installativi, sul versante della letteratura; e l’asemic writing sul versante artistico / visivo.

https://www.facebook.com/1071977676/videos/1042835123276420/

 

editori di poesia, postpoesia? chi? dove? (una nota disordinata)

Il panorama degli editori che si occupano di quelle scritture idiomatiche/singolari che intendono registrare in maniera imprevista e particolare il passaggio del senso; ossia il panorama degli editori di poesia (o postpoesia) è ormai da tempo in mutazione assai profonda.

Garzanti ha quasi abbandonato il campo, parrebbe, o per anni è stata semi-muta; mentre va detto che sono solo motivi di distribuzione a continuare a far applicare un qualche residuo motivo di interesse alle altre major. (Esclusa però Mondadori, i cui libri dello Specchio di poesia scompaiono dagli scaffali con una rapidità impressionante. Dimostrando così che nemmeno come servizio di distribuzione Mondadori si conserva interessante).

Se cerco materiali di postpoesia è evidente che devo rivolgermi oggi a Tic, a Benway series, a IkonaLíber, a [dia•foria (pensiamo anche soltanto al lavoro fatto recentemente da Daniele Poletti con Adriano Spatola). Mentre se voglio leggere alcuni autori come Villa, Costa, Vallejo, Ortesta, li trovo presso ArgoLibri. Per non parlare del catalogo delle Edizioni del verri. O di quello di Campanotto (che, per dire, ha pubblicato Martino Oberto, Giovanni Fontana e molti altri), di Arcipelago Itaca, di Miraggi.

Se voglio leggere poesie di Hoffmansthal o di Lutz Seiler posso farlo nella traduzione di Paola Del Zoppo, e quindi devo cercare nel catalogo Del Vecchio.

Alcuni autori di valore, nel contesto di una scrittura non di ricerca ma tutt’altro che appiattita sui dettami del mainstream, escono ormai da tempo nella collana Rosada dell’editore Kurumuny (che non a caso pubblica anche saggi su Bene).

Altri autori (Raos, Menicocci, per dire) escono e usciranno nella collana Fuorimenù dell’editore Blonk. Molti nella collana ‘i domani’, di Aragno. Molti sono quelli che il valoroso (e compianto) Francesco Forte ha ospitato nella sua Oèdipus.

Per non parlare del catalogo (ormai purtroppo del tutto inaccessibile) delle Edizioni d’If, di Nietta Caridei. O delle opere uscite per NEM. O della collana ‘fuoriformato’ che Andrea Cortellessa ha diretto prima per Le Lettere e poi per L’Orma.

Eccetera. Il discorso potrebbe continuare e includere editori e collane – passate e presenti – a manciate, a dozzine. I luoghi del tracciamento del senso escono ormai del tutto (e del tutto felicemente) dal perimetro degli editori convenzionalmente presenti nei reparti di “poesia” delle librerie generaliste.

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frammento: enrico ghezzi su alberto grifi / video: “da alberto grifi a blob”, di maraboshi

daccapo, e per l’ennesima volta (come per CB), una affinità: quello che enrico ghezzi dice su Alberto Grifi e il suo cinema è quello che si potrebbe dire su un certo tipo di scrittura di ricerca – qui in rapporto con un versante politico (e, così, con l’evitamento di una sua assertività).

operare come un occhio fuori dal vedere tecnico della cinepresa, della telecamera, della bellezza supposta dell’immagine

il video intero di Maraboshi (Cesare Maccioni) è qui:

altro, molto altro, su http://www.albertogrifi.com/
e in particolare il video di Maraboshi è qui:
http://www.albertogrifi.com/122?current_page_1820=4

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righe volutamente quasi magre su “il cotone”, scritte aspettando un collegamento radio

MG

  • per Il cotone non parlerei di poesia o di verso in senso proprio, semmai – potendo – di prosiverso. nel senso preciso dell’ossimoro che così si crea: prorsus+versus. una faccenda che è destinata ad arrivare alla fine dello spazio definito, e però – se vuole – scende a patti con la frattura: anzi semplicemente scende. stop. scala di uno.
  • quindi ovviamente nessun rapporto con il prosimetro (sono qui del tutto disinteressato a ritmi e metri), tantomeno con prosa poetica, o poesia in prosa. niente del genere. (e: di quel genere) (letterario).
  • per un esempio di nichilismo: p. 28.
  • ironia e gioco un po’ dovunque, giocoforza. per dire, a p. 24 dove si itera “opportuna” / “opportuni”, e dove si parla delle “mille traversie della vita”. se uno leggendo non ride o sorride, ha un problema. e non è un problema mio.
  • Il cotone è un testo pochissimo o per niente performativo o performabile. non dico con questo che sia installativo. deve pur venir letto, e linearmente. quindi non è una stele, una lista, un “heap of language” (Robert Smithson). però è una sequenza per gli occhi più che per la voce. anche alcune tabulazioni, fratture, ordinamenti grafici, lo suggeriscono. ma un po’ tutto il libro.
  • molti materiali testuali non hanno necessariamente a che fare con il significato. possono essere soltanto cellule, rade, in uno spazio ampio.
  • diverse frasi (a volte, anche, et pour cause: frasi fatte) sono interrotte, non si concludono. il troncamento di solito non si verifica solo per punire il già noto (sappiamo tutti come completare certi ritornelli) ma anche semplicemente per insofferenza verso l’andamento frasale in sé (qualsiasi cosa si stia dicendo).
  • allo stesso tempo (e magari proprio per quanto ho appena chiarito) è un librino dove si verifica una specie di colloquio. allora il buon numero di troncamenti può alludere a una mimesi del parlato? se si vuole. se il lettore vuole. bontà sua, se bontà è. (un esempio è chiaramente quello di p. 22).
  • il cotone che svolazza in nuvole aleatorie e la flocculazione di biologia e biografia non solo hanno a che fare con un nulla di fatto delle vicende (biologiche, appunto, e biografiche), ma si afferrano a quelle poche memorie cinematografiche che, per eccesso di assertività, santa pazienza, ci si sono piantate in testa con l’arpione dell’allegoria:

 

“walden” aka “diaries, notes and sketches” / jonas mekas. 1969

16mm, colour – filmed 1964 to 1968

Poet Jonas Mekas, born in Lithuania in 1922, invented the diary form of film-making. ‘Walden’, his first completed diary film, is an epic portrait of the New York avant-garde art scene of the 60s, is also a groundbreaking work of personal cinema.

The film features figures of the scene such as Jonas Mekas, P. Adams Sitney, Tony Conrad, Stan Brakhage, Carl Th. Dreyer, Timothy Leary, Baba Ram Dass, Gregory Markopoulos, Allen Ginsberg, Andy Warhol, Jerome Hill, Barbet Schroeder, Jack Smith, Edie Sedgwick, Nico, Velvet Underground, Ken Jacobs, Hans Richter, Standish D. Lawder, Adolfas Mekas, Shirley Clarke, Jud Yalkut, Peter Kubelka, Michael Snow and Richard Foreman.

“Since 1950 I have been keeping a film diary. I have been walking around with my Bolex and reacting to the immediate reality: situations, friends, New York, seasons of the year. On some days I shoot ten frames, on others ten seconds, still on others ten minutes. Or I shoot nothing…. Walden contains material from the years 1964-1968 strung together in chronological order.” – Jonas Mekas

From: youtu.be/I5VghhMsIic

“asemic” in the cambridge dictionary — 30 mar 2021 / differx. 2021

This image actually means good news.

Usually the adjective “asemic” (=signless) was linked by some dictionaries to “asemia” as a pathologic failure consisting in an inability to comprehend or express words, gestures or sounds. It was not related to the idea of ‘asemic writing’.

So, …after twenty years of asemic writing movement, this ‘Cambridge turn of events’ looks like a great achievement.

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When the first (self-aware) asemic writing mags, sites, books and series started their journey, more than 20 years ago, the actual meaning of “a-semia” ( = a radical “absence of sign”, not an absence of semantic meaning) risked to put aside the very idea which grounded the practice of asemic writing.

On the contrary, now it seems that the use of the word “asemic” is better perceived as referred to an artistic practice, not a pathology. (according to Cambridge, at least).

sassi-link (notilla)

veramente alcuni tweet e post, alcuni jpg congegnati non come meme, sono la versione più recente dei “sassi nel Tevere” di Emilio Villa. in questo senso forse linkarli non dovrebbe essere la prassi. al contrario. andranno smarriti. dovranno finire invisibili.

“villa pamphili”, una cartolina, oggi, su antinomie

la carte postale –
su “Antinomie” oggi, una cartolina antropologica di differx.
sull’aisthesis e il movimento plurale dei frammenti:

https://antinomie.it/index.php/2021/08/16/villa-pamphili/

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