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https://www.facebook.com/letteraturacomplessita/videos/741811720166223
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Avvicinare gli/le studenti al panorama delle scritture poetiche recenti: all’Università degli studi di Roma Tor Vergata – Macroarea di Lettere e Filosofia prende avvio “Per limina”, rassegna di poesia contemporanea.
In dialogo con Giulia Cittarelli e Annalisa Pagliuso:
– Carlo Bellinvia
Venerdì 29 aprile, ore 17, aula T29, edificio A
– Gherardo Bortolotti
Lunedì 9 maggio, ore 11, aula dipartimentale, 1° piano, edificio B
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Roma, giovedì 28 aprile 2022, alle ore 18:00
presso lo Studio Campo Boario
(viale del Campo Boario 4a)
nel contesto della rassegna Libridine
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
di
Fiammetta Cirilli
[dia•foria, 2022
Intervengono
Cecilia Bello Minciacchi e Daniele Poletti
sarà presente l’autrice
§
Sono testi disturbanti, quelli di Disordini, anche per il vuoto (i vuoti) che fanno affiorare. A indurre un primo sentimento d’inquietudine, in chi legge o ascolta, è la parte che manca, la sospensione, ciò che è inghiottito, reso invisibile. Anche quando è subdola, la lacuna finisce per spiccare, in questa scrittura a tutta luce. L’omissione pesa al pari di ciò che è detto, dei gesti netti, della tanta materia inerte e fisiologica addensata e per analogia specchiata l’una l’altra, in testi dalla campitura contenuta, rappresa. Sono coaguli in cui sguardo e scrittura concentrano la loro precisione, e insieme lastre di piccolo formato, misura di fotogrammi isolati e sgomenti al centro di un bianco-zero, di un nitore-vuoto.
Cecilia Bello Minciacchi
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Fiammetta Cirilli vive e lavora a Roma. Ha pubblicato vari articoli su autrici e autori del Novecento letterario italiano contemporaneo, e la monografia Dolores Prato, il libro ‘impossibile’. «Giù la piazza non c’è nessuno» attraverso le carte dell’Archivio Bonsanti (Pacini, 2019). Oltre ad alcune prose e narrazioni brevi apparse su riviste e in volume («Sud», «il verri», «Nuova Prosa», «l’immaginazione», Ex.it 2013), è autrice di L’incanto della specie. Tre contributi sul grottesco contemporaneo (La camera verde, 2012) e della raccolta di racconti Il sapore delle formiche (Oèdipus, 2014). Nel 2019 ha vinto il Premio Elio Pagliarani, sezione inediti, con la raccolta [assemblatz] (Zona, 2020).
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scheda del libro + un frammento testuale:
https://slowforward.files.wordpress.com/2022/04/disordini_-scheda_v.pdf
evento facebook:
https://www.facebook.com/events/1642593842767298
dreamBOOK / [dia•foria:
http://www.diaforia.org/diaforiablog/info/
per informazioni e richieste:
info@diaforia.org
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http://slowforward.net/2018/04/15/la-poesie-de-france-christophe-tarkos/
di quale serissima menomazione neurologica soffre chi non vede o si rifiuta di vedere alcun legame fra Tarkos (o Quintane, o Suchère ecc.) e Corrado Costa e Carlo Bordini? e di quale tabe patisce il pondo chi fin l’ipotesi vaga di tale relazione taccerebbe d’atra “avanguardia”.
Tutta la poesia e le scritture di secondo Novecento e attuali hanno anzi avrebbero o avrebbero avuto (troppo tardi ormai) da imparare da queste righe:
La cosa gravissima e per me impensabile è che l’attorume moderno e post-moderno non solo vi perseveri ma non degni di uno sguardo il Corso di linguistica generale di Saussure. Chiaramente, certe considerazioni sono vocazioni. Ma, in assenza di questo, almeno uno sguardo per decenza… controllare qualcosina in Freud e in Lacan soprattutto. “Il discorso non appartiene mai all’essere parlante”. Sono i “fondamentali”.
Quelli invece vanno lassù e parlano, convinti che il discorso appartenga loro, addirittura ne fanno un prodigio mnemonico, da mentecatti, neurodeliri, croce verde. Nessuna delle loro cementate teste è stata mai ventilata dal dubbio atroce: altrimenti si sarebbero dimessi comunque. Dimettersi come Io parlante. La voce non è il dire, è l’ascolto. C’è un dir la voce, la voce non dice mai qualcosa. La simulazione: niente a che fare con la perversità della contraffazione. Si schiaffeggiano, urlano, si insultano, becerano. Mera pigrizia. Menzogna degradata.
Carmelo Bene, Giancarlo Dotto, Vita di Carmelo Bene (Bompiani, 1998)
[cfr., anche, qui]
Vengo frequentemente chiamato a osservare, e nella prospettiva degli autori apprezzare, testi in sostanza fondati sulla ossessiva rapinosissima deformazione linguistica, grammaticale, sintattica. Sono pastiche incommestibili anche perché prolissi. Labirintoidi magari interessanti, ma sui cui valori non mi è difficile veder spiccare piuttosto qualcosa come un applausometro tarato su Finnegans.
Ogni volta mi verrebbe da dire (ed è prescritto io debba dire) al bravo autore: bravo. Mejo de Joyce. Così gratificandolo, immagino.
(Puer o, più spesso, senex, l’autore mi suggerisce il battimani perché mal conoscendomi evidentemente vuole, con piglio un bel po’ pedagogico, che risponda al suo testo come dovendone io cartografare e condividere la sensatezza con entusiasmo 1:1).
Vedo/sento la sua faccetta ridere il suo “eh?”, e spuntare come un prezzo dietro il ribobolo del broccolo verbale.
Annoterò allora in sommessa voce che no, preferirei di no. Esiste un’assertività anche nella ricerca letteraria, e a volte si riesce a volte meno a metterla a valore. Magari è un disvalore, va studiata, la faccenda. Non ho timbri prestampati, anzi non mi occupo di burocrazia.
E detesto i broccoli; la ramanzina “ma fanno bene” (che bravi che sono) non mi tocca. Invoco misericordia: e, oltre me, non stressate e non strassate il vostro Word, anche se non si lamenta, lui.
da un intervento del 4 mag. 2021, https://mgiovenale.medium.com/linguaggio-e-broccoli-lassertivit%C3%A0-nella-ricerca-1c0f146b5a90