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traslochi sulla soglia / andrea tomasini. 2020

Per cambiare casa non è necessario andare ad abitare altrove. La si può cambiare – modificare rispetto a come è ora- rimanendoci, purché la si ripensi.

Ad esempio, con sensibilità affilata dalla fantasia, si può immaginare il luogo dove adesso sorge senza l’edificio che ora lo occupa e percorrere con la mente le fasi costruttive della casa dove si alloggia, ponendo ascolto ai rumori dei lavori eseguiti e alle voci di chi l’ha lavorata. Pensare a chi l’ha costruita e a chi vi ha vissuto prima di noi è già cambiarla, perché così la si osserva con occhi nuovi: si viaggia da prima a dopo, da un tempo all’altro, di stanza in stanza, semplicemente per il fatto di dimorarvi, standoci differentemente.

Casa cambia sempre, semplicemente vivendoci – arricchendola di proprie tracce da aggiungere alle tracce di chi ci ha preceduto, cioè abitandola. Abitare, abitudine, habitus: così la si cambia d’abito e ci si vive secondando ciascuno le stagioni della propria vita.

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mi basta poco / andrea tomasini. 2020

Senza obbligo di lettura…

Mi basta poco. Credo sia un momento brutto, o almeno opaco. Di grande disorientamento e intossicazione. Si, perché mi basta poco e mi va subito alla testa. Il pericolo di naufragare è concreto, subito chiaro e concreto. “Itaque pernicies postquam manifesta convaluit…”

Con maggior appropriatezza: non è che mi basti poco, nel senso che mi appaga. Anzi, tutt’altro: è che con poco me ne vado via, senza né approdi né ancoraggi, senza che riesca a portare a termine ciò che devo, o giungere dove dovrei, e resto insoddisfatto. Mi bastano poche righe e con quelle, senza che riesca a finire la pagina  io già sono lontano, partito verso altrove. Una frase, un’espressione, una metafora, una singola parola e in un attimo mi perdo appresso alla vertigine che mi causa. Non mi reggo in piedi e cado in quelle poche righe… No, magari inciampassi e cadessi. Potrei in qualche modo restarci, fermo a considerarle e, rialzandomi riprendere il percorso, da sinistra verso destra, dall’alto verso il basso e pollice, con indice e pollice sfogliare il libro piegare la pagina successiva – magari come ho visto fare a Damiano che, quando legge, per “spiegare” bene la pagina insiste sul dorso del libro forzandone in senso inverso la piegatura, ponendolo di traverso gli infligge lo stress necessario perché i versi siano ben leggibili e i fogli bene aperti, avendo stampata sul viso un’espressione golosa per ciò che sta in procinto di assaporare…

No, non inciampo, non cado. Precipito. Mi sembra come mi trovassi a seguire Bianconiglio, lui incurante di me e dell’effetto che mi causa– ma non sono propriamente un bimbo, anzi al contrario vivo nell’età in cui sarebbe opportuno indossassi un panciotto con catena e orologio e dovrei esser ossessivamente capace di dire (e di accorgermi che) “È tardi, è tardi”. Invece, meravigliato di poco, però di tanto mi allontano dal tempo e dal luogo che sulla pagina a quel rigo segna la fermata della lettura e nello stesso momento la stazione di partenza. Il tutto inizia restando qui, nel giardino di casa… Continua a leggere