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utilities da cb ad uso degli scrittori (non assertivi)
nelle scritture di ricerca contemporanee, non assertive, sono non pochi i fili del tessuto (annodato/sciolto) che viene da CB. (o che a quello trovo personalmente sia necessario vengano connessi).
l’idea di una scrittura di scena (in teatro) e la sua netta affinità con il materiale grezzo delle scritture installative (in letteratura): materiale d’uso, oggetti indifferenti, buoni per organizzare lo spazio.
la distinzione radicale (già lacaniana) tra Moi e Je, con il verbigerare del soggetto dell’inconscio in primo piano. (che poi è sempre un piano inclinato, sbagliato, de-pensato per farlo finire fuori scena).
l’errore, lo scivolamento, il mancare del testo-gesto azione a favore del continuo sgretolarsi dell’atto. (a-temporalmente: aion che smentisce sé e scavalca chronos).
l’ironia, e il ridere di sé. e finalmente la caduta della malsana abitudine di dare appuntamento al lettore là dove il lettore già è.
la buona prassi di procedere frontalmente “contro la riproduzione” (come scriveva Corrado Costa nella Sadisfazione letteraria, 1976). altro modus operandi del contrasto alla “rappresentazione”.
l’articolare il linguaggio come un inconscio. (con l’aggiunta, direi, di un elemento nodale: spostare l’inconscio fuori dal corpo-storia dello scrivente. anche google è meglio del miglior scrittore).
la (deleuziana) intenzione anzi prassi di parlare la propria lingua dall’interno di un contesto ma come una lingua minore.
agire – che è straparlare – da minori (Kleist, forse, non Goethe) e intempestivi, senza cognizione di storia.
lo spostamento del bersaglio fuori dal logos, per poi mancare anche lo spostamento stesso.
(in arte, poi/insieme, il glitch ossia l’errore; e l’asemic writing, ossia l’illeggibile).
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cb: traduzione inglese di “sono apparso alla madonna” (articolo di gianluca pulsoni)
da una serie di foto degli anni sessanta: cb
[r] _ poesia e ‘oggetto estetico’
Forse non lo riscriverei così, o non parola per parola, ma insomma rivedendo questo articolo del 2005 trovo che ha forse qualche numero per risultare ancora utile. Era uscito su “YIP” nel 2003 e poi in Italianistica On Line (26 maggio 2005): http://www.italianisticaonline.it/2005/poesia-e-oggetto-estetico/
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Quando nel testo poetico entrano, a fare struttura, inaggirabili, flussi di cifre, cartine, calchi paleografici, oggetti, video, voci, e ancora differenti elementi “estranei”; e se questo accade nell’arco non di pochi anni, ma per decenni ricodificandosi – regola o eccezione – in autori distantissimi tra loro; allora metro e ritmo, come sintassi e spezzatura, possono e forse devono sentirsi chiamati a un lavoro di ridefinizione e discussione, e di confronto anche mediato – ma inevitabile – con le arti. Questo lavoro, per il secondo Novecento, non è forse neppure agli inizi.
Se la pagina 11 del Conte di Kevenhüller è la riproduzione anastatica di un avviso settecentesco; se le opere di Zanzotto sono costellate di disegni, frecce, abrasioni; se quasi l’intero lavoro di Emilio Villa è uno stemma di sconfinamenti e sovrascritture reciproche fra le arti; se – oggi – un “riporto” epigrafico conclude il poemetto Spostamento, di Giovanna Frene; (per tacere – ma perché tacere? – di decenni di poesia concreta, o delle esperienze di riviste come «Testuale» e «Anterem»); può essere ancora pensata – e come? – una diversa mappa della metrica del secolo ormai concluso? E poi: della sola metrica?
In verità molti parametri sono inadatti a toccare e descrivere cento anni di letteratura segnati già dal principio dai gesti di Tzara, o dalla voracità inclusiva e anarchica dei Cantos. Le opere-mondo sono così, funzionano così. Continua a leggere
piergiorgio giacchè su carmelo bene
intervento di Piergiorgio Giacchè:
(n.b.: straordinario sempre, P.G., ma in particolare direi che da 6′ 16” a 11′ 03” quasi ogni parola, ogni frase, ogni riferimento potrebbe essere valido direttamente per la scrittura, oltre che per il teatro. notevole soprattutto la distinzione tra attore e regista. quindi tra atto e costruzione, aggiungerei.
ogni autore e testo “di costruzione” resta inevitabilmente al di qua della rivoluzione copernicana).
incomprensibile a chi? (cb in un’intervista)
cb sul non luogo e il non modo
https://youtu.be/MT9-SZLEsXA
il tealtro. carmelo bene (1968) e la critica dalle 22 alle 24. (a mio avviso non parla solo del teatro)
è decisamente impressionante quanto (sempre) le affermazioni di CB, pressoché tutte, siano applicabili alla perfezione sia al teatro che alla scrittura. al teatro e all’altro (che è in forma oscillante sempre lo “stesso”). (il tealtro).
(che poi è nome non nuovo, adottato da almeno una compagnia e da un gruppo teatrale, we know). (ma non mi riferisco evidentemente a loro).
un’intervista su “quasi tutti”: da oggi nel sito di nazione indiana
Oggi su Nazione indiana un’intervista sul libro Quasi tutti, uscito per Miraggi Edizioni.
Si nominano o sottintendono tra l’altro: scritture di ricerca, romanzo e antiromanzo, googlism, cut-up, eavesdropping da bar o libreria, Händel, Joyce, San Paolo, poesia, post-poesia, Lacan, Carmelo Bene, spostamento dell’inconscio, Franco Moretti, America del sud, assertività, non-assertività, compassi, Copernico contro Tolomeo (ovviamente vince Tolomeo, purtroppo), flarf, scrittura di genere, antimateria, differx.it, materiali da film, John Swan e lo Speculum mundi (qui in immagine), e Oggettistica.
nazioneindiana.com/2020/08/24/intervista-a-marco-giovenale-su-quasi-tutti/
Grazie alla redazione di N.I. e ad Andrea Inglese per l’ospitalità.
E ovviamente grazie a Gianluca Garrapa per le domande.
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N.b.: nell’impaginazione sul sito, i corsivi sembrano concludere le mie risposte: in realtà introducono le domande. Sono lo spunto da cui Garrapa parte per i suoi interrogativi.
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