Meno di 4 minuti di notille sulla devozione alla maiuscola, ora in Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto.
Meno di 4 minuti di notille sulla devozione alla maiuscola, ora in Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto.
riproduco qui di séguito – rielaborati – due commenti fb a un post di Ranieri Teti che mi ha dato occasione di precisare ancora una volta – attraverso le parole di Jean-Marie Gleize – qualcosa sulla differenza tra neopoesia (in linea con le sperimentazioni degli anni Sessanta e decenni successivi) e postpoesia (superamento della o meglio indifferenza alla questione dei generi letterari, littéralité ecc.):
possiamo tracciare una linea diretta tra le sperimentazioni linguisticamente complesse degli anni Sessanta e Settanta e la contemporaneità più stretta.
i nomi sono quelli che conosciamo: Cacciatore, Villa, in parte Vicinelli, sicuramente Lora Totino, Diacono, Toti, Fontana, le prime opere di Bàino, di Cepollaro, … ecc. (ma anche il primo Sanguineti, certo).
tutto ciò è razionale, positivo e verificabile.
allo stesso tempo, però, sottolineo (non per la prima volta) che è altrettanto razionale, positivo e verificabile che si tratta di quel tipo di testualità che Jean-Marie Gleize da qualche lustro definisce neopoesia; mentre sia in Francia che in Italia, a far tempo dagli anni Novanta, e in Italia soprattutto con Costa e il forse inconsapevole Bordini, fino all’esempio di Prosa in prosa nel 2009 e oltre, si è dispiegata una messe di materiali di incredibile quantità e direi anche qualità, rubricabile come postpoesia, interessata soprattutto alla letteralità, littéralité, alla platitude, alla nudità integrale del testo.
le parentele tra neopoesia e postpoesia possono essere di prossimità ma non sempre di sintonia.
a unirle (o meglio: a non disunirle troppo) c’è forse una istanza di “non assertività”, nell’accezione da me spiegata svariate volte.
istanza, poi, energicamente oppositiva rispetto alla onniestesa scrittura o meglio poesia assertiva, mainstream.
ma che possa essere in qualche modo pacifico e aproblematico che postpoesia e neopoesia si trovino sempre e comunque sullo stesso versante dell’ambiente letterario, a me sembra come minimo dubitabile. (o comunque da verificare: caso per caso).
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un’invasione di poesia assertiva terrorizza la Cassia
>> https://www.iltempo.it/roma-capitale/2022/05/15/news/cinghiali-trenta-esemplari-video-cassia-via-azzarita-e-via-mastrigli-residenti-barricati-peste-suina-31604636/ <<
lunedì 16 maggio è attesa l’ordinanza della Regione Lazio per autorizzare l’abbattimento selettivo degli esemplari a rischio.
Coraggio, o critici, appena tre esempi fra tanti altri Franti infanti:
https://www.oscarmondadori.it/libri/i-nomi-e-le-voci-roberto-mussapi/
https://www.oscarmondadori.it/libri/non-finiro-di-scrivere-sul-mare-giuseppe-conte/
https://www.oscarmondadori.it/libri/apocalisse-amore-davide-rondoni/
La critica non è una cretinata. Volete iniziare o no a spiegare ai lettori che inevitabilmente tra una manciata di anni si ragionerà dello Specchio e di costoro e di tanti altri nei termini in cui si parlava e parla di Romano Battaglia, Vespa, Moccia e Coelho?
Coraggiho, ce la potete Farhe.
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[dal post, leggermente diverso, uscito il
1 aprile 2021 su mgiovenale.medium.com]
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