https://www.youtube.com/channel/UCAV3XX2e8Hzg3Ejldm22LZA/videos
ISCRIVETEVI
_
cosa dice Aldo Tagliaferri nel catalogo Vuoto di memoria (Edizioni Fuoricentro, Roma 2001) a proposito delle varie opere di Villa esposte? questa la chiusa dell’introduzione al volumetto:
non v’è chi non veda le affinità tra Villa e Bene. a partire dal corretto vocabolo impiegabile per una precisa descrizione delle operazioni villiane: “atto”.
.
rivista ancora. la puntata di Mixer Cultura del 15 febbraio ’88. andrebbe tutta trascritta (qualcuno lo ha fatto?) per rendersi conto di come e quanto l’Italia comunicante e comunicata sia il posto sbagliato per.
si può sostituire qualsiasi cosa. (come del resto i figuranti convocati a misinterpretare sarebbe stato possibile e lecito sostituirli con altri, altrettanto diafani).
Raboni stravaccato & ghignettino sul suo poltro-girello, lettore e latore del Corsera, perfino peggio della miseria di Davico Bonino. Tian che parla di “pubblico” e non gli viene da ridere. La sua spalla nemmeno va nominata, parla da sé e troppo.
ma proprio sagome disperse, irritazioni elettriche dello schermo. nel nebbione.
da ascoltare ci sono Grande, Manganaro, semmai; sarebbero stati, anzi, semmai. perché la scuola della comunicativa Rai non vi trova diletto, evidentemente. quattro battute e gli levano l’inquadratura.
allora.
presteranno orecchio – dopo più di trent’anni – i poeti e i guitti almeno a CB, che qui trascrivo da 5′ 16” in avanti? (ec)come dubitarne!
Dicevo appunto… dopo circa quattro secoli di teatro di testo a monte, ecco finalmente la scrittura di scena. Una volta il testo veniva (viene tutt’ora ahimé in occidente) riferito, si impara a memoria… Cioè è un teatro del detto, del già detto, e non del dire, e non del dire che sconfessa il detto e si sconfessa anche in quanto dire; cioè: si tende delle trappole, il dire, al dire stesso. Non è mai un dire del medesimo, comunque. Quindi: la scrittura di scena è tutto quanto non è il testo a monte. È il testo sulla scena. Il testo ha la medesima importanza che può avere il parco lampade, la musica, un pezzo di legno di cantinella qualunque, un barattolo… Questo è il testo nella scrittura di scena, chiaramente affidata alla superbia dell’attore; dell’attore in quanto soggetto, non più dell’attore in quanto io, cioè in quanto immedesimazione in un ruolo. Mi pare sia molto chiaro.
imparassero i poeti (ma non imparano) e i loro critici, e gli editori, la distinzione fra soggetto e io. non so più quante volte ripetuta, qui su slowforward e altrove.
_
Brani della serata del 21 marzo 2022 a Roma dedicata a Carmelo Bene nel ventennale della morte, trasmessi da Rai Radio 3 e introdotti da Francesca Rachele Oppedisano dell’Associazione l’orecchio mancante e Luisa Viglietti. Con le voci di Tommaso Ragno, Enrico Terrinoni, Federica Fracassi, Marco Foschi, Filippo Timi, Silvia Pasello, Iaia Forte, Lino Musella, Paolo Mazzarelli.
Tutta la poesia e le scritture di secondo Novecento e attuali hanno anzi avrebbero o avrebbero avuto (troppo tardi ormai) da imparare da queste righe:
La cosa gravissima e per me impensabile è che l’attorume moderno e post-moderno non solo vi perseveri ma non degni di uno sguardo il Corso di linguistica generale di Saussure. Chiaramente, certe considerazioni sono vocazioni. Ma, in assenza di questo, almeno uno sguardo per decenza… controllare qualcosina in Freud e in Lacan soprattutto. “Il discorso non appartiene mai all’essere parlante”. Sono i “fondamentali”.
Quelli invece vanno lassù e parlano, convinti che il discorso appartenga loro, addirittura ne fanno un prodigio mnemonico, da mentecatti, neurodeliri, croce verde. Nessuna delle loro cementate teste è stata mai ventilata dal dubbio atroce: altrimenti si sarebbero dimessi comunque. Dimettersi come Io parlante. La voce non è il dire, è l’ascolto. C’è un dir la voce, la voce non dice mai qualcosa. La simulazione: niente a che fare con la perversità della contraffazione. Si schiaffeggiano, urlano, si insultano, becerano. Mera pigrizia. Menzogna degradata.
Carmelo Bene, Giancarlo Dotto, Vita di Carmelo Bene (Bompiani, 1998)
[cfr., anche, qui]
«Non parlo a chi mi rompe i coglioni con l’essere e con l’esserci. Non voglio parlare dell’ontologia. Abbasso l’ontologia, me ne strafotto. Parli con il professor Heidegger, non con me, e vada a fare in culo».
CB