Archivio mensile:Dicembre 2020
a lascaux
la piegatura della caverna è, credo, interpretabile come fiume. rigonfiamento (onda) e taglio (abisso). le bestie attraversano a guado. tengono alte le teste per non annegare, e battagliano contro la corrente.
immagine da facebook.com/720515703/posts/10164408021595704/
corrado costa spiega la (non) riproduzione, 1976
«Ah! come sono banali certi imbecilli che sono fissati nel concetto di riproduzione, tanto da considerare un crimine quanto si allontana da ciò! Ma dico, è poi dimostrato che la letteratura ha tutto questo bisogno di riproduzione, come certe persone vorrebbero farci credere? È proprio certo che la si oltraggi ogni volta che si devia da questa stupida idea di riproduzione?»
M.me de Saint-Sangue solleva l’indice della mano destra verso lo specchio e la sua immagine immediatamente solleva verso di lei l’indice della mano sinistra.
«Per rendercene conto osserviamo un istante il suo procedimento e le sue leggi. Se la letteratura non facesse che creare e non distruggesse mai, potrei credere, insieme a certi noiosi filosofi, che l’atto più sublime sarebbe quello di lavorare senza sosta alla riproduzione e gli concederei che il rifiuto di riprodurre dovrebbe essere considerato, di conseguenza, un crimine. Anche un generico esame sulle operazioni della letteratura non prova forse che le distruzioni sono necessarie, ai suoi piani, quanto le creazioni? E che tutte e due queste operazioni si collegano e si incatenano anche, così intimamente che diventa impossibile per l’una agire senza l’altra. E che nulla nascerebbe e si riprodurrebbe senza distruzione? Dunque la distruzione è una delle leggi della letteratura, come la creazione».
[…]
M.me de Saint-Ange: «La classe dominata vede tutto, ma non si vede. Per questo vuole impadronirsi del racconto. Per sapere. E non vuole più essere ingannata dalla riproduzione».
[…]
A questo punto interrompo la sig.ra de Saint-Ange dicendo:
«Non resta altro, allora, che oltraggiare la letteratura, cioè oltraggiare l’ideologia dominante della riproduzione, l’orribile riproduzione letteraria del mondo, così come crede di vederlo la classe che detiene il potere. Oltraggiare! Oltraggiare! Indicare il niente! Questo si chiama scrivere da persona saggia, in linea con i vostri principi!»
M.me de Saint-Ange: «Sì. In letteratura potete assumere tutti i rischi!… Di pericoloso in letteratura non c’è altro che la pietà e la beneficenza. Sottolineiamo, dunque, l’unico consiglio che dobbiamo aggiungere per la vostra educazione, dopo tutto quanto è stato detto. Uno scrittore non deve mai dare ascolto al proprio cuore, signore mio, perché il cuore è la guida più falsa che abbiamo ricevuto dalla letteratura. Fate molta attenzione alla richiesta di riprodurre il mondo da parte di chi è in miseria!…
È molto meglio opporre un rifiuto a chi in realtà potrebbe risultare al centro dei vostri interessi, piuttosto che rischiare di usare la scrittura, il nero liquido spermatico per la riproduzione della classe dominata».
*
[Corrado Costa, La sadisfazione letteraria, Cooperativa Scrittori, Roma 1976; Tielleci / Benway Series, Colorno 2013]
utilities da cb ad uso degli scrittori (non assertivi)
nelle scritture di ricerca contemporanee, non assertive, sono non pochi i fili del tessuto (annodato/sciolto) che viene da CB. (o che a quello trovo personalmente sia necessario vengano connessi).
l’idea di una scrittura di scena (in teatro) e la sua netta affinità con il materiale grezzo delle scritture installative (in letteratura): materiale d’uso, oggetti indifferenti, buoni per organizzare lo spazio.
la distinzione radicale (già lacaniana) tra Moi e Je, con il verbigerare del soggetto dell’inconscio in primo piano. (che poi è sempre un piano inclinato, sbagliato, de-pensato per farlo finire fuori scena).
l’errore, lo scivolamento, il mancare del testo-gesto azione a favore del continuo sgretolarsi dell’atto. (a-temporalmente: aion che smentisce sé e scavalca chronos).
l’ironia, e il ridere di sé. e finalmente la caduta della malsana abitudine di dare appuntamento al lettore là dove il lettore già è.
la buona prassi di procedere frontalmente “contro la riproduzione” (come scriveva Corrado Costa nella Sadisfazione letteraria, 1976). altro modus operandi del contrasto alla “rappresentazione”.
l’articolare il linguaggio come un inconscio. (con l’aggiunta, direi, di un elemento nodale: spostare l’inconscio fuori dal corpo-storia dello scrivente. anche google è meglio del miglior scrittore).
la (deleuziana) intenzione anzi prassi di parlare la propria lingua dall’interno di un contesto ma come una lingua minore.
agire – che è straparlare – da minori (Kleist, forse, non Goethe) e intempestivi, senza cognizione di storia.
lo spostamento del bersaglio fuori dal logos, per poi mancare anche lo spostamento stesso.
(in arte, poi/insieme, il glitch ossia l’errore; e l’asemic writing, ossia l’illeggibile).
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sembra / mirella bentivoglio. 1972-2007
Videorealizzazione di una parola ossia Parola fluida su pagina-schermo da Oggetto cinetico-luminoso (1972) a video verbale (2007).
Frammento.
(Collezione Garrera)
saluti beneauguranti / ugo pierri. santo natale 2020
poesia e narrativa devono essere sperimentali?
da un’intervista a Francesco Muzzioli, in “versodove”, n. 19, sett. 2018:
D: Ritieni che la poesia, ma anche la narrativa, debbano essere manifestamente sperimentali per poter aver ascolto critico oggi?
R: Fermiamoci un attimo sul termine “sperimentalismo”, sul quale grava un controverso dibattito: c’è chi sostiene una divaricazione tra avanguardia e sperimentalismo in favore dell’avanguardia (solo i gruppi di avanguardia sarebbero radicalmente antagonisti, mentre gli sperimentatori isolati sarebbero più moderati e rientrerebbero facilmente nel seno dell’evoluzione letteraria) e chi sostiene una netta divaricazione a favore dello sperimentalismo (solo gli sperimentatori farebbero opere valide, mentre i gruppi di avanguardia farebbero solo progetti-proclami e testi insignificanti proprio perché rigidamente dipendenti da quelli). Per me “avanguardia” e “sperimentalismo” sono sostanzialmente sinonimi, sperimentalismo non è che la definizione della testualità dell’avanguardia.
Ovviamente, il termine “sperimentalismo” va depurato da qualsiasi pretesa di scientificità: non si tratta di mero meccanismo (inserito il materiale nel procedimento si ottiene il testo), bensì di ricerca inesausta, non garantita in alcun modo. Un simile sperimentalismo consente di comprendere nell’avanguardia anche gli sperimentatori isolati, non inseriti negli organigrammi, marginali o espulsi dai raggruppamenti ufficiali, e però dotati di forte radicalismo. Cosi può accadere di considerare Lucini e Palazzeschi più avanguardisti dello stesso Marinetti, di valutare non solo Breton ma anche Artaud, di inserire nel novero dei “fari” figure come Brecht, Joyce, Beckett e altri, la cui ricerca (chiamiamola così, con un altro termine equivalente di sperimentazione) possiede caratteri “singolari” decisamente importanti.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa, vengo alla risposta. La risposta è sì. I testi sperimentali sono, a parer mio, gli unici testi letterari degni oggi di questo nome, gli unici che valga la pena di leggere e di cui occuparsi in sede critica. Sono gli unici testi che si muovono, che danno “segnali di vita”. Se poi con l'”ascolto” s’intende quello delle case editrici, la prospettiva della pubblicazione, allora capisco che la risposta è no: per un aspirante narratore che si rivolge speranzoso all’editore, nella maggior parte dei casi una tecnica sperimentale è altamente sconsigliabile…
antonio syxty legge brion gysin
una poesia di silvia molesini

da una sequenza apparsa nel n. di ottobre 2018 di “Versodove”
antonio syxty intervista mg sulle reti della ricerca letteraria
storia semplice di una “visita”
Pur avendo appuntamento alle 8:20, essendo il primo in lista, mi visita alle 9:40 senza una parola di spiegazione (non scusa, dico semplice spiegazione).
Il tono è da subito scostante, sbrigativo: è evidentemente distratto da elementi che – del tutto inascoltato – indico come risolti. Non mi lascia esporre le varie articolazioni del mio caso (nemmeno mezza parola).
Si mostra anzi si dichiara annoiato dal fatto che ritardo 3 secondi 3 (di orologio, netti) a estrarre un referto precedente. È in ogni caso del tutto indifferente all’aspetto sostanziale dei disturbi. Di cui non mi fa chiarire il quadro.
Incapace di gestire il colloquio, se non straparlando. Tiene la mascherina abbassata quasi fin sotto la bocca (in seguito lo negherà: ma resta da capire come io possa sapere che porta i baffi se non perché glieli ho visti, insieme a parte della bocca, durante tutta la “visita”).
Tratta con sufficienza ogni domanda. Nemmeno mi visita. Proprio zero. Ha già deciso, vagliando solo, e rapidamente, le carte. Alza la voce. Non dà diagnosi. Né indicazioni di prassi, o farmaci. Zero.
Se avessi infilato le mie carte in una spillatrice meccanica ne avrei ricavato, ritirandole, un carico di empatia e premura parecchio più alto.
Ovviamente reagisco a questo trattamento, credo abbia capito che la voce so alzarla anche io, è piuttosto semplice e dipende dai polmoni e dalle corde vocali, che in questo mi assistono.
Appena avrò due minuti di tempo chiederò il rimborso dei 12 euro e 91 centesimi che questa “visita” mi è costata. Avrebbero dovuto semmai pagare me, e parecchio di più.


