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lettera agli ebrei italiani / franco fortini. 1989

 

Ogni giorno siamo informati della repressione israeliana contro la popolazione palestinese. E ogni giorno più distratti dal suo significato, come vuole chi la guida.

Cresce ogni giorno un assedio che insieme alle vite, alla cultura, le abitazioni, le piantagioni e la memoria di quel popolo e – nel medesimo tempo – distrugge o deforma l’onore di Israele.

In uno spazio che è quello di una nostra regione, alle centinaia di uccisi, migliaia di feriti, decine di migliaia di imprigionati – e al quotidiano sfruttamento della forza-lavoro palestinese, settanta o centomila uomini – corrispondono decine di migliaia di giovani militari e coloni israeliani che per tuttala loro vita, notte dopo giorno, con mogli, i figli e amici, dovranno rimuovere quanto hanno fatto o lasciato fare.
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una lettera di sergio rotino, sugli autori a lui particolarmente vicini

Ciao Marco, dopo il nostro incontro bolognese di ottobre ho pensato a lungo alla tua domanda su quali autori mi siano vicini.
Non credo tu voglia sapere quelli che mi sono vicini in questo momento della mia vita, ma quelli che mi porto dietro da una vita, come bagaglio.
Quando ti ho risposto Mario Benedetti, è stato un impulso, parziale. Me ne sono reso conto giorni dopo.
Prima di tutto perché fra Umana gloria e Pitture nere su carta, il mio Benedetti sta nel primo (titolo), probabilmente il più scontato. E poi perché Benedetti fa parte di una piccola cosmogonia che credo sia giusto precisare.
Lo metto insieme all’Angelo Lumelli di Trattatello incostante e di Cosa bella cosa.
Poco più su, in questa cosmogonia, c’è Gabriele Frasca, il labirinto ritmico presente in Rive, in Rime e nei saggi di Cascando.
Sullo stesso livello, Angelo Maria Ripellino (toh, due Angelo). Il suo barocchismo è stato molto importante per me, da La fortezza d’Alvernia a Lo splendido violino verde, via Sinfonietta e Notizie dal diluvio.
E importante è stato leggere Amelia Rosselli con le sue Variazioni belliche. Lei un po’ più staccata dagli altri.
Ma al centro ci metto Luigi Di Ruscio, la sua percussività e i suoi versi massivi. Ci metto praticamente l’intero suo lavoro, con grande riguardo a Le streghe s’arrotano le dentiere, Apprendistati e Istruzioni per l’uso della repressione.
Sono sei autori che vengono dopo gli incantamenti adolescenziali e postadolescenziali per Umberto Saba, Giovanni Giudici, Giorgio Caproni; vengono dopo Roberto Roversi, cui devo tantissimo umanamente e letterariamente.
Quei sei li ho masticati tutti, forse li ho digeriti anche male, però sono per me i punti attraverso cui mi muovo ancora oggi. Ognuno di loro, in vario modo, con forza maggiore o minore, si muove dentro campi che mi sono vicini: ritmo e (apparente) oscurità del verso.
Ecco, ti scrivo tutto questo a beneficio di una completezza che “completa” non può mai essere. Senza alcuna utilità.
Ah, mancano i riferimenti agli autori stranieri. Ma sono più volatili e, a ben pensarci, praticamente tutti riferiti a nordamericane tranne uno, che riguarda una sudamericana.
Ti abbraccio.
Sergio

fernando arrabal al teatro della pergola

Fernando Arrabal al Teatro della Pergola

 

https://www.controradio.it/podcast/fernando-arrabal-al-teatro-della-pergola/

rainer m. rilke a., “lettera a un giovane poeta” (audio)

R.M.Rilke aumentato, (CC) 2022 differx

R.M.Rilke aumentato

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Il consenso di Kafka: Gibs auf !
(file da quadernodappunti.wordpress.com)

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“villa pamphili”, una cartolina, oggi, su antinomie

la carte postale –
su “Antinomie” oggi, una cartolina antropologica di differx.
sull’aisthesis e il movimento plurale dei frammenti:

https://antinomie.it/index.php/2021/08/16/villa-pamphili/

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DU-CHAMP in questo preciso momento

DU-CHAMP in questo preciso momento : Continua a leggere

du-champ’s mapping 1000 blogs

now

du-champ’s mapping 1000 webspaces

!!!

ringraziando

ringrazio di cuore i redattori di Poesia2punto0, per l’ospitalità data agli articoli che ho postato sul sito.

non mi è più possibile partecipare al lavoro redazionale, anche come collaboratore, e mando a tutti loro un carissimo saluto, pubblicamente, augurando buon cammino al sito

Marco

Nuova lettera, breve, a Stefano

in risposta a questa:

Caro Stefano, grazie per il tuo intervento, che punta decisamente in profondità e coglie una rete di momenti essenziali (sottotraccia nella lettera – pur lunga – che ti inviavo).
Contribuisco, a mia volta, con un elemento al disegno del sistema o quadro che con acutezza disegni, a proposito della (non indecifrabile) ‘interruzione di linea’ nella ricerca dagli anni ’60-’70 in qua: metterei nel conto degli eventi nodali le molte autodistruzioni o scomparse, inabbissamenti e morti, che troppi protagonisti di quella stagione hanno patito. Penso ai suicidi e alle morti per droga, agli infortuni, gli imprevisti. Per autori più e meno noti. Penso alla fine di tante esperienze e tanti laboratori culturali.

Penso alla scomparsa di Porta, Spatola, Reta, Vicinelli. Pensiamo all’ictus che colpì Villa (e che pure non ne abbatté l’energia). Penso allo spegnersi – assai più tardi, a “restaurazione” in pieno corso – di un fuoco inaggirabile dell’incendio di secondo Novecento: quello del linguaggio di Amelia Rosselli. Penso alla scomparsa di Ketty La Rocca. (Penso alla vita e all’indicibile di molti che poi riemersero però, per fortuna, alla fine degli anni ’90, da esperienze di tossicodipendenza durissime; ma avevano nel frattempo perso tanti e poi tanti compagni di strada, strutture, occasioni).

Penso al laboratorio segreto di tanti che Anterem ha comunque avuto il merito straordinario di sostenere nonostante e proprio per il loro essere appartati: Brandolini d’Adda, Mussio, per esempio. Due giganti, a mio parere.

Tutti questi sono stati punti spersi, dimenticati ingenerosamente spesso (quanto ha fatto Nuvolo, per esempio, per tanti, a partire da Burri! e che valore la sua opera..).
Se penso ai fotografi, poi… Basti il nome della geniale Woodman, scomparsa giovanissima…

Ma tutte queste entità non puntiformi, ma sistemi di stelle e galassie, pure, avrebbero potuto – con il flusso di opere che di fatto hanno prodotto – variare (nelle folte differenze che li separano e distanziano, certo) i punti e ponti e geografie e momenti della storia successiva. O forse no.

In ogni caso il nostro post-TelQuel non c’è stato (o non interamente, o affidato a un numero circoscritto e insufficiente di registri dello spettro modale). Mentre altrove una base era attestata, e su quella si costruiva, da noi la base franava e su un disastro generazionale iniziavano a tessere le loro vocine stridule i neolirici e neoricchi che non si accorgevano della nascita di Milano 2 accanto ai loro taccuini.

Questa la tristezza infinita che la tua, la mia, le future generazioni non smetteranno di scontare (nemmeno traducendo usque ad mortem quanto accaduto altrove: perché l’altrove tale resterà, finché una rifondazione individuale e collettiva non farà leva su quanto di buono non smette di esserci in questo paese massacrato, questa “Italia sepolta sotto la neve”, per dirla con Roversi).
Ti mando un abbraccio fraterno, e l’invito a continuare il nostro dialogo

Marco

Ciao Vito

 

Nella notte tra 18 e 19 giugno, Vito Riviello ci ha lasciato.

In questo breve pezzo, una nota di Franca Rovigatti (dal “Manifesto” del 20 giugno):

 

vito_manif

 

IL POST-UMANO NON ESISTE. Una lettera di *** a *** su una situazione di […]

car* *****,

qui per me è l’inferno. devo ritirarmi. mi dispiace. spero non mi prenderai a calci.
veramente non so dove girarmi. a breve ricoverano *** per un paio di giorni per degli esami (semplici e non preoccupanti, ma da fare). *** non sta bene e anche lui forse lo tengono in ospedale qualche giorno. sono totalmente solo nell’affrontare queste cose.
ho […] “nemici” che stanno approfittando di questa situazione per incasinare certe faccende […].
ho 2 cause in corso. il capo sta male e non viene mai in […], devo fare tutto io. […]

è al capolinea/stretta finale il libro di/su ***, e sto curando dettagli che mi prendono ore e ore di tempo strappato al sonno.

sto per scrivere ai curatori di un reading a *** […] per dire che non vado. […].

mi stanno coinvolgendo in altri progetti ancora, […] e sto rifiutando. finirà che abbandono anche casa mia nuova a […], ancora disabitata, e dove ci sono continui problemi tra l’altro.

al lavoro non c’è nessun part-time in vista. anzi forse un aumento del full.

lo so che è deludente il messaggio, e impressionante l’elenco. parziale, del resto. non sono né postmoderno né postumano, sono umano e limitato, soprattutto sono in una situazione di tragedia che – iniziata nel 1994 – si è inasprita negli ultimi anni.

ti abbraccio

***