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lettera aperta di artisti, letterati, intellettuali al mondo della cultura italiana – per la palestina

LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA  

Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.

Gaza ha superato il punto di collasso: l’ONU ha descritto il suo stato come “apocalittico”. Diciamo basta. Non possiamo parlare di bellezza, di cultura, di musica, di teatro, di cinema, raccontare la storia e le storie dell’uomo, ignorando l’infamia di cui siamo spettatori inerti e impotenti. Di fronte a tutto questo noi artisti, studiosi, intellettuali e operatori culturali possiamo essere ancora e nuovamente comunità, con un ruolo da svolgere. Riteniamo che il nostro compito, oggi più che mai, sia quello di esercitare uno sguardo che creando bellezza, raccontando verità, metta a nudo l’offesa in atto a Gaza e in Cisgiordania, nei confronti non del solo popolo palestinese, ma della intera umanità, perché denunciandola, ci si avvicina ad esercitare anche un altro diritto: il diritto al sogno. Il sogno di una società giusta e pacifica nella quale ogni essere umano possa non soltanto vivere, ma anche esercitare il proprio diritto appunto al sogno, e alla bellezza.

Il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza, secondo gli ultimi rapporti pubblicati da Euro-Med Human Rights Monitor ha superato quota 22.000 (secondo altre fonti ha già toccato la quota 30.000). Fino a martedì 26 dicembre, calcolando anche i morti dispersi sotto le macerie, sono stati uccisi 29.124 palestinesi. La stragrande maggioranza degli uccisi erano civili, tra cui 11.422 bambini, 5.822 donne (numeri che crescono di ora in ora). Più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, o le braccia.

Il 90 per cento degli edifici di Gaza è stata raso al suolo o danneggiato in modo irrecuperabile. I giornalisti uccisi sono 101, il personale santitario tra medici e paramedici ammonta a quota 226. I profughi – a cui è stato intimato di abbandonare entro 24 ore le loro case e spostarsi a Sud in campi profughi “sicuri”, a loro volta bombardati – sono 1.900.000. 

Secondo l’inchiesta del New York Times e rilanciata dalla Cnn, Israele a sud di Gaza nelle aree in cui aveva spinto i civili a fuggire dopo l’inizio dell’operazione di terra, ha usato munizioni altamente distruttive che moltiplicano i rischi di vittime civili collaterali. Le bombe in questione sono le MK-84 da 900 chili di peso, le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal Times, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile. I gazawi sono privati di acqua potabile, carburante, energia elettrica, cibo, attrezzature mediche, presidi sanitari. Gli ospedali sono costretti a compiere amputazioni di arti senza anestesia, sempre se intanto non vengono bombardati, perché ormai la regola degli israeliani è colpire anche gli ospedali, le scuole, i luoghi di culto, i musei. “Nessun luogo è sicuro” hanno dichiarato i rappresentanti dell’Agenzia ONU per i rifugiati, quelli sopravvissuti alla strage che “l’esercito più morale del mondo” (come si autodefinisce) ha compiuto e compie quotidianamente, anche del personale ONU (finora circa 140 uccisi). Centinaia di civili arrestati, denudati, umiliati dai soldati israeliani. E mentre l’esodo forzato dei palestinesi prosegue, governanti di Israele dichiarano, tranquillamente, che annetteranno il territorio di Gaza, e che i palestinesi se ne devono andare, addirittura qualcuno ha ipotizzato l’America Latina.

Nei giorni scorsi sono stati trucidati dall’IDF tre ostaggi israeliani mentre sventolavano bandiera bianca, perché creduti palestinesi. Il che si traduce nella candida ammissione che l’esercito israeliano spara anche ai civili palestinesi, senza preoccuparsi, il che del resto è accaduto anche nella fatidica giornata del 7 ottobre. L’Agenzia ONU per i rifugiati denuncia Israele per aver bombardato un convoglio di aiuti umanitari, che percorreva una strada indicata dalle forze israeliane come sicura.

Questa catastrofe (che non a caso è il significato preciso, drammatico della parola “Nakba”, per i palestinesi) non è un evento “naturale”, è invece frutto di scelte, di azioni determinate e perseguite lucidamente. Ciò che accade in Palestina è sconvolgente, inumano, inammissibile sotto ogni riguardo. Noi stiamo assistendo non ad una guerra, ma allo sterminio premeditato di un popolo inerme. È l’abominio che, attraverso l’ennesimo travestimento semantico, si camuffa da “diritto alla difesa”.

Di fronte a tutto ciò riteniamo che la neutralità, l’equidistanza corrispondano a una forma di complicità: ma anche il silenzio è una forma di connivenza con chi opprime, chi distrugge, chi imprigiona, chi uccide, con chi stermina indiscriminatamente persone “fragili”: anziani, donne, bambini. Come ha detto Papa Francesco, questo del 2023 è stato “Il Natale di Erode”. E il nostro cuore è gonfio di sdegno, ma non vogliamo più accontentarci di questo, vogliamo mobilitarci e invitare alla mobilitazione.

Perciò noi sottoscritti, ci uniamo e intendiamo mobilitarci per chiedere:

– Il cessate il fuoco permanente a Gaza per impedire che lo sterminio prosegua con altre decine di migliaia di uccisioni indiscriminate di civili palestinesi, e che i palestinesi siano costretti ad abbandonare Gaza, il suo territorio, le sue acque.

 – La denuncia inequivocabile dei crimini che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza, ed il rifiuto della logica giustificante dell’ingannevole frase “Israele ha diritto a difendersi”. Non ci si difende annientando un popolo inerme e incarcerato in un fazzoletto di terra, sottoposto a un blocco atroce che dura da un ventennio.

– Il diritto di esprimere liberamente, sulla base delle nostre conoscenze e delle nostre sensibilità di artisti e intellettuali, analisi e valutazioni della crisi in atto in Medio Oriente, a cominciare dalla denuncia che tutti noi abbiamo fatto per gli aspetti feroci dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, consapevoli che quella ferocia che condanniamo non che è l’altra faccia della medaglia: l’occupazione abusiva e la pratica dell’apartheid da parte del governo israeliano. 

– Il diritto di non accettare più in nessuna forma il ricatto della Shoah, la speculazione politica da parte del sionismo, e di non avere paura dell’accusa grottesca di “antisemitismo”, accusa che senza pudore anche oggi, per ignoranza o malafede, viene riproposta contro chiunque osi denunciare il genocidio in atto contro il popolo palestinese.

L’incriminazione di Benjamin Netanyahu (e dei suoi ministri) come da poco ha fatto il Sudafrica, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per crimini di guerra e contro l’umanità ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite.

Proprio come i firmatari del primo appello in difesa del capitano Alfred Dreyfus, guidati da Emile Zola nel 1894, come artisti e intellettuali, noi riteniamo di avere il diritto ma anche il dovere di scendere in campo. Di uscire dal silenzio, e di invitare tutti i nostri sodali a fare altrettanto. Per questa ragione, con la firma di questa lettera, proclamiamo l’impegno a progettare insieme strategie, eventi, articoli, testi poetici o narrativi, spettacoli, performances artistiche, drammaturgiche, cinematografiche e musicali, che facciano sì che questa lettera non sia un mero sfogo, ma una chiamata a raccolta, un momento di inizio: siamo qui per restare, e agire: vogliamo essere voce e non complice silenzio.

Ci diamo appuntamento ad un prossimo raduno in forma virtuale, per ora, su una piattaforma che ce lo consenta, per definire collettivamente tali strategie.

Promotori:

Angelo d’Orsi, Storico, Giornalista, Organizzatore culturale

Alessandro Negrini, Regista

PER ADERIRE ALLA LETTERA APERTA:
artistieintellettualipergaza@gmail.com

“italian arts united for palestine” _ lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in palestina

TESTO IN ITALIANO [scroll for the English text]

PALESTINE: Lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in Palestina

[scroll for ENG]

Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese.
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palestina: alcuni ‘dettagli’, da agosto

18 agosto

Le forze di occupazione israeliane hanno demolito una scuola elementare ad Ain Samyia, in Cisgiordania. A poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico, la distruzione della scuola, che forniva l’istruzione primaria ai bambini dei pastori nomadi della zona, ha l’obiettivo di cacciare la popolazione palestinese di queste terre, per far spazio alla colonizzazione ebraica. Nel 2023, sono state demolite tre scuole nelle stesse condizioni. Secondo un rapporto dell’ONU, il piano israeliano minaccia di demolizione altre 58 scuole elementari.

[…]

11 settembre

Due palestinesi feriti gravemente, nel campo di al-Oroub, durante i funerali del ragazzo assassinato il giorno prima dalle pallottole dei soldati israeliani. I comandi militari non volevano che il funerale si tenesse in forma pubblica, ma i familiari e la popolazione hanno sfidato l’assurdo ordine. L’esercito ha messo i cecchini attorno al cimitero e istituito posti di blocco con camionette corazzate, sparando pallottole militari contro un corteo funebre.

[…]

19 settembre

Un rapporto dell’organizzazione israeliana B’Tselem accusa il governo di Tel Aviv di mirare all’espulsione violenta dei palestinesi dalle loro terre in Cisgiordania per assegnarla ai coloni ebrei, lasciando mano libera a questi ultimi di agire indisturbati con attacchi armati contro le comunità palestinesi, incendio dei raccolti, distruzione dei pozzi e sradicamento di alberi. Secondo il rapporto, nell’ultimo anno, 6 comunità palestinesi della Cisgiordania sono state costrette ad abbandonare le loro terre, per sfuggire alla violenza dei coloni.

[…]

29 settembre

L’esercito israeliano ha distrutto per la 222esima volta il villaggio di Al-Araaqeeb, a nord di Beersheba, nel Negev. È la seconda volta in questo mese di settembre. Il villaggio desertico abitato da pastori palestinesi è caduto nel mirino del governo israeliano per destinare i suoi terreni all’allargamento della città ebraica vicina. Il villaggio è costruito con cartone, plastica e lamiere e le 22 famiglie resistenti non hanno abbandonato mai le loro terre da quando è cominciato il loro nuovo calvario nel 2010. Ogni volta che i militari lo distruggono con i bulldozer, loro recuperano il materiale e lo ricostruiscono. Il mondo tace su questi crimini dell’Apartheid.

[…]

6 ottobre

[…] aggressioni armate dei coloni. Nella valle del Giordano hanno arato con i bulldozer terreni palestinesi per impossessarsene. In un villaggio vicino a Salfit, i coloni hanno sradicato 40 olivi. L’Osservatorio euromediterraneo, con sede a Ginevra, ha presentato alla commissione ONU per i diritti umani un rapporto sulle violenze dei coloni contro i palestinesi. Nel rapporto si rileva che nei primi sei mesi di quest’anno le aggressioni dei coloni sono state 1148. Tutti gli attacchi sono avvenuti sotto la protezione dell’esercito e con la complicità del governo e della magistratura israeliane. Il rapporto parla chiaramente di regime di Apartheid e di violazione delle leggi internazionali per i territori occupati.


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l’elenco completo è qui:
https://effimera.org/occhio-per-occhio-e-tutto-il-mondo-e-cieco-di-franco-berardi-bifo/

palestinians thank artists boycotting apartheid israel-partnered pop kultur berlin

At least four artists withdrew from the festival, joining fifteen others since 2017.

Palestinians thank Lafawndah (and bandmate Trustfall), Alewya, Franky Gogo and Gigsta for withdrawing from @popkulturberlin, that is partnered with apartheid Israel #PK22

https://bdsmovement.net/news/boycott-pop-kultur-2022

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Four artists have withdrawn from Pop Kultur Berlin this year, in protest at its partnership with apartheid Israel! They join at least fifteen others to have boycotted the music festival since 2017, responding to private and public appeals from human rights defenders.

Parisian artist Lafawndah wrote in her eloquent statement that “the festival’s stance is an effective show of support for racism, colonial brutality and murder, despite its savvy marketing language touting inclusion, diversity and tolerance.”

Click to tweet at Pop Kultur

But Pop Kultur Berlin is still insisting on continuing its partnership with apartheid Israel, claiming that artwashing Israel’s apartheid regime and massacres in Gaza is “common practice”. It must have missed the thousands of artists who have endorsed the cultural boycott of Israel.

Even now, prominent German politicians allied to the festival are condemning the campaign and the principled artists who supported it and launching cynical smears against them. Let’s show once again that our collective impact is greater than these desperate, anti-Palestinian attacks.

Click to tweet at Pop Kultur

Not on Twitter? You can also copy the below comment and post it onto the festival’s Instagram & Facebook pages.

Thank you Lafawndah & Trustfall, Alewya, Franky Gogo and Gigsta for withdrawing from #PopKulturBerlin! All artists should boycott the festival until it drops its partnership with apartheid Israel. No progressive festival artwashes massacres. #PK22

In solidarity,
Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI)

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TAKE NOTE:
The nonviolent BDS movement for freedom, justice and equality is supported by the absolute majority in Palestinian society. BDS rejects all forms of racism and racial discrimination.

su aavaz: intervenire subito per fermare l’aggressione a gaza

https://secure.avaaz.org/campaign/it/palestine_sheikh_jarrah_sig_loc

Siamo sull’orlo di una vera e propria guerra tra Israele e Palestina.

31 bambini palestinesi sono già stati uccisi, così come molte madri. Centinaia di feriti.

L’escalation armata cresce. Velocemente.

Alla radice di tutto c’è l’occupazione israeliana illegale della Palestina e decenni di feroce oppressione del popolo palestinese, che Human Rights Watch ha appena denunciato come “crimini contro l’umanità“.

Tutto è iniziato lì ed è lì che deve finire.

Forse l’unico modo per fermare gli sfratti violenti dei palestinesi dalle loro case, la sopraffazione quotidiana di famiglie innocenti, il lancio di razzi di Hamas e il bombardamento israeliano di Gaza, è rendere il costo economico di questo conflitto troppo alto.

È esattamente quello che ha contribuito ad abolire l’apartheid in Sud Africa, e può farlo anche qui.

Abbiamo appena raggiunto 2 milioni di firme. Unisciti al nostro appello per chiedere sanzioni contro Israele per aver violato il diritto internazionale e commesso crimini contro l’umanità. Facciamo che sia un momento di svolta decisivo.

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b’tselem calls israel’s policy of occupation “apartheid”

source: facebook.com/186525784991/posts/10160555848604992/

Yesterday, B’Tselem בצלם, the largest human rights group in Israel, published a paper declaring a shift in their language from describing Israel as a ‘prolonged occupation’ to describing it as apartheid. This is an important win for the Palestine movement and a demonstration of the power of Palestinian organizers who have for decades been calling the Israeli state what it is, an apartheid regime.

“Calling things by their proper name – apartheid – is not a moment of despair: rather, it is a moment of moral clarity, a step on a long walk inspired by hope. See the reality for what it is, name it without flinching – and help bring about the realisation of a just future.”

SEE https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/jan/12/israel-largest-human-rights-group-apartheid