Luigi Ballerini wrote an introduction (https://brooklynrail.org/2022/04/editorsmessage/RADICAL-POETS-OF-DIFFERENT-FEATHERS) to the “gathering of American and Italian poets, scheduled to take place at the Casa Italiana Zerilli-Marimò of New York University and at the Italian Cultural Institute of New York on November 11, 12, and 13” (see the images):
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charles bernstein a milano, il 20 novembre al castello sforzesco
A Milano, domenica 20 novembre, h. 12, al Castello Sforzesco, Sala della Balla, si presenta il libro di Charles Bernstein, Echo / Eco (Edizioni del verri, 2022, testo inglese e traduzione italiana), con Barbara Anceschi, Carla Buranello, Marco Giovenale. Sarà presente l’autore.
L’incontro fa parte del ciclo di eventi Bookcity:
https://www.bookcitymilano.it/eventi/2022/giocare-cricket-senza-mazza
Eco/Echo raccoglie le poesie scelte dall’autore a partire da Senses of Responsibility del 1979 fino agli ultimi testi usciti quest’anno negli Stati Uniti in Topsy-Turvy. Ma non è un’antologia con testo a fronte. È un libro bifronte: da una parte i testi in inglese, dall’altra, capovolto il volume, si trovano le traduzioni curate da altri poeti italiani che nell’arco della loro attività hanno collaborato con Bernstein nel segno di una poesia sperimentale e d’invenzione. Il libro si conclude con la traduzione del V canto di Catullo compiuta a quattro mani insieme alla curatrice. Il volume accoglie inoltre un saggio di Bernstein sui rapporti tra poesia americana contemporanea e poesia italiana e una dettagliata nota bio-bibliografica dell’autore. Per Bernstein la eco/echo-poetica è pensare alla scrittura come forma di ascolto verso una “risonanza non lineare di un motivo che rimbalza su un altro. Ancora di più, è la sensazione di allusione in assenza di allusione. In altre parole, l’eco che sto cercando – è lo stesso Bernstein a dircelo – è uno spazio vuoto: l’ombra di una fonte assente”.
audio della diretta di rai radio 1 sulla mostra “pier paolo pasolini. tutto è santo”, al palazzo delle esposizioni (roma)
https://www.raiplaysound.it/audio/2022/10/ZAPPING-6602d7ea-e729-49e7-a793-22c3a3a5305f.html
Zapping del 01/11/2022
In diretta dal Palazzo delle Esposizioni a Roma per raccontare il progetto espositivo “Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO”, in occasione dei cento anni dalla nascita dello scrittore e regista. Con Giancarlo Loquenzi, regia di Leonardo Patanè. Nella puntata di oggi, tra i nostri ospiti: Marco Delogu, fotografo e presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo; Giuseppe Garrera, curatore della mostra; Andrea Cortellessa, critico letterario e storico della letteratura, insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università Roma Tre; Jhumpa Lahiri, scrittrice e docente; Dacia Maraini, scrittrice e saggista; Emanuele Trevi, scrittore e critico letterario; Marco Belpoliti, scrittore e critico letterario, insegna Sociologia della letteratura, letteratura italiana e arti visuali presso l’Università di Bergamo.
oggi, h 14, “il duce delinquente” @ radio onda rossa
Tutta Scena Teatro ★ Radio Onda Rossa 87.9 fm
martedì 8 novembre 2022, ore 14
● IL DUCE DELINQUENTE
“recital” dal libro ‘Mussolini il Capobanda’ di Aldo Cazzullo, con Aldo Cazzullo, Moni Ovadia e la musica dal vivo di Giovanna Famulari
La maggioranza degli italiani pensa che Mussolini fino al 1938 le abbia azzeccate quasi tutte, fino all'”errore” dell’alleanza con Hitler, delle leggi razziali, della guerra. Dimostreremo che non è così. Prima del 1938, Mussolini aveva provocato la morte di Gobetti, Gramsci, Matteotti, Amendola, dei fratelli Rosselli e di don Minzoni. Aveva fatto morire in manicomio il proprio stesso figlio, e la donna che aveva amato. Aveva preso e mantenuto il potere nel sangue, perseguitando oppositori e omosessuali, imponendo un clima plumbeo e conformista. Aveva chiuso i libici in campo di concentramento, gasato gli abissini, bombardato gli spagnoli. Si era dimostrato uomo narcisista e cattivo. La guerra non è un impazzimento; è lo sbocco naturale del fascismo. E aver mandato i soldati italiani a morire senza equipaggiamento in Russia, nel deserto, in Albania è stato un altro crimine, contro il suo stesso popolo. E ancora devono arrivare gli orrori della guerra civile. E del neofascismo delle bombe sui treni, nelle banche, in piazza.
info
https://www.teatrodiroma.net/doc/7877/il-duce-delinquente
luigi bonfante su duchamp, “fountain”
Gli elementi della rivoluzione duchampiana che portano alla realizzazione sia del Grande Vetro che dei readymade sono dunque gli stessi: il rifiuto della pittura, che è fatta con l’occhio e la mano, l’innovazione radicale, lo humour e l’ironia, l’indifferenza estetica, il gioco di parole, il caso. E tutti puntano verso una stessa direzione, paradossale per un artista: mettere in dubbio l’arte; o meglio, «farla finita con l’arte», «privare l’artista della sua aura», «sminuire il suo status all’interno della società». «La parola arte significa fabbricare, fare con le mani […]. Anziché farla, io la ottengo già fatta. […] è un modo per negare la possibilità di definire l’arte.»
L’Orinatoio vuole dunque rendere impossibile definire l’arte. E lo fa mettendo in cortocircuito l’utopia della libertà assoluta d’innovazione: se si elimina qualunque autorità estetica con il motto “niente giuria, niente premi”, s’impedisce sì, nel modo più drastico, che il passato limiti la libertà creativa, ma si legittima anche l’idea che chiunque possa essere artista e qualunque cosa egli proponga possa essere “opera”. Negli anni sessanta l’eredità di Fountain produrrà anche slogan come quello del movimento Fluxus “Tutto è arte e chiunque la può fare”, che troverà forti risonanze nello spirito di quel tempo e in molte esperienze artistiche coeve. Per esempio in Joseph Beuys, che criticherà Duchamp per aver abbandonato l’arte senza aver tratto la logica conclusione del suo gesto, cioè che «ogni essere umano è un artista».
Ma Duchamp era un dandy ironico e un individualista radicale, estimatore dell’Unico di Stirner. Basta pensare al Grande Vetro per capire che la sua produzione, così esoterica, enigmatica e sfuggente, ha ben poco a che fare con l’utopia di Beuys. Del resto, lo dirà esplicitamente: «L’individuo artista esiste, è esistito ed esisterà sempre, ma in quantità molto ristrette».
Anche se la rivoluzione di Duchamp (come quella di molte avanguardie del Novecento a partire dal Dadaismo) ha come conseguenza il dissolvimento del confine tra arte e vita, con Fountain egli non vuol dimostrare che tutto è arte e che quindi tutti possono essere artisti. Il suo primo, evidente intento è la dissacrazione dell’arte, di quell’arte che riteneva troppo “retinica” e troppo legata alla figura demiurgica dell’artista e al gusto. Il gusto è un’abitudine, diceva: «Se si ripete più volte qualcosa, si trasforma in gusto». Per questo si era messo a fare cose che sarebbe stato impossibile o assai difficile rinchiudere in qualche abitudine di pensiero, in qualche significato prestabilito. L’Orinatoio è l’esito più esplicito, caustico e ironico di questa dissacrazione dell’arte. Una dissacrazione che non corrisponde però all’antiarte del Dadaismo, perché l’antiartista, per Duchamp, è come un ateo: crede in negativo. Invece lui è uno scettico ironico, una mente cartesiana e corrosiva che dubita di tutto e non prende niente sul serio, a cominciare dall’arte stessa, che non vuole distruggere, ma appunto dissacrare: toglierle l’aura di superiorità, il carisma spirituale. Per questo ama definirsi “anartista”. A questo punto è evidente che l’opera più influente del Novecento non è un’opera d’arte, innanzitutto perché non rientra nel significato di “arte” elaborato dalla nostra cultura, per il quale bellezza ed emozione estetica sono concetti essenziali. Invece di suscitare emozione estetica, Fountain stimola domande di tipo filosofico: cosa fa di un oggetto un’opera d’arte? È davvero indispensabile che siano la mano, l’occhio e il gusto soggettivo dell’artista? Non potrebbe essere semplicemente il gesto mentale di scegliere qualcosa? (In fondo anche i tubetti di colore, arriverà a dire Duchamp, sono dei readymade scelti dal pittore.) In questo senso, anche se ironia, paradosso e ambiguità rendono inafferrabile il gesto di liberazione del readymade, si potrebbe dire che Fountain non è un’opera d’arte perché è un’opera sull’arte, un oggetto che stimola riflessioni sulla natura e il senso dell’arte stessa.
Luigi Bonfante CATASTROFE UNO. Duchamp e la spora aliena. Fountain, 1917-1963, in Catastrofi d’arte. Storie di opere che hanno diviso il Novecento, Johan & Levi editore, 2019
video integrale della lettura dei 4 libri blonk, roma, 5 nov.: andrea raos, marco giovenale, simona menicocci, demetrio paolin
ieri alla libreria Panisperna220
i.s.: définitions
bruno munari, da “teoremi sull’arte” (1961)
Bruno Munari, (1961), Teoremi sull’arte [art Theorems] [art Théorèmes], English translation by Isobel Butters Caleffi, French translation by Annie Pissard Mirabel, Corraini Edizioni, Mantova, 2003 [First published by All’insegna del pesce d’oro, Scheiwiller, Milano, 1961] _ Imgs: https://at.tumblr.com/garadinervi/bruno-munari-1961-teoremi-sullarte-art/zd9dzzq0ug7f
Continua a leggere“the re-appearing pheasant”: an encounter of american and italian poets and critics: nov. 2022
a poem by Charles Bernstein (in The Brooklyn Rail, April, 2022) here:
https://slowforward.net/2022/05/27/one-from-charles-bernstein-from-the-brooklyn-rail-april-2022/
a prose piece by MG in the same issue of TBR, together with poems by several authors:
https://brooklynrail.org/2022/04/criticspage/from-Excesses-on-a-little-flight
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editor Luigi Ballerini wrote an introduction (https://brooklynrail.org/2022/04/editorsmessage/RADICAL-POETS-OF-DIFFERENT-FEATHERS) to the “gathering of American and Italian poets, scheduled to take place at the Casa Italiana Zerilli-Marimò of New York University and at the Italian Cultural Institute of New York on November 11, 12, and 13” (see the images).
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All the texts in the issue of TBR:
from Floodgate of Wind
By Antonella Anedda Translated from the Italian by Eleonora Buonocore
From Scraps
By Mariano Bàino Translated from the Italian by Luigi Bonaffini
The Trip
By Mary Jo Bang
three
By Charles Bernstein
Mandy
By Anselm Berrigan
Nest, Hospice, Prison Camp
By Susan Briante
(°) – seed
By Maria Grazia Calandrone Translated from the Italian by Nicholas Benson
from Every Five Strokes
By Vincenzo Frungillo Translated from the Italian by Christina Vani
from Excesses (on a little flight)
By Marco Giovenale Translated from the Italian by V. Joshua Adams
Romanticism
By Peter Gizzi
Gap and Erasure
By John Latta
Dreamlike (Homo Bulla)
By Laura Liberale Translated from the Italian by Murtha Baca and Federica Santini
Porta Westfalica
By Valerio Magrelli Translated from the Italian by Jamie McKendrick
from Acavity of an Odyssey (Unfinished Mandala)
By Ivan Schiavone Translated from the Italian by Alessandro Giammei
three
By Rosmarie Waldrop
documenta fifteen: “handbook”
Sandro Ricaldone
DOCUMENTA FIFTEEN
Handbook
Hatje Cantz, 2022
Documenta 15 is no ordinary art exhibition. Working with the guiding concept of “lumbung,” the Indonesian collective ruangrupa―the exhibition’s curators―are less concerned with individual works than with models of collaborative practice. This guide offers insights into and orientation for the processes that evolved in the creation of the exhibition.
A comprehensive resource both for visitors of Documenta in Kassel and anyone interested in collective practices, this guide presents all the collectives and artists featured in Documenta 15 through in-depth profiles by international authors. Taking the question “what is lumbung?” as an organizing principle, the book offers an introduction to the concept and cultural background of Documenta 15, with documents and photographs tracing the collectives’ working processes. A chapter surveying the show’s locations in Kassel, as well as a large fold-out map and an introduction to the exhibition’s public program, are also included.
orti insorti @ tuttascenateatro, martedì 25 ottobre 2022, ore 14, radio onda rossa 87.9 fm
Tutta Scena Teatro ★ Radio Onda Rossa 87.9 fm
martedì 25 ottobre 2022, ore 14
● ORTI INSORTI
di e con Elena Guerrini, all’organetto Ilaria Gelmi
Uno spettacolo sulle memorie della nostra civiltà contadina nato da una ricerca tra ricordi del nonno che insegnava a contare da zero a cento ai mezzadri, storie paesane, ricette di antiche merende, bicchieri di vino rosso, barzellette, canzoni degli anni settanta, bestemmie e riflessioni sulla coltivazione di un orto come esperimento di costanza e pazienza.
L’attrice diverte ma soprattutto fa riflettere, parlandoci della natura che fu, di locale e globale, della scomparsa delle api, dei semi fatti in casa e scambiati tra ortolani e di quelli ibridi, brevettati e venduti dalle multinazionali dell’agribusiness, del seme terminator della Monsanto e delle coltivazioni geneticamente modificate. Delle autostrade che sono dove c’erano i poderi, delle lotte contadine e della profonda trasformazione dell’agricoltura. Ci presenterà i maestri che ha incontrato in questo viaggio: Fukuoka, il saggio giapponese teorico della coltura della non azione, i giardinieri rivoluzionari, Pompilio che a 83 anni piantava ulivi in Maremma, Pasolini e la fine della civiltà contadina, Vandana Shiva e il movimento Navdanya in India, Libereso Guglielmi, il giardiniere di Calvino. Per riannodare il legame spezzato con la natura, riflettere su come rispettare l’ambiente, inquinare un po’ meno e coltivare ciò che mangiamo.