quando si parla di postpoésie ci si può innanzitutto porre all’esterno del rigido circo dei generi letterari; e inoltre risulta del tutto legittimo parlare di qualcosa che implica e assume non soltanto altri abiti, forme, inflessioni, dimensioni, profili, ma infine identità: altri nomi. e idiomi. (si può e forse si deve dire che la dimensione idiomatica qui sopravanza tutte le altre).
quali sono questi altri nomi? questi oggetti verbali non identificati?
(non dico “nuovi”, dico “altri”). (anche se in Italia tutto sembra voler manifestarsi come nuovo, perché perfino la DC ha fatto in tempo a morire ma le forme dell’assertività letteraria ancora reggono).
epiphanies (James Joyce 1900-1904), tender buttons (Gertrude Stein 1914), tropismes (Nathalie Sarraute 1939), notes (Marcel Duchamp, pubbl. post. 1980), nioques (Francis Ponge 1983, Jean-Marie Gleize), proêmes (Ponge), textes pour rien (Samuel Beckett), antéfixes o dépôts de savoir & de technique (Denis Roche), descrizioni in atto (Roberto Roversi), verbotetture (Arrigo Lora Totino 1966), bricolages (Renato Pedio), domande a risposta multipla (John Ashbery; e cfr. Alejandro Zambra, nel nostro secolo), mobiles o boomerangs (Michel Butor), visas (Vittorio Reta), postkarten (Edoardo Sanguineti 1978), sentences (Robert Grenier 1978), subtotals (Gregory Burnham), films (Corrado Costa), schizografie (Gian Paolo Roffi), drafts (Rachel Blau DuPlessis), esercizi ed epigrammi (Elio Pagliarani), frisbees (Giulia Niccolai), anachronismes (Christophe Tarkos), remarques (Nathalie Quintane), ricognizioni (Riccardo Cavallo), anatre di ghiaccio (Mariano Bàino), lettere nere (Andrea Raos), linee (Florinda Fusco), ossidiane e endoglosse e microtensori e “installances” (Marco Giovenale 2001, 2004, 2010, 2010), tracce (Gherardo Bortolotti 2005), prati (Andrea Inglese), diphasic rumors (Jon Leon 2008), united automations (Roberto Cavallera 2012), paragrafi (Michele Zaffarano 2014), incidents (Luc Bénazet 2018), sentences (Cia Rinne 2019), defixiones (Daniele Poletti), avventure minime (Alessandro Broggi), développements (Jérôme Game), conglomerati (Andrea Zanzotto), saturazioni (Simona Menicocci), nughette (Leonardo Canella), sinapsi (Marilina Ciaco), dottrine (Pasquale Polidori), disordini (Fiammetta Cirilli), spostamenti (Carlo Sperduti), spore (Antonio F. Perozzi). E aggiungerei le frecce di Milli Graffi.
senza contare le infinite modalità (perlopiù elencative) messe su pagina da Perec (le cartoline e le passeggiate raccolte nell’Infra-ordinaire, o le stringhe di Je me souviens). durante una conversazione, tempo fa Luigi Magno ha suggerito di pensare alle stesse cancellature di Isgrò come a dispositivi di questo tipo, oltretutto in forma di ponte fra la scrittura e l’arte. per tacere, in tal senso, delle innumerevoli soluzioni disseminate nel tempo da Emilio Villa: “cause”, “variazioni”, “madrigali”, “attributi”, “phrenodiae”, “méditations courtes”, “videogrammi”, “letanie”, “sibille”, “trous”, “labirinti”, “tarocchi”, … (tutte forme disperse come, già nel 1949, “i sassi nel Tevere”).
martedì 4 maggio, alle ore 18:00, dodicesima sessione di TWENTYTWENTY EXTENDED CONFERENCE. Questi gli interventi:
Paolo Zublena (Università di Genova), Due o tre cose che so (e non sapevo) sulla poesia di ricerca
Costantino Turchi (Università di Roma Sapienza), L’immagine nello spazio della poesia
Poster: Alessandro Ludovico Minnucci (University of Chicago), La poesia performativa contemporanea in Italia: per una nuova metodologia di ricerca
Chair: Massimiliano Manganelli
*
Tutti gli incontri si tengono sulla piattaforma Microsoft Teams, a cui è sempre possibile accedere tramite questo link. Il link sarà disponibile anche sulla pagina web del convegno. Si può scaricare gratuitamente l’app Teams sul pc oppure accedere tramite browser (Google Chrome). È possibile consultare il programma e la descrizione dettagliata del progetto alla pagina del convegno.
Non si vede perché la storia di internet (per ciò che riguarda la letteratura) debba esser fatta partire dalla fine del primo decennio 2000, semplicemente perché è in quel torno di tempo che Facebook viene recepito da una maggioranza di italiani; né perché gli autori italiani che operano in rete e su FB debbano essere considerati solo in rapporto al (e con il) proprio Paese, e non (come è) in dialogo con altre culture. Né si capisce (ma il video qui non ne parla) come mai dalla letteratura e dalla poesia e in generale dalle scritture debbano essere costantemente esclusi influssi esterni o produzione autoriale di esperimenti verbovisivi e più in generale radicalmente extraletterari. (Che pure incidono – e non possono non incidere – sulla scrittura come sulla ricezione delle opere).
Nel caso possa interessare, in questo numero del “verri” compare la prima parte di un mio articolo che tenta (con ampi limiti, del tutto ammessi) di ricostruire le tracce delle espressioni “ricerca letteraria”, “scrittura di ricerca”, “poesia di ricerca” et alia, lungo il corso del Novecento e forse per uno spicchio di XXI secolo.
Sul tema inoltre “il verri” apre ad altri contributi esterni, da vagliare per prossime uscite. (Chi fosse interessato può scrivere alla Redazione della rivista)