la nota critica di Giuliano Mesa, prefazione a Curvature, in formato pdf, dal suo file word:
lo spazio web di Luca Zanini: https://elazonarossa.wordpress.com/
Libri, infanzia e fotografia. Severità e assoluti visivi
Versione integrale dell’intervista, pubblicata sul n. 125 di Liber, a Giuseppe Garrera intorno ad una collezione di libri per bambini e ai libri per bambini. Intervista a cura di Giulia Romualdi.
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1_ Da cosa è nata la volontà della collezione Giuseppe Garrera di creare un fondo di libri fotografici per bambini e ragazzi e cosa contiene.
piccole disperazioni romane: oggi praticamente in contemporanea alle 17:30 apertura mostra (e alle 19 talk) per il secondo dialogo del ciclo Doppia coppia, a cura di Alberto D’Amico, allo Studio Campo Boario; alle 18 inaugurazione della mostra Ornitomanzia, di Francesca Vitale, alla galleria Pavart; alle 18:30 inaugurazione della collettiva Homing al Teatro Vascello; alle 19 intervento di Carlo Alberto Sitta allo Spazio Pagliarani, sull’Archivio del Laboratorio di poesia di Modena.
https://www.arte.go.it/event/pasolini-e-le-donne/
La mostra indaga il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e le donne, cioè cosa significa vivere e celebrare la diversità, e quella condizione di inadeguatezza nei confronti dei poteri e dei soprusi. Le donne hanno insegnato a Pasolini un modello di comportamento poetico e civile, l’importanza di non accettare compromessi, di restare fedeli a se stessi.
Oltre 90 fotografie originali provenienti dalla collezione privata di Giuseppe Garrera, prime edizioni, manoscritti e documenti ripercorrono la speciale genealogia di donne di Pasolini (…
>>> continua qui: https://www.arte.go.it/event/pasolini-e-le-donne/
In questi anni recenti, oltre a lavorare in numerosi ambiti verbovisivi, e ovviamente nelle aree della poesia concreta e visiva, del glitch, della fotografia, del collage e della mail-art, Jim Leftwich ha ospitato materiali altrui, organizzando veri e propri archivi in rete, tutti o quasi tutti legati ai molti blog a cui collabora, ma soprattutto alle sue pagine http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/ e http://textimagepoem.blogspot.com e ai vari festival e iniziative (collab fests, o marginal arts festivals) di arte e di scritture sperimentali ai quali ha preso parte, a Roanoke (Virginia), la città in cui vive.
L’accumulo di materiali, altrui e propri, che questi anni di lavoro (e i precedenti) hanno portato è impressionante. Molti – degli anni 2005-07 – sono archiviati in un’apposita pagina allestita grazie a John M. Bennett dalla Ohio State University: http://library.osu.edu/finding-aids/rarebooks/TextImagePoemArchive.php.
Molti altri, specificamente di Leftwich, sono spread all over the world, diffusi ovunque nel mondo sia in forma cartacea (spedizioni, invii) sia in blog e siti i più diversi. Anche una superficiale ricognizione su google testimonierà della straordinaria diffusione di opere di Leftwich, o di sue collaborazioni (collab works).
Da circa due anni, da luglio 2011 ad oggi, anche con periodi in cui l’attività di postaggio è quantitativamente minore, Jim Leftwich sta inoltre pubblicando sul suo già ricchissimo e generoso spazio flickr una serie intitolata Pansemic Playhouse. Si può prendere visione dei vari “set” che la compongono a partire dalla pagina citata sopra:
http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/sets/?&page=1
Una playhouse è una casa giocattolo, una casa dei giochi. Nel progetto e idea di una simile casa “pansemantica” molti elementi assai felicemente e positivamente convergono. Per ragionarne, direi di tenere presente sullo sfondo, come elemento differenziale, l’orizzonte della “asemic writing”, ossia della scrittura asemantica. Leftwich, per altro, è stato uno dei primi statunitensi a occuparsi di asemic writing in maniera sistematica, a partire dagli ultimi anni del Novecento (in colloquio con John Byrum e Tim Gaze).
In Pansemic Playhouse, al contrario che nella scrittura asemantica, e – davvero – in rapporto differenziale netto con questa, Leftwich espone/sovraespone, accumula e moltiplica immagini e materiali anche casualissimi (classico e ritornante è lo scatto assolutamente random da cellulare) in cui tutto è semantico, tutto acquista un rilievo di senso, in qualche modo. E, questo, non volontaristicamente, ma come una sorta di emersione (data per oggettiva anche se conscia del fatto che oggettiva non sarà mai) dell’evidenza di senso di ogni nostra percezione. (Insisto: a specchio e differenza dei percorsi asemantici di alcuni segni grafici).
Leftwich è perfettamente cosciente del ‘brutto’ e del ‘non riuscito’ in alcuni scatti e immagini, ma quel che a lui interessa è il versante ‘costruttivo’ dello sguardo stesso di chi apre immagini e sequenze. Al centro del meticoloso progetto di una casa/catasta pansemantica sta insomma un’idea legata all’affioramento non casuale ma quasi cronometrico, prevedibile, inevitabile, di un costante microrilievo di senso, una traccia aggiunta possibile, che sta dunque proprio al fondo di ogni – veramente ogni – cosa ed esperienza). (Tutto ciò ha in parte anche interessanti – pur se non inediti – risvolti etici).
Il progetto di flusso visivo che conserva numerose versioni di uno stesso frame è in fondo analogo al sistema di varianti moltiplicate (e variazioni non necessariamente infinitesimali) apprezzabile nel vasto progetto testuale – e visivo – di Six Months Ain’t No Sentence, per adesso diviso in 50 libri gratuitamente scaricabili dall’indirizzo differxhost seguente: https://app.box.com/s/l76xlrg78e5s8evbi4c4. Altro tassello del colossale lavoro di sperimentazione di Leftwich.
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alcuni link aggiornati:
http://jimleftwichtextimagepoem.blogspot.it/2013/09/pansemic-playhouse-1-600-jim-leftwich.html
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Marcel Duchamp, circa cento anni or sono, non ha fatto – in qualche modo – che dare statuto di “opera” e “iterazione” a quella chiarissima imprevedibilità dell’oggetto estetico che la stessa nascita della fotografia aveva – a sua volta addirittura un secolo prima – materiato in meccanismo. (la nascita di una tecnica attraverso cui il mondo si cattura da sé, ridimensionando il ruolo del gesto intenzionante dell’artista, significherà pure qualcosa. sarà pure segno di qualcosa il fatto che il 1839 dista meno di cinquant’anni dalla terza Critica kantiana).
si intenda “oggetto estetico” come oggetto attivante il gioco di senso-non-senso che è di tutte le percezioni. (non tutto è “estetico” – in questo senso. ma: la fotografia dimostra [= nasce dal fatto] che la sensibilità dell’anthropos, a partire da un dato intreccio di momenti della sua storia, ha iniziato a essere virata verso una quantità prima impensabile di luoghi e oggetti. il “bello” si è disseminato; è diventato una possibilità fotografata, una differenza ormai visibile, come un cursore spostato ovunque: il telemetro dell’obiettivo, il quadrato di legno della ’scena’ da fotografare).
(questo ha a che vedere con la rivoluzione industriale, ovviamente: ma non ne è soltanto e meccanicamente “conseguenza”). (ogni modificazione di linguaggi e percezione retroagisce sulle culture umane, che a loro volta ricodificano e fabbricano stimoli di risposta). Continua a leggere
– (Il concetto di deviazione e scarto può essere inteso non esclusivamente come interno a microintervalli, ma anche nel senso – scientifico – di “tempo profondo”: come, potremmo domandarci, è storicamente “glitch rispetto a noi” la pittura rupestre?) (Per dire). (!).
– Il glitch e altre pratiche nominate in varie occasioni (googlism, scrittura asemantica, ecc.) direi di considerarle sempre in qualche modo all’interno della cornice di quel qualcosa di indefinibile e spiazzante che in forma insoddisfacente grezza e abbreviata tenderei tutt’ora a definire scrittura dopo il “cambio di paradigma”. In questa area smarginata – e da studiare ancora – è molto problematico osservare una “necessità” e un'”opera” nel senso e nei modi in cui queste venivano individuate nelle stagioni o aree (temporalmente non finite) del modernismo e del postmodernismo (ammesso che quest’ultima categoria esista non solo come camera di compensazione di qualcos’altro, come credo).
– L’estrema volubile semi-interminabile variabilità e starei per dire volubilità del testo “dopo il paradigma” non esclude il concetto di necessità, ma ne assottiglia i parametri di definizione. Siamo meno vicini di prima a capire che cosa è un testo necessario, o perché è tale. (Ho in cantiere, su questo, un fascio disordinato di annotazioni che partono dal saggio in più parti, di Giuliano Mesa, Il verso libero e il verso necessario, in cui colgo una contraddizione temo inaggirabile in taluni elementi della proposta interpretativa). Continua a leggere
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Sull’idea (imprecisa e da verificare) di non assertività, legata a quanto oltrepassa la linea del cambio di paradigma, linkerei daccapo il testo Riambientarsi (ma anche difendersi), in http://slowforward.wordpress.com/2012/09/29/riambientarsi-ma-anche-difendersi (e qui), nel quale forse in modo prolisso – ma proprio per questo estesamente – è esplicitato cosa si può intendere per scritture nuove, non assertive, appunto. (Traendo esempi, in particolare, da Corrado Costa, Christophe Tarkos, Ida Börjel). (Con ciò relativizzando, giocoforza, l’aggettivo “nuove”, come più volte spiegato).
E aggiungo: c’è un’assertività su cui si può (diciamo così) concordare, di cui si può prendere anche felicemente atto, pur facendo essa riferimento a un “prima” del cambio di paradigma. È l’assertività di chi scrive egregiamente in modo “modernista”, tutt’ora, a cambio di paradigma avvenuto. Cioè è l’assertività di una qualche lirica (o antilirica) che funziona, che lavora in direzioni note ma con acquisizioni interessanti e ben più che semplicemente interessanti. (Per dire: alcune cose di Giuliano Mesa, principalmente il Tiresia). (Mentre già Quattro quaderni è assai poco modernista, è evidentemente oltre/dopo il paradigma, in un modo del tutto inedito/isolato rispetto ad esperienze di altri autori). A me sembra percorso affascinante e produttivo; talvolta, sicuramente, rischioso (nel senso che è facile, percorrendo una strada simile, non spostarsi da una determinata linea di preorientamento o previsione dell’assenso del lettore). (Attraverso la struttura e l’architettura complessiva del testo, se non attraverso i meccanismi interni, microtestuali, consueti: rima, omofonie, a-capo significativi, isotopie, ..).
C’è poi, invece, Continua a leggere