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“modificazioni. una serata poetica italo-francese” (villa medici, roma, 15 settembre 2016)

Registrazione dell’incontro “Modificazioni. Una serata poetica italo-francese”. Con Jean-Marie Gleize, Marco Giovenale, Michele Zaffarano. Interventi critici di Luigi Magno e Andrea Cortellessa. Roma, Accademia di Francia a Villa Medici, 15 settembre 2016.

«L’incontro analizza la situazione attuale della poesia e della narrativa in Italia e in Francia, a partire dal romanzo di Michel Butor del 1957, La modificazione, titolo che allude altresì al cambiamento che testi come quello stavano tentando di operare nelle forme e nelle convenzioni della letteratura.

«Jean-Marie Gleize è una delle figure chiave di questo fronte di ricerca, promotore di una meditazione detta “prosa in prosa” o “post-poesia” che assume la forma di un’indagine narrativa discontinua. I poeti Marco Giovenale e Michele Zaffarano sono tra i fautori del tentativo di riannodare le ricerche in corso sui due versanti delle Alpi, anche grazie a un importante lavoro di traduzione.

«Luigi Magno, studioso e docente di letteratura francese, offre un prezioso contributo critico alla ricostruzione di questo paesaggio letterario. Ad Andrea Cortellessa, scrittore, critico e studioso, spetta il compito di condurre il pubblico in questo viaggio fra Parigi e Roma, fra Roma e Parigi, fra poesia e prosa, fra la parola e tutto il resto».

https://slowforward.net/2016/09/15/oggi-15-settembre-a-villa-medici/

https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=10154366720885560
= https://fb.watch/nb8KD2Y72Y/

tra i (possibili) libri per l’estate, due tic: “la gente non sa cosa si perde” e “qualche uscita. postpoesia e dintorni”

Un grazie particolarmente sentito a Sara Sorrentino e Simone Biundo per aver scelto La gente non sa cosa si perde (Tic) come libro da suggerire per l’estate, da parte del sito La balena bianca https://www.labalenabianca.com/2022/07/13/i-consigli-dellestate-poesia/

Noto con altrettanta e maggiore felicità che un secondo libro Tic è segnalato, nel corpo della stessa rassegna, stavolta da Stella Poli: Qualche uscita. Postpoesia e dintorni, di Jean-Marie Gleize, tradotto da Michele Zaffarano.

andarsene da un’altra parte. ulteriori conferme su carlo bordini sperimentatore (post-generico)

questo di Silvia Bordini è un libro molto bello che non solo ricostruisce vicende e climi esterni e interni dell’iniziativa editoriale Aelia Laelia, ma disegna e precisa un ritratto di Carlo Bordini, sperimentatore e autore/editore post-generico, che andrebbe assai attentamente considerato da chi intende stringere il poeta nel solo angolo “lirico” (o meglio ancora “assertivo”).
che Carlo Bordini sia stato uno sperimentatore è palese da un numero non inventariabile di suoi testi (dal Poema a Trotksky a Materia medica, da Candid camera a Poema inutile), così come dai suoi progetti e intenti, dalla sua completa libertà di movimento (tra frammenti, carte lasciate sulla scrivania, citazioni da vecchi resoconti di battaglie, regesti antichi, rotocalchi), così come dalle sue intenzioni di editore.

qui appena tre pagine da Aelia Laelia e i libri dimenticati:

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(* le “uscite dalla letteratura” sono in qualche modo anche le Sorties di Jean-Marie Gleize, annoto. in parte tradotte in italiano, poi: cosa da rammentare).

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leggermente ampliando la sintesi, insistendo aggiungerei:

Carlo Bordini è stato di fatto un accorto e cosciente sperimentatore, un autore della ricerca letteraria, non esclusivamente un lirico, nonostante una parte della critica insista nel considerarlo addirittura ostile alla sperimentazione.

era solito ripetere di non amare il Gruppo 63, sì, è un fatto. ma – paradossalmente – anche per questo è riuscito a essere, senza saperlo (e un po’ come Corrado Costa) un impagabile trait d’union fra la ricerca letteraria francese degli anni Novanta e una tradizione che aveva non a caso proprio in Costa (quindi in un ambiente come quello emiliano, anche grazie alla redattrice di Aelia Laelia Daniela Rossi) un vero e proprio campione.

tradizione non di semplice ‘parasurrealismo’ o di poesia giocosa, come spesso si dice, ma proprio di: (1) abbattimento radicale di ogni assertività; (2) ricostruzione di un discorso su basi ironiche (incerte e ambigue perfino verso l’ironia stessa); (3) considerazione della poesia o meglio della sperimentazione come l’inelegantemente ciarliero “retro” del discorso letterario; (4) abbattimento della religiosa missione o meglio superstizione di infiorettamento fonosemantico sempre attribuita al lavoro del poeta; (5) costituzione di un tono da loose writing svagato, insieme frivolo e serissimo; (6) capacità di dare spazio testuale non al Moi dittante e regolatore, ma ai cedimenti e alle verbigerazioni del soggetto dell’inconscio.

con Bordini e con Costa, la poesia smette di corteggiare la propria necessità, l’irrevocabilità dei propri sussulti e materiali; e compie in tutta naturalezza il gesto che i presunti seguaci del Baudelaire della perdita d’aureola non avevano ancora avuto il coraggio di fare: persa l’aureola, dimenticarla, andarsene da un’altra parte.

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saggio leggibile anche in formato pdf qui:
https://slowforward.files.wordpress.com/2022/05/marco-giovenale_-andarsene-da-unaltra-parte.-carlo-bordini-sperimentatore-post-generico.pdf 
e in Academia:
https://www.academia.edu/80277300/Andarsene_da_un_altra_parte_Ulteriori_conferme_su_Carlo_Bordini_sperimentatore_post_generico_
o su Archive.org:

https://archive.org/details/carlo-bordini-sperimentatore
o su Puntocritico2:

https://puntocritico2.wordpress.com/2022/05/30/andarsene-da-unaltra-parte-ulteriori-conferme-su-carlo-bordini-sperimentatore-post-generico/
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bandella per “prosa in prosa” / andrea cortellessa. 2009

L’abitudine che ci fa usare la dizione da manuale, poesia in prosa, può far dimenticare come essa, in realtà, segni un paradosso. Ma – ha spiegato il suo maggiore studioso italiano, Paolo Giovannetti – proprio tale «ambiguità esibita» è il suo «carattere fondante». Posizione ambigua, dunque, e anche scomoda: troppo «asciugata» dal poetico per i lettori di poesia (almeno per chi si riconosce nel poetese, più che nel poetico); troppo autoreferenziale e «lavorata» – troppo «poetica», insomma – per coloro che della prosa ammettono un’unica specializzazione merceologica, quella della narrazione (e diciamo, anzi, direttamente la fiction).

Eppure la prosa come forma del limite è stata una delle poche vie di fuga che abbiano consentito alla nostra scrittura poetica, negli ultimi decenni, di non rinchiudersi nel repertorio di se stessa. Negli anni Settanta autori come Giampiero Neri, Cosimo Ortesta e Cesare Greppi hanno messo a frutto la lezione dei maestri francesi di un secolo prima; mentre è del 1989 un episodio isolato ma significativo come la silloge Viceverso, curata da Michelangelo Coviello. Né sorprende che oggi i trenta-quarantenni di Prosa in prosa guardino di nuovo Oltralpe (e Oltreoceano), mutuando il loro stesso titolo da Jean-Marie Gleize.

Quanto meno subliminalmente, l’espressione poesia in prosa rinvia poi al concetto di traduzione: un «contenuto», in sé poetico, che verrebbe «trasposto» in prosa. Ma se il «contenuto» è già prosastico, qui, che cosa viene in effetti «tradotto»? La prosa in prosa, risponde Antonio Loreto, ha qualcosa del ready-made: senza sovraccaricare la scrittura di effetti speciali (la «prosa d’arte» dalla quale i Sei si guardano bene) è mediante il suo isolamento (in lasse, blocchi, serie variamente ordinate) che se ne muta sottilmente il senso. Basta incorniciare l’oggetto, come ha insegnato appunto D­uchamp, per fargli dire qualcosa di diverso – e inatteso. Qui piuttosto lo si «inquadra»: e non stupiranno, allora, i frequenti riferimenti all’universo dei media visivi, dalla fotografia allo schermo del computer.

Così facendo si segnalano, nella prosa del mondo, una serie di mutamenti inavvertiti. Come in un certo gioco enigmistico, ci accorgiamo d’improvviso di dettagli incongrui, particolari inquietanti. E finiamo per capire, insomma, come qualcosa nelle nostre vite sia da tempo mutato: a un livello microscopico, magari, ma con conseguenze non meno che catastrofiche.

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[r] _ ricerca / sperimentazione: intervista su satisfiction

credo di non aver scritto fino ad oggi niente di più completo (in termini di link e materiali) della rassegna che si può leggere in questa intervista: https://slowforward.files.wordpress.com/2017/06/mgiovenale_intervistasatisfiction_def.pdf

(primo link non più funzionante: www . satisfiction.me/ricerca-sperimentazione-intervista-a-marco-giovenale/).

(secondo link non più funzionante: www . satisfiction.se/scrittura-di-ricerca-e-scrittura-sperimentale-intervista-a-marco-giovenale/)

(la migrazione di SatisFiction da estensione a estensione ha reso nel tempo indisponibili molti materiali, purtroppo)

comunque.

grazie alla rivista e ai redattori per l’ospitalità.

chi vuole sapere qualcosa di più sulla scena o situazione della ricerca (soprattutto legata al sito gammm) grosso modo dal 2003 al 2017, può trovare nell’intervista elementi credo, spero, interessanti. di bibliografia, e link, documenti, un andamento cronologico, alcuni dati, riferimenti alla scena non italiana.

 

 

prosa in prosa: un video esplicativo

questo video spiegherà tutto:
facebook.com/emanuele.kraushaar/videos/3588974284486884

viene alla luce la terribile verità:

PROSA IN PROSA_ tic_ copertina
https://ticedizioni.com/collections/vetrina/products/prosa-in-prosa

Forse l’evento più rilevante degli ultimi 20 anni della poesia italiana, di Prosa in prosa, come accade con i classici, si è parlato e scritto molto di più di quanto il libro non sia stato in effetti letto. A partire da una definizione di Jean-Marie Gleize, Prosa in prosa tentava, nel 2009-10, anno della sua prima pubblicazione, di portare una ventata spiazzante sulla scena asfittica della letteratura italiana, attraverso il travalicamento del concetto stesso di genere letterario.

foto dei sei_ 4a di copertinaDa non confondersi assolutamente con poemetti in prosa, i testi qui compresi, installando la letteralità e l’insignificanza nel luogo in cui ci si attende massima significatività e figuralità, squadernavano le categorie con cui il pubblico legge la testualità lirica. Ma se questa rivoluzione rischia oggi di spegnersi nella generale dimenticanza, questa nuova edizione, arricchita di contenuti critici, torna a imporre il tentativo, sempre più necessario, di superare l’ultimo confine, quello tra letterario e letterale.

 

 


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