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roma, 13 giugno: carlo e nello rosselli_ “giustizia e libertà, per questo morirono, per questo vivono”

 

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Tavola rotonda e inaugurazione della mostra dedicata ai Fratelli Rosselli

in occasione della ricorrenza dell’assassinio di Carlo e Nello Rosselli
(avvenuto a Bagnoles-de-l’Orne il 9 giugno 1937)

CARLO e NELLO ROSSELLI
“Giustizia e Libertà, per questo morirono, per questo vivono”
Mostra e iniziativa a cura della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
e della FIAP – Federazione Italiana Associazioni Partigiane

Martedì 13 Giugno 2023

ore 15:30 Tavola Rotonda e Presentazione della pubblicazione:
«Le Brigate Rosselli nella Resistenza a Firenze», Quaderni Rosselli

a seguire
alle ore 17:30 Inaugurazione della Mostra

presso:

Casa della Memoria e della Storia – Via S. Francesco di Sales 5, Roma

mostra aperta al pubblico dal 13 al 27 giugno 2023, dal lunedì al venerdì dalle ore 10. alle ore 19:30

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In occasione dell’inaugurazione: 

saluti di Miguel Gotor, Assessore alla Cultura Roma Capitale

Intervengono:
Luca Aniasi – Presidente Fiap
Valdo Spini – Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
Lucio Villari – Storico
Nicola Terracciano – Storico
Salvatore Rondello – Presidente Circolo Giustizia e Libertà Roma
Francesco Maria Fabrocile – Storico
Cinzia Bellone – Fondazione Circolo Fratelli Rosselli
Luca Menconi – Curatore della pubblicazione QCR
Bianca Cimiotta Lami – Vice Presidente Fiap

In collaborazione con
la Fondazione Giacomo Matteotti, la Fondazione G.E. e V. Modigliani, il Circolo Giustizia e Libertà – Roma, il Circolo Fratelli Rosselli – Roma, e le Associazioni della Casa della Memoria e della Storia: Aned, Anei, Anpc, Anpi, Anppia, Circolo Gianni Bosio, Irsifar. 

* Continua a leggere

fondazione baruchello, 31 marzo: l’archivio e la storia, convegno online

Per partecipare, accedere alla piattaforma Zoom cliccando qui

Comunicato stampa qui

la scomparsa di piero simondo

Testo di Sandro Ricaldone:

PIERO SIMONDO, il giovane uomo ritratto in questa foto del luglio 1957 (scattata da Ralph Rumney) a Cosio d’Arroscia, dove ospitava nella sua casa natale la riunione di artisti da cui nacque l’Internazionale situazionista, è scomparso questa notte a Torino, all’età di 92 anni.
Artista e animatore culturale infaticabile, prima dell’I.S. aveva fatto parte con Asger Jorn e Pinot Gallizio, con Elena Verrone (che sarebbe divenuta sua moglie) e Walter Olmo, del Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista e attraversato da protagonista l’avventura del Laboratorio sperimentale di Alba.
Dopo la rottura con Guy Debord, aveva fondato il C.I.R.A., un gruppo cooperativo partecipato da operai FIAT ma anche da figure di spicco della cultura torinese come il professor Francesco De Bartolomeis, che più tardi lo chiamerà all’Università, ad organizzare i Laboratori artistici della Facoltà di Magistero, non a caso definiti, anch’essi, “sperimentali”. Qui, negli anni ’90, nella sua veste di docente di Metodologia e Didattica degli Audiovisivi, si era impegnato sul fronte della produzione di contenuti digitali, stimolando i suoi allievi a creare startup in quest’ambito.
Autore di molteplici pubblicazioni, fra cui “Il colore dei colori” (La Nuova Italia, 1990) e “Guarda chi c’era, guarda chi c’è. L’infondata fondazione dell’Internazionale situazionista” (Ocra Press, 2004), ha proseguito sino allo scorso decennio la sua attività pittorica, avanzata per fasi diverse, dagli straordinari “Monotipi” degli anni ’50 alle grandi “Topologie” del periodo successivo ai “Quadri Manifesto” realizzati negli anni ’70; procedendo poi con i cicli, più recenti, delle “Ipocraquelures”, degli “Ipofiltraggi” e dei “Nitroraschiati”, in un lavoro costantemente orientato alla ricerca di esiti in qualche modo affrancati dall’intenzionalità dell’autore, in traccia di quell'”immagine imprevista”, che dà il titolo al volume che accompagnava l’antologica allestita a Finalborgo nel 2011.
Una ricerca indipendente, fuori dagli schemi invalsi nelle correnti più note della contemporaneità, ma di grande rigore e respiro, sempre aliena da qualsiasi compromesso.

esce “6070”, sugli anni sessanta e settanta, appunto: qualche appunto

space invaders
Circa dieci anni fa ho scritto un testo, “6070”, per spiegare o meglio spiegarmi alcune cose e coordinate, latitudini della percezione, longitudini delle scritture, o viceversa, che mi parevano e mi paiono legate a un decennio particolare, quello che va – precisamente – da metà anni Sessanta a metà Settanta.

Lo scritto non era mai uscito fino ad ora. Certo, è e resta incompleto, criticabile, probabilmente parziale anche nella seconda accezione del termine. E si interrompe bruscamente.

Alla fine ne ho parlato con gli amici di OperaViva, e ora si può leggere qui: https://operavivamagazine.org/6070-2/. Migliori interlocutori non penso avrei potuto avere.

Forse non condivido più l’imp(r)udenza delle mie premesse, ma – aggiungo – resto persuaso degli elementi di fondo, linguistici e politici (e di politica del linguaggio), che osservavo e annotavo.

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ma quale onore? ma che patria?

il mausoleo a graziani e lo spreco di 230mila euro potevano risparmiarseli.

pagare per rovesciare la storia e difendere la propria vergogna però sembra essere un vizio che gli italiani non sanno togliersi.

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Rimuovere il ricordo di un crimine, ha scritto Henry Bernard Levy, vuol dire commetterlo di nuovo: infatti il negazionismo «è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio». Ha ragione. È una vergogna che il comune di Affile, dalle parti di Subiaco, abbia costruito un mausoleo per celebrare la memoria di quello che, secondo lo storico Angelo Del Boca, massimo studioso di quel periodo, fu «il più sanguinario assassino del colonialismo italiano». Ed è incredibile che la cosa abbia sollevato scandalizzate reazioni internazionali, con articoli sul New York Times o servizi della Bbc,ma non sia riuscita a sollevare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica nostrana. Segno che troppi italiani ignorano o continuano a rimuovere le nostre pesanti responsabilità coloniali. [Gian Antonio Stella: http://www.corriere.it/politica/12_settembre_30/mausoleo-crudelta-non-fa-indignare-italia-gian-antonio-stella_310bba88-0ac9-11e2-a8fc-5291cd90e2f2.shtml]

numerosi altri link (in italiano e in francese) qui: http://dormirajamais.org/graziani/

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la guerra sul fronte orientale

Lee Baker, La guerra sul fronte orientale (Il Mulino, 2012).

Per una sua parte consistente, si tratta di un testo di storia militare, con ricostruzioni di movimenti di truppe e vicende belliche, dall’aggressione della Germania all’URSS (22 giugno 1941) alla presa di Berlino da parte dell’estesissimo fronte di contrattacco dell’Armata Rossa (aprile-maggio 1945).
Ma il suo valore principale, penso, sta nella capacità che ha di dare la misura – anche brutalmente numerica – dell’enormità del conflitto, della sua violenza, durata, spietatezza. Il conflitto sul fronte orientale è stato una guerra nella guerra (mondiale): una parte che, paradossalmente, si è rivelata per certi aspetti maggiore dell’insieme. Si è trattato del disastro più ampio della storia della razza umana.
Nel tradurre Baker mi è apparsa più chiara anche la misura della partecipazione italiana al contesto, e chiarissima la ragione per cui quanto è accaduto nel nostro Paese ma anche in altre aree d’Europa – per quanto duro e assurdo e distruttivo – è assolutamente imparagonabile all’insieme di ciò che ha devastato il versante orientale riducendo in nulla intere regioni, azzerando oltre venti milioni di vite.

(Per un quadro ulteriore: http://www.einaudi.it/libri/libro/chris-bellamy/guerra-assoluta/978880619560)

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http://www.ibs.it/code/9788815237194/baker-lee/guerra-sul-fronte.html

http://www.mulino.it/edizioni/volumi/scheda_volume.php?vista=scheda&ISBNART=23719