video di documentazione:
https://www.instagram.com/reel/C7gu4etNLUz/
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Venerdì 30 giugno, Sabato 1 luglio e Domenica 2 luglio
Fuori Orario cose (mai) viste / Rai 3 presenta in PRIMA VISIONE TV
In tre notti consecutive, circa 15 ore di girato dell’Otello di Carmelo Bene, filmate negli studi Rai di Torino nel 1979. Le nottate NON saranno disponibili su Raiplay nei giorni successivi alla messa in onda.
La storia dell’Otello televisivo di Carmelo Bene è una storia travagliata, fatta di annunci, scomparse e successive apparizioni che si susseguono dal 1979, quando Carmelo Bene gira per la Rai una versione del suo Otello o la deficienza della donna da William Shakespeare. Le riprese avvennero nello Studio 1 di Torino, allestito con strumenti che permettessero la sperimentazione in video, con quattro telecamere separate. Terminate le riprese Bene inizia il montaggio con Marilena Fogliatti, sempre a Torino, nella stessa sede dove Michelangelo Antonioni sta montando Il mistero di Oberwald, contemporanea produzione Rai per sperimentare le potenzialità del video. Tra i due nasce un confronto quotidiano, come racconta la Fogliatti, ma durerà poche settimane perché Carmelo Bene abbandona il montaggio per riprendere l’attività teatrale. Ritornerà sul girato venti anni dopo, quando è già ammalato e richiama Marilena Fogliatti per portare a termine il lavoro. L’Otello sarà l’ultima opera di Carmelo Bene, verrà proiettato per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 18 marzo del 2002, due giorni dopo la sua morte. Le cassette su cui erano state riversate le riprese in due pollici del 1979 vengono prese in carico da Fuori Orario cose (mai) viste, grazie all’amicizia tra enrico ghezzi e Bene. Alcune parti del girato vengono trasmesse nella notte del 5 aprile 2002.
Da allora i nastri sono rimasti in un archivio di Fuori Orario, fino a quando lo scorso anno, durante un trasloco, sono emerse ventotto cassette contenenti tutto il girato utilizzato da Carmelo Bene per montare l’Otello.
[ da https://t.ly/Aalv (L’orecchio mancante) ]
Carmelo Bene 2002 | 2022
Il congedo impossibile
Roma, Teatro Argentina, 21 marzo 2022, ore 19:00
ingresso libero – prenotazione obbligatoria
a cura di:
Luisa Viglietti, Stefania De Santis e l’Associazione L’orecchio mancante
e la collaborazione di:
Tiziano Fario, Andrea Macchia, Davide Ronchieri, Mela Dell’Erba, Emanuele Carlucci, Fulvio Baglivi.
Promosso da:
Roma Culture e Teatro di Roma – Teatro Nazionale
e dall’Associazione L’orecchio mancante
con il contributo di:
Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico
evento fb e prenotazioni: https://facebook.com/events/s/carmelo-bene-2020-i-2022-il-co/287021723547650/
letture in frammenti introdotte da Graziano Graziani:
Tommaso Ragno
da Ulisse di James Joyce, introduce Enrico Terrinoni
Federica Fracassi
da Mille Piani di Gilles Deleuze, Félix Guattari
Marco Foschi
da L’uomo che ride di Victor Hugo
Filippo Timi
da Memorie di un malato di nervi di Daniel Paul Schreber
Silvia Pasello
da Poesie e Prose di Jules Laforgue
Iaia Forte
da La Serata a Colono – parodia di Elsa Morante
Lino Musella
Paolo Mazzarelli
da Il critico come artista di Oscar Wilde
Brani musicali di
Gaetano Giani Luporini
A conclusione della serata la visione dell’opera Carmelo Bene. Un ritratto. di Monica Maurer e Dietrich Shubert, 1971, ‘30 e Becoming Salomè di Monica Maurer, 1971/2022 ‘7.
Martedì 12 novembre, ore 17:00
Teatro Argentina – Sala Squarzina
Largo di Torre Argentina, 22 Roma
Ingresso libero
www.premionazionaleeliopagliarani.it
Il Premio Nazionale Elio Pagliarani, che ha lo scopo di promuovere e valorizzare, nello spirito sperimentale del poeta, la scrittura poetica e la ricerca letteraria che dimostrino qualità creative ed espressive originali nell’innovazione linguistica ideato dall’Associazione Letteraria Elio Pagliarani e promosso da un comitato di cui fanno parte tra gli altri la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS) e Nevio Vici, annuncia i finalisti.
Il premio Elio Pagliarani alla carriera per il 2019, dopo aver insignito Nanni Balestrini, Giulia Niccolai e Carla Vasio, per una volta non va a uno scrittore bensì a un critico, Walter Pedullà, che è però stato “il” critico di Pagliarani: per tutta una vita il suo amico e interprete più fedele e simpatetico. Come sempre il premio consiste di un’opera d’arte originale del nostro tempo, in questa occasione un frottage della serie «Safari» di Elisabetta Benassi, artista ormai riconosciuta a livello internazionale.
Il premio, articolato nelle sezioni Poesia edita, Poesia inedita, Premio alla carriera e Premio all’innovazione tecnologica e fusione dei linguaggi verrà assegnato martedì 12 novembre, ore 17.00, al Teatro Argentina di Roma. Per la sezione Poesia edita, queste le raccolte finaliste dell’edizione 2019: Il commissario Magrelli di Valerio Magrelli (Einaudi), I legni di Laura Pugno (Lieto Colle), Storie del pavimento di Gherardo Bortolotti (TIC edizioni). Per la sezione Poesia inedita, le raccolte finaliste sono: [assemblatz] di Fiammetta Cirilli, Sinapsi di Marilina Ciaco, Saggio sulla paura di Fabrizio Miliucci.
L’opera vincitrice della sezione « Innovazione tecnologica e fusione dei linguaggi» sarà esposta e/o ospitata presso uno dei siti culturali della città di Roma e diffusa nel web a cura dell’Associazione letteraria Elio Pagliarani.
Il premio è una delle attività dell’Associazione letteraria Elio Pagliarani dedicata allo studio della poesia contemporanea.
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programma
Ore 17,00 Saluti Cetta Petrollo Pagliarani, Emanuele Bevilacqua, Antonio Rossi Conduce Maria Grazia Calandrone
Ore 17,20 Presentazione dei finalisti e Lettura di una loro poesia
Ore 17,40 Premiazione alla carriera e Lettura della motivazione.
Elisabetta Benassi consegna il suo omaggio a Walter Pedullà
Ore 18,15 Premiazione del vincitore della sezione innovazione
Ore 18, 30 Premiazione dei vincitori delle sezioni editi ed inediti e Lettura di una loro poesia
Particolarmente difficile il compito della giuria del Premio Pagliarani, quest’anno. Le opere di qualità sono non poche. Ecco l’elenco dei
SELEZIONATI 2019
quinta edizione del Premio nazionale Elio Pagliarani
Sono venti le raccolte di poesia edite e otte inedite selezionate dal comitato organizzativo per concorrere alla quinta edizione del Premio Nazionale Elio Pagliarani che ha lo scopo di promuovere e valorizzare, nello spirito sperimentale del poeta, la scrittura poetica e la ricerca letteraria che dimostrino qualità creative ed espressive originali nell’innovazione linguistica. Quest’anno il premio alla carriera andrà a Walter Pedullà – critico letterario, saggista e giornalista da sempre interprete degli aspetti più innovativi del Novecento, delle tendenze narrative e delle avanguardie storiche – che riceverà un’opera realizzata da Elisabetta Benassi.
Le opere di poesia in lingua italiana pubblicate dal 1° gennaio 2018 al 20 maggio 2019 selezionate sono: Cristina Annino Le perle di Loch Ness, Arcipelago Itaca; Gherardo Bortolotti Storie del pavimento, Tic edizioni; Doris Emilia Bragagnini Claustrofonia, Giuliano Ladolfi editore; Marco Caporali La vita inoperosa, Empiria; Alessandro De Francesco La visione a distanza Arcipelago Itaca; Paolo Febbraro Elenco di cose reali Valigie rosse; Umberto Fiori Il conoscente, Marcos y Marcos; Giovanni Fontana Discrasie, Novecentolibri; Tommaso Giartosio Come sarei felice Einaudi; Rita Iacomino Diario di un finto inverno Empiria; Fabrizio Lombardo Coordinate per la crudeltà Rosada; Valerio Magrelli Il commissario Magrelli Einaudi; Michele Mari Dalla cripta Einaudi; Giulio Marzaioli Il volo degli uccelli Benway Series; Renato Minore Caro pensiero, Nino Aragno; François Nedel Aterre Limite del vero, La Vita felice; Laura Pugno I legni Lieto colle; Silvia Salvagnini Il seme dell’abbraccio, Bompiani Giunti; Italo Testa L’indifferenza naturale, Marcos y Marcos; Ferdinando Tricarico Grand Tour, passeggiate italiane, Editrice Zona.
Le opere di poesia in lingua italiana inedite selezionate sono: Alessia Bronico Amore a posteriori; Eleonora Capone Giovani allegrissimi vogliamo essere; Marilina Ciaco Sinapsi; Fiammetta Cirilli [assemblatz]; Alessandra Cozzani Geografie provvisorie; Stefano Francia Niente d’immortale; Fabrizio Miliucci Saggio sulla paura; Massimo Parolini L’ora di Pascoli.
Il premio che prevede anche un premio “Innovazione tecnologica e fusione dei linguaggi”, vedrà la premiazione finale al Teatro Argentina del Teatro di Roma il prossimo 12 novembre 2019.
da:
http://www.premionazionaleeliopagliarani.it/index.php?it/21/news/47/comunicato-stampa-del-19-giugno-2019
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Roma, Teatro Argentina
OGGI, mercoledì 19 giugno 2019
Dalle 17 alle 23, fra Sala Squarzina e Sala Grande, una kermesse
a cura di alfabeta2: conversazioni letture proiezioni performance e musiche
illustreranno la sua figura tra editoria e comunicazione, politica e società,
immagini e video, poesia e narrativa, musica e teatro.Sala
Intervengono fra gli altri, in ordine di apparizione (più o meno!):
Paolo Fabbri, Gino Di Maggio, Romano Luperini, Renato Parascandolo, Vittorio Pellegrineschi, Renato Barilli e Silvia Ballestra; Franco Berardi “Bifo”, Paolo Virno e Francesco Raparelli; Valentina Valentini, Michele Emmer, Paolo Bertetto, Gianfranco Baruchello, Carla Subrizi, Achille Bonito Oliva, Patrizio Peterlini e Manuela Gandini; Roberto D’Agostino; Alberto Capatti; Flavia Mastrella e Antonio Rezza; Fausto Curi e Niva Lorenzini; Rachel Kushner; Giovanni Fontana, Cecilia Bello Minciacchi, Marco Giovenale e Michele Zaffarano; Silvia Tripodi; Tommaso Ottonieri, Marco Palladini ed Emanuele Trevi; Gilda Policastro e Cetta Petrollo Pagliarani; Florinda Fusco e Franca Rovigatti; Maria Grazia Calandrone, Laura Cingolani, Fiammetta Cirilli, Elisa Davoglio, Fabio La Piana, Massimiliano Manganelli, Vincenzo Ostuni, Lidia Riviello e Sara Ventroni; Mario Gamba, Alvin Curran, Iaia Forte, Fabrizio Parenti con Josafat Vagni, Ilaria Drago con Luigi Cinque e Gianluca Ruggeri; Peppe Servillo
Conducono
Maria Teresa Carbone e Andrea Cortellessa
Considerate il teatro occidentale degli ultimi secoli: la sua funzione è essenzialmente quella di manifestare ciò che si ritiene segreto (i «sentimenti», le «situazioni», i «conflitti»), nascondendo gli artifici stessi di questa esteriorizzazione (i macchinari, le tele dipinte, il trucco, le sorgenti d’illuminazione). La scena all’italiana è lo spazio di questa menzogna: tutto accade in uno spazio furtivamente dischiuso, sorpreso, spiato, assaporato da uno spettatore celato nell’ombra. Questo spazio è teologico, è lo spazio della Colpa: da un lato, in una luce ch’egli finge di ignorare, sta l’attore – cioè il gesto e la parola –, dall’altro, nel buio della notte, il pubblico, ovvero la coscienza.
Da Affabulazione, di Pier Paolo Pasolini:
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Ombra di Sofocle:
Nel teatro la parola vive di una doppia gloria,
mai essa è così glorificata. E perché?
Perché essa è, insieme, scritta e pronunciata.
È scritta, come la parola di Omero,
ma insieme è pronunciata come le parole
che si scambiano tra loro due uomini al lavoro,
o una masnada di ragazzi, o le ragazze al lavatoio,
o le donne al mercato – come le povere parole insomma
che si dicono ogni giorno, e volano via con la vita:
le parole non scritte di cui non c’è niente di più bello.
Ora, in teatro, si parla come nella vita.
[…]
Se fossi stato solo un poeta,
te lo spiegherei con le sole parole!
Ma io sono più che un poeta; perciò
le parole non mi bastano; occorre che tu,
tuo figlio, lo veda come a teatro; occorre che tu completi
l’evocazione della parola con la presenza di lui,
in carne e ossa, magari mentre nudo fa l’amore
– o qualcuno di analogo a lui e, comunque anch’esso
in carne e ossa – con le sue membra scoperte.
Devi vederlo, non solo sentirlo;
non solo leggere il testo che lo evoca,
ma avere lui stesso davanti agli occhi. Il teatro
non evoca la realtà dei corpi con le sole parole
ma anche con quei corpi stessi…
Padre:
Ebbene?
Ombra di Sofocle:
L’uomo si è accorto della realtà
solo quando l’ha rappresentata.
E niente meglio del teatro ha mai potuto rappresentarla.
[…]
Padre:
Se le parole non bastano… c’è la realtà…
[…]
*
Sono qui, in Affabulazione, offerte le stesse osservazioni – chiaramente di origine aristotelica – che Pasolini fa, a proposito del cinema, in Empirismo eretico. Il carattere ostensivo tanto del teatro quanto del cinema è in linea di massima una sorta di verità autoevidente. Come il cinema, anche il teatro – pur se in misura diversa o ridotta – presenta il reale attraverso il reale. (So bene che i valori compressi o precipitati nel verbo «presenta» sono connotati alla radice da uno sguardo maschile). (Continuo, sapendolo).
In Affabulazione siamo però – in tutta evidenza – entro un teatro del tempo, della durata cronologica, della localizzazione. Siamo nel libero uso di (o in una teoria che comunque fa riferimento a) unità aristoteliche, appunto. Né disindividuazione né fuga dalla trama né dominio dei significanti sembrano in campo. Se il padre urla (e non balbetta) in scena, anche questo urlare è un significato. La pellicola lineare, la tessitura, trama, non salta. Né si è di fronte a uno smembramento vocalico puro di qualcosa che poteva pretendere di preesistere alla distruzione. Siamo semmai all’integro, integerrimo; ci troviamo in compagnia di realia pressoché intatti, per quanto ideologicamente (dati come) corrotti, che vengono significati da altri realia ancora – non meno integrali, nelle loro caratteristiche formali. E comunicative.
Comunicano, fra l’altro la realtà della regalità del figlio. Il regicida, nel rovesciamento pasoliniano, è infatti il padre. Il padre abbatte il vitalismo non solo del proprio figlio, ma di una generazione intera che si rifiuta perfino di interessarsi all’uccisione dei genitori. Il vecchio potere così anticipa, sopravanza e schiaccia il possibile o impossibile nuovo.
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[Parentesi di domanda (a Pasolini, forse). Perché replicare – sia pure dal rovescio – la finzione quotidiana dell’impalcatura del reale, le convenzioni e convinzioni, in letteratura, in poesia? La scrittura non è semmai precisamente l’allontanamento? O, almeno, un allontanamento? È il bersaglio che si allontana e costringe l’osservatore-arciere a corrergli dietro, raddoppiando, moltiplicando la difficoltà del tiro. L’oggetto testuale è dietro un orizzonte non piatto, ma dovuto a (costituito da) una curvatura]
*
Se da un lato Pasolini e il teatro di dizione-parola-rappresentazione-realtà-contenuto (o oggi un teatro pop, o stancamente neo-artaudiano, o di narrazione) operano un raddoppiamento del reale, del reale interpretato, fanno mimesi del falso, o del costruito, dunque falsificazione al quadrato, almeno Pasolini studiava come inserire in tutto ciò il plastico (nelle troppe accezioni) che avrebbe minacciato e minato – a suo dire – quella fictio(n). Il trucco antitrucco.
Pasolini nella sua opera dava insomma, al (presunto) contenitore retorico semistabile (borghese), taluni contenuti instabili e aggressivi che supponeva lo avrebbero fatto saltare. (O: che Pasolini per primo vendeva a se stesso come capaci di farlo saltare).
Il teatro dell’aneddoto invece, quello dei contenuti-contenuti, specie se fatto da quelli che Bene chiamava caratteristi (oggi magari macchiettisti), era ed è spettacolo pieno (e spettacolo di uno spettacolo che ormai hanno/abbiamo introiettato: il falso essendo un momento di quel che chiamammo e chiamiamo vero).
A questo punto, da cosa sentire diversità? Da che punto del problema teatro far scattare la tagliola del problema per la poesia? (O: la tagliola del problema che la poesia in sé è?). (O: saranno questioni o problemi che si parlano e si implicano?).
Forse è, questo, un falso problema. O forse gli va trovata altra forma, esposizione. Personalmente qui solo un cenno:
i testi in versi e prosa portati all’Argentina il 28 marzo scorso (così come il lavoro di Babilonia Teatri, che trovo in qualche modo in risonanza) sono materiale dubbioso, dubitante; non strategicamente ma proprio originariamente umbratile/umbrifero. E, in quanto organismi, si spostano, penso: cioè non vanno verso il cosiddetto pubblico, verso i tiratori. E quell’arciere lì che già correva righe sopra [nella parentesi] deve correre ancora, e di più, se vuole anche solo individuare il segno. Per: spostarsi oltre la curvatura del discorso.
Shelter e In rebus sono testi che non vogliono fare la grazia, al pubblico, della finzione quadra a cui è già avvezzo.
oggi, 28 marzo, nella serie Quaderni di scena, alle 16:45 al Teatro Argentina (Roma), letture di mie poesie da In rebus (Zona) e Shelter (Donzelli).
la raccolta In rebus è in uscita. contiene i testi del premio Antonio Delfini, e altri inediti. un testo era stato letto il 4 marzo a RadioTre (programma “La vita in versi”); è presente anche qui grazie a Nanni Cagnone. il 14 marzo, sempre su RadioTre, nel contesto della trasmissione “Chiodo fisso”, sono andati in onda altri tre frammenti.