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americans in jerusalem are helping kick out palestinians
gideon levy about israeli colonialism and its intentional destruction of any possibility of a “two-state solution” (2016)
>>> lettera aperta di artisti, letterati, intellettuali al mondo della cultura italiana – per la palestina <<<
per sottoscrivere la lettera aperta che segue, utilizzare l’email artistieintellettualipergaza@gmail.com
LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.
Gaza ha superato il punto di collasso: l’ONU ha descritto il suo stato come “apocalittico”. Diciamo basta. Non possiamo parlare di bellezza, di cultura, di musica, di teatro, di cinema, raccontare la storia e le storie dell’uomo, ignorando l’infamia di cui siamo spettatori inerti e impotenti. Di fronte a tutto questo noi artisti, studiosi, intellettuali e operatori culturali possiamo essere ancora e nuovamente comunità, con un ruolo da svolgere. Riteniamo che il nostro compito, oggi più che mai, sia quello di esercitare uno sguardo che creando bellezza, raccontando verità, metta a nudo l’offesa in atto a Gaza e in Cisgiordania, nei confronti non del solo popolo palestinese, ma della intera umanità, perché denunciandola, ci si avvicina ad esercitare anche un altro diritto: il diritto al sogno. Il sogno di una società giusta e pacifica nella quale ogni essere umano possa non soltanto vivere, ma anche esercitare il proprio diritto appunto al sogno, e alla bellezza.
Il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza, secondo gli ultimi rapporti pubblicati da Euro-Med Human Rights Monitor ha superato quota 22.000 (secondo altre fonti ha già toccato la quota 30.000). Fino a martedì 26 dicembre, calcolando anche i morti dispersi sotto le macerie, sono stati uccisi 29.124 palestinesi. La stragrande maggioranza degli uccisi erano civili, tra cui 11.422 bambini, 5.822 donne (numeri che crescono di ora in ora). Più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, o le braccia.
Il 90 per cento degli edifici di Gaza è stata raso al suolo o danneggiato in modo irrecuperabile. I giornalisti uccisi sono 101, il personale santitario tra medici e paramedici ammonta a quota 226. I profughi – a cui è stato intimato di abbandonare entro 24 ore le loro case e spostarsi a Sud in campi profughi “sicuri”, a loro volta bombardati – sono 1.900.000.
Secondo l’inchiesta del New York Times e rilanciata dalla Cnn, Israele a sud di Gaza nelle aree in cui aveva spinto i civili a fuggire dopo l’inizio dell’operazione di terra, ha usato munizioni altamente distruttive che moltiplicano i rischi di vittime civili collaterali. Le bombe in questione sono le MK-84 da 900 chili di peso, le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal Times, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile. I gazawi sono privati di acqua potabile, carburante, energia elettrica, cibo, attrezzature mediche, presidi sanitari. Gli ospedali sono costretti a compiere amputazioni di arti senza anestesia, sempre se intanto non vengono bombardati, perché ormai la regola degli israeliani è colpire anche gli ospedali, le scuole, i luoghi di culto, i musei. “Nessun luogo è sicuro” hanno dichiarato i rappresentanti dell’Agenzia ONU per i rifugiati, quelli sopravvissuti alla strage che “l’esercito più morale del mondo” (come si autodefinisce) ha compiuto e compie quotidianamente, anche del personale ONU (finora circa 140 uccisi). Centinaia di civili arrestati, denudati, umiliati dai soldati israeliani. E mentre l’esodo forzato dei palestinesi prosegue, governanti di Israele dichiarano, tranquillamente, che annetteranno il territorio di Gaza, e che i palestinesi se ne devono andare, addirittura qualcuno ha ipotizzato l’America Latina.
Nei giorni scorsi sono stati trucidati dall’IDF tre ostaggi israeliani mentre sventolavano bandiera bianca, perché creduti palestinesi. Il che si traduce nella candida ammissione che l’esercito israeliano spara anche ai civili palestinesi, senza preoccuparsi, il che del resto è accaduto anche nella fatidica giornata del 7 ottobre. L’Agenzia ONU per i rifugiati denuncia Israele per aver bombardato un convoglio di aiuti umanitari, che percorreva una strada indicata dalle forze israeliane come sicura.
Questa catastrofe (che non a caso è il significato preciso, drammatico della parola “Nakba”, per i palestinesi) non è un evento “naturale”, è invece frutto di scelte, di azioni determinate e perseguite lucidamente. Ciò che accade in Palestina è sconvolgente, inumano, inammissibile sotto ogni riguardo. Noi stiamo assistendo non ad una guerra, ma allo sterminio premeditato di un popolo inerme. È l’abominio che, attraverso l’ennesimo travestimento semantico, si camuffa da “diritto alla difesa”.
Di fronte a tutto ciò riteniamo che la neutralità, l’equidistanza corrispondano a una forma di complicità: ma anche il silenzio è una forma di connivenza con chi opprime, chi distrugge, chi imprigiona, chi uccide, con chi stermina indiscriminatamente persone “fragili”: anziani, donne, bambini. Come ha detto Papa Francesco, questo del 2023 è stato “Il Natale di Erode”. E il nostro cuore è gonfio di sdegno, ma non vogliamo più accontentarci di questo, vogliamo mobilitarci e invitare alla mobilitazione.
Perciò noi sottoscritti, ci uniamo e intendiamo mobilitarci per chiedere:
– Il cessate il fuoco permanente a Gaza per impedire che lo sterminio prosegua con altre decine di migliaia di uccisioni indiscriminate di civili palestinesi, e che i palestinesi siano costretti ad abbandonare Gaza, il suo territorio, le sue acque.
– La denuncia inequivocabile dei crimini che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza, ed il rifiuto della logica giustificante dell’ingannevole frase “Israele ha diritto a difendersi”. Non ci si difende annientando un popolo inerme e incarcerato in un fazzoletto di terra, sottoposto a un blocco atroce che dura da un ventennio.
– Il diritto di esprimere liberamente, sulla base delle nostre conoscenze e delle nostre sensibilità di artisti e intellettuali, analisi e valutazioni della crisi in atto in Medio Oriente, a cominciare dalla denuncia che tutti noi abbiamo fatto per gli aspetti feroci dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, consapevoli che quella ferocia che condanniamo non che è l’altra faccia della medaglia: l’occupazione abusiva e la pratica dell’apartheid da parte del governo israeliano.
– Il diritto di non accettare più in nessuna forma il ricatto della Shoah, la speculazione politica da parte del sionismo, e di non avere paura dell’accusa grottesca di “antisemitismo”, accusa che senza pudore anche oggi, per ignoranza o malafede, viene riproposta contro chiunque osi denunciare il genocidio in atto contro il popolo palestinese.
– L’incriminazione di Benjamin Netanyahu (e dei suoi ministri) come da poco ha fatto il Sudafrica, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per crimini di guerra e contro l’umanità ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite.
– Proprio come i firmatari del primo appello in difesa del capitano Alfred Dreyfus, guidati da Emile Zola nel 1894, come artisti e intellettuali, noi riteniamo di avere il diritto ma anche il dovere di scendere in campo. Di uscire dal silenzio, e di invitare tutti i nostri sodali a fare altrettanto. Per questa ragione, con la firma di questa lettera, proclamiamo l’impegno a progettare insieme strategie, eventi, articoli, testi poetici o narrativi, spettacoli, performances artistiche, drammaturgiche, cinematografiche e musicali, che facciano sì che questa lettera non sia un mero sfogo, ma una chiamata a raccolta, un momento di inizio: siamo qui per restare, e agire: vogliamo essere voce e non complice silenzio.
Ci diamo appuntamento ad un prossimo raduno in forma virtuale, per ora, su una piattaforma che ce lo consenta, per definire collettivamente tali strategie.
Promotori:
Angelo d’Orsi, Storico, Giornalista, Organizzatore culturale
Alessandro Negrini, Regista
PER ADERIRE ALLA LETTERA APERTA:
artistieintellettualipergaza@gmail.com
lettera aperta di artisti, letterati, intellettuali al mondo della cultura italiana – per la palestina
LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.
Gaza ha superato il punto di collasso: l’ONU ha descritto il suo stato come “apocalittico”. Diciamo basta. Non possiamo parlare di bellezza, di cultura, di musica, di teatro, di cinema, raccontare la storia e le storie dell’uomo, ignorando l’infamia di cui siamo spettatori inerti e impotenti. Di fronte a tutto questo noi artisti, studiosi, intellettuali e operatori culturali possiamo essere ancora e nuovamente comunità, con un ruolo da svolgere. Riteniamo che il nostro compito, oggi più che mai, sia quello di esercitare uno sguardo che creando bellezza, raccontando verità, metta a nudo l’offesa in atto a Gaza e in Cisgiordania, nei confronti non del solo popolo palestinese, ma della intera umanità, perché denunciandola, ci si avvicina ad esercitare anche un altro diritto: il diritto al sogno. Il sogno di una società giusta e pacifica nella quale ogni essere umano possa non soltanto vivere, ma anche esercitare il proprio diritto appunto al sogno, e alla bellezza.
Il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza, secondo gli ultimi rapporti pubblicati da Euro-Med Human Rights Monitor ha superato quota 22.000 (secondo altre fonti ha già toccato la quota 30.000). Fino a martedì 26 dicembre, calcolando anche i morti dispersi sotto le macerie, sono stati uccisi 29.124 palestinesi. La stragrande maggioranza degli uccisi erano civili, tra cui 11.422 bambini, 5.822 donne (numeri che crescono di ora in ora). Più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, o le braccia.
Il 90 per cento degli edifici di Gaza è stata raso al suolo o danneggiato in modo irrecuperabile. I giornalisti uccisi sono 101, il personale santitario tra medici e paramedici ammonta a quota 226. I profughi – a cui è stato intimato di abbandonare entro 24 ore le loro case e spostarsi a Sud in campi profughi “sicuri”, a loro volta bombardati – sono 1.900.000.
Secondo l’inchiesta del New York Times e rilanciata dalla Cnn, Israele a sud di Gaza nelle aree in cui aveva spinto i civili a fuggire dopo l’inizio dell’operazione di terra, ha usato munizioni altamente distruttive che moltiplicano i rischi di vittime civili collaterali. Le bombe in questione sono le MK-84 da 900 chili di peso, le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal Times, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile. I gazawi sono privati di acqua potabile, carburante, energia elettrica, cibo, attrezzature mediche, presidi sanitari. Gli ospedali sono costretti a compiere amputazioni di arti senza anestesia, sempre se intanto non vengono bombardati, perché ormai la regola degli israeliani è colpire anche gli ospedali, le scuole, i luoghi di culto, i musei. “Nessun luogo è sicuro” hanno dichiarato i rappresentanti dell’Agenzia ONU per i rifugiati, quelli sopravvissuti alla strage che “l’esercito più morale del mondo” (come si autodefinisce) ha compiuto e compie quotidianamente, anche del personale ONU (finora circa 140 uccisi). Centinaia di civili arrestati, denudati, umiliati dai soldati israeliani. E mentre l’esodo forzato dei palestinesi prosegue, governanti di Israele dichiarano, tranquillamente, che annetteranno il territorio di Gaza, e che i palestinesi se ne devono andare, addirittura qualcuno ha ipotizzato l’America Latina.
Nei giorni scorsi sono stati trucidati dall’IDF tre ostaggi israeliani mentre sventolavano bandiera bianca, perché creduti palestinesi. Il che si traduce nella candida ammissione che l’esercito israeliano spara anche ai civili palestinesi, senza preoccuparsi, il che del resto è accaduto anche nella fatidica giornata del 7 ottobre. L’Agenzia ONU per i rifugiati denuncia Israele per aver bombardato un convoglio di aiuti umanitari, che percorreva una strada indicata dalle forze israeliane come sicura.
Questa catastrofe (che non a caso è il significato preciso, drammatico della parola “Nakba”, per i palestinesi) non è un evento “naturale”, è invece frutto di scelte, di azioni determinate e perseguite lucidamente. Ciò che accade in Palestina è sconvolgente, inumano, inammissibile sotto ogni riguardo. Noi stiamo assistendo non ad una guerra, ma allo sterminio premeditato di un popolo inerme. È l’abominio che, attraverso l’ennesimo travestimento semantico, si camuffa da “diritto alla difesa”.
Di fronte a tutto ciò riteniamo che la neutralità, l’equidistanza corrispondano a una forma di complicità: ma anche il silenzio è una forma di connivenza con chi opprime, chi distrugge, chi imprigiona, chi uccide, con chi stermina indiscriminatamente persone “fragili”: anziani, donne, bambini. Come ha detto Papa Francesco, questo del 2023 è stato “Il Natale di Erode”. E il nostro cuore è gonfio di sdegno, ma non vogliamo più accontentarci di questo, vogliamo mobilitarci e invitare alla mobilitazione.
Perciò noi sottoscritti, ci uniamo e intendiamo mobilitarci per chiedere:
– Il cessate il fuoco permanente a Gaza per impedire che lo sterminio prosegua con altre decine di migliaia di uccisioni indiscriminate di civili palestinesi, e che i palestinesi siano costretti ad abbandonare Gaza, il suo territorio, le sue acque.
– La denuncia inequivocabile dei crimini che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza, ed il rifiuto della logica giustificante dell’ingannevole frase “Israele ha diritto a difendersi”. Non ci si difende annientando un popolo inerme e incarcerato in un fazzoletto di terra, sottoposto a un blocco atroce che dura da un ventennio.
– Il diritto di esprimere liberamente, sulla base delle nostre conoscenze e delle nostre sensibilità di artisti e intellettuali, analisi e valutazioni della crisi in atto in Medio Oriente, a cominciare dalla denuncia che tutti noi abbiamo fatto per gli aspetti feroci dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, consapevoli che quella ferocia che condanniamo non che è l’altra faccia della medaglia: l’occupazione abusiva e la pratica dell’apartheid da parte del governo israeliano.
– Il diritto di non accettare più in nessuna forma il ricatto della Shoah, la speculazione politica da parte del sionismo, e di non avere paura dell’accusa grottesca di “antisemitismo”, accusa che senza pudore anche oggi, per ignoranza o malafede, viene riproposta contro chiunque osi denunciare il genocidio in atto contro il popolo palestinese.
– L’incriminazione di Benjamin Netanyahu (e dei suoi ministri) come da poco ha fatto il Sudafrica, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per crimini di guerra e contro l’umanità ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite.
– Proprio come i firmatari del primo appello in difesa del capitano Alfred Dreyfus, guidati da Emile Zola nel 1894, come artisti e intellettuali, noi riteniamo di avere il diritto ma anche il dovere di scendere in campo. Di uscire dal silenzio, e di invitare tutti i nostri sodali a fare altrettanto. Per questa ragione, con la firma di questa lettera, proclamiamo l’impegno a progettare insieme strategie, eventi, articoli, testi poetici o narrativi, spettacoli, performances artistiche, drammaturgiche, cinematografiche e musicali, che facciano sì che questa lettera non sia un mero sfogo, ma una chiamata a raccolta, un momento di inizio: siamo qui per restare, e agire: vogliamo essere voce e non complice silenzio.
Ci diamo appuntamento ad un prossimo raduno in forma virtuale, per ora, su una piattaforma che ce lo consenta, per definire collettivamente tali strategie.
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PER ADERIRE ALLA LETTERA APERTA:
artistieintellettualipergaza@gmail.com
chris hedges: “la soluzione finale di israele per i palestinesi” (e altro)
Chris Hedges – La soluzione finale di Israele per i palestinesi
da vedere/ascoltare anche, periodicamente:
https://www.youtube.com/@therealnews/search?query=chris%20hedges%20report
skin, names, memories. the legacy of palestine / mg. 2023
Look at this video:
https://www.threads.net/@bad_pooky/post/C1Zlu9ouo6G/?igshid=NTc4MTIwNjQ2YQ==
1) Palestinian people sometimes give their children the names of cities and places stolen by the israelis.
2) Many Palestinians in Gaza, now, under the israeli bombardments, write the names of their children on their arms or legs, in order to recognize them in case they would be disfigured by the israeli weapons and bombs.
3) The zionist government tries to translate or turn the names of Palestinian places into hebrew, in street signs and on maps. They want to cancel even the linguistic memory of parts of the Palestinian homeland.
The zionists believe in maps, in written rules (racist rules), mad bureaucracy, illegal walls and gates suffocating the actual life of a whole population in the West Bank too.
This population, the Palestinians, in Gaza, write their names and words and sentences on the body of their beloved ones: they preserve their memory not through paper or (unjust) laws, signals, barriers and hate signs, but with the very existence of their bodies, despite of individual deaths and the whole genocidal praxis they are forced to face.
Skin, names, memories. Thanks to these doors Palestine will live and will pass on its values and light.

https://www.palestinechronicle.com/why-do-children-in-gaza-write-their-names-on-their-hands/
(To all the Jew true friends, truly suffering for what’s going on in Palestine: don’t these written names remind you the numbers on the forearms of people in concentration camps?)
the bukra / ghadan fb group
en.
The Arab word for “tomorrow” is “ghadan” or “bukra” (to refer to an event ‘in the future’): the bukra fb group aims at being a (maybe chaotic) archive of news and/or historical data, videos, interviews, documents, about Palestine. For the present and for tomorrow. The page is in English and/or Italian.
https://www.facebook.com/groups/bukra/
A place where you can post and share/repost all the (verified) news and infos about/from Palestine the fb content control system often bans or tries to push out of sight.
Pick up posts, videos, reels, images, pdfs, links from sites, online newspapers, Telegram and WhatsApp channels, Twitter/X, Mastodon, Discord, Instagram, Threads, Tumblr, FB, Reddit, Bluesky or any other (verified, valid) sources and share them here. Multiple or doubled posts are welcome.
.it
La parola araba per “domani” è “ghadan” o “bukra” (in riferimento a un tempo ‘nel futuro’): il gruppo fb bukra vuole essere un archivio (forse caotico) di notizie e/o dati storici, video, interviste, documenti, sulla Palestina. Per il presente e per il futuro. La pagina è in inglese e/o italiano.
https://www.facebook.com/groups/bukra/
Uno spazio dove è possibile pubblicare e condividere/ripubblicare tutte le notizie e le informazioni (verificate) sulla/dalla Palestina che il sistema di controllo dei contenuti di Facebook spesso banna o cerca di mettere fuori portata.
Raccogli post, video, reel, immagini, pdf, link da siti, giornali online, canali Telegram e WhatsApp, Twitter/X, Mastodon, Discord, Instagram, Threads, Tumblr, FB, Reddit, Bluesky o qualsiasi altra fonte (verificata, valida) e condividila qui. Post multipli o reduplicati sono benvenuti.
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“italian arts united for palestine” _ lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in palestina
TESTO IN ITALIANO [scroll for the English text]
PALESTINE: Lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in Palestina
[scroll for ENG]
Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese.
Continua a leggere
8400 years wasted (in israel)
After 8400 years some Israeli people are still considering some HUMANS are not worth a grave, a mourn, and respect.
Look. This second image [see above] shows Israeli police attacking mourners at Al Jazeera journalist’s funeral, Shireen Abu Akleh, “who was shot dead whilst covering a raid. Police fired tear gas and attempted to arrest mourners as they carried her coffin through the streets of Jerusalem. At one point the Israeli forces attacked the pallbearers, causing the coffin to slip and nearly crash to the ground” (SkyNews, May 13th, 2022, https://youtu.be/be8x0MhCzu8 and Guardian News, https://youtu.be/WHqytR_y0I8).
More. On Oct 6th, 2023, “Israeli occupation forces attacked the funeral procession of the young Palestinian Labeeb Dmaidi, 19 y.o., who was shot and killed late in the town of Huwara, south of Nablus at the hands of an Israeli colonist. Following the Friday noon prayers, Israeli military soldiers attacked thousands of mourners heading to the cemetery for burial. Forces attacked mourners with live ammunition, rubber-coated steel bullets, tear gas canisters, and stun grenades, leading to violent confrontations. Two Palestinians were shot and injured; one by a rubber-coated steel bullet in the Jaw area, and the other by live fire in the foot. Dozens of others suffocated due to tear gas inhalation. Forces also attacked journalists at the scene, attacking them with stun grenades and tear gas canisters to prevent media coverage” (WAFA News Agency, https://english.wafa.ps/Pages/Details/137946).
Also consider this third image [see above]. It seems like some Israelis would maybe prefer to mourn a dog’s death rather than that of Palestinian newborn babies. (https://slowforward.net/2023/11/30/5babies-found-dead/, Nov 30th, 2023).
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la situazione in palestina, la posizione di slowforward: i prossimi post
la situazione in Palestina (che esiste, sappiano i lettori sionisti) è di genocidio, e quasi (quasi?) non ha precedenti – anche solo sul piano quantitativo, relativo alle armi impiegate e alle vittime innocenti in una data unità di tempo – per dimensioni e crudeltà.
di conseguenza slowforward, questo sito, che normalmente si occupa di ricerca letteraria, arte contemporanea, glitch, asemic writing, avanguardie e sperimentazione, darà anche notizie relative a quanto sta accadendo in quella parte del medio oriente, visto che una fetta maggioritaria dell’informazione mainstream è – al contrario – centrata su (e obbediente a) quelle che Norman Finkelstein chiama “lacrime di coccodrillo” di quella parte (si spera via via decrescente) dell’elettorato israeliano che ha voluto a capo del suo Stato una compagine di personaggi senza scrupoli.
si offrono qui di séguito alcuni link recenti ae meno recenti episodi e notizie che non hanno bisogno di particolari commenti, e che chiariscono limpidamente i termini delle vessazioni passate e dell’orrore in atto. materiali assai più numerosi sul momento presente possono essere rintracciati quotidianamente sulla bacheca del mio profilo fb.
today, nov 29th, international day of solidarity with the palestinian people
TODAY November 29th, is the International Day of Solidarity with the Palestinian People, and the #BDS movement is calling for an all day social media storm. Our physical and digital actions can be used together to strengthen our demands:
- Permanent ceasefire and lifting the siege to stop Israel’s genocide in Gaza.
- Lawful sanctions on Israel, including a #MilitaryEmbargo.
- Pressure on the International Criminal Court (ICC) to issue arrest warrants for Israeli leaders
Click here for prepared messages and images to use for the social media storm.
Over the last 7 weeks, millions of you have taken to the streets for the largest protests the world has seen in the last 20 years! We are grateful to each one of you who, through your voices and creative actions, have built up unprecedented grassroots power to end Israel’s genocidal war against 2.3 million Palestinians in Gaza. Yet, Western governments are continuing to arm, fund and provide political cover for Israel’s genocide.
We must act urgently to end all state, corporate and institutional complicity with Israel’s genocidal apartheid regime. Palestinian lives and livelihoods literally depend on it. To this end, and as time has shown, BDS is the most effective form of solidarity with the Palestinian liberation struggle.
Today, we call for escalating worldwide peaceful mobilizations and expressions of meaningful solidarity to stop the genocide including:
- Whenever feasible, organizing peaceful disruptions, sit-ins, occupations, etc.
- Disrupting the transport of weapons, or weapon parts, to Israel, including in transit states.
- Pressuring parliaments and governments to cancel existing military-security contracts and agreements with Israel.
- Intensifying #BDS campaigns and campaigns to cut all ties to apartheid Israel and its complicit academic and cultural institutions as well as sports teams.
- Mobilizing your community, trade union, association, church, social network, student government/union, city council, cultural center, etc. to declare itself an Apartheid Free Zone (AFZ).
- Pressuring your elected officials to demand the International Criminal Court (ICC) issue arrest warrants for Israeli leaders. The ICC prosecutor should be replaced if he continues to drag his feet and ignore his legal obligations to stop the genocide
If not now, when?
Unite now to stop #GazaGenocide and dismantle Israeli apartheid
Click here to read the full call to action
BDS
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