Archivio mensile:Ottobre 2025

Distanza tra contesti

pian piano dovrò, penso, un po’ radicalizzare il discorso fatto nel post “distinguere i paradigmi” (https://slowforward.net/2025/10/16/distinguere-i-paradigmi/) perché veramente sembra che le cose non siano (mai) abbastanza chiare. per quanto si spieghi, non è mai sufficiente.
la distanza tra il contesto ancora noto come “poesia” e l’infinita iridescenza dei linguaggi che attraversano il (e sono attraversati dal) senso è veramente abissale. e sembra che l’italia sia tra i paesi meno disposti a rendersene conto.

[https://noblogo.org/differx/pian-piano-dovro-penso-un-po-radicalizzare-il-discorso-fatto-nel-post]

13 maggio 2025: la devastazione di Gaza attraverso le immagini di googlemap

ovviamente le immagini sono ferme, in questo post, a cinque mesi fa:

la devastazione a Gaza, a maggio 2025

altre foto qui: https://www.lindipendente.online/2025/05/13/la-devastazione-di-gaza-vista-attraverso-le-immagini-di-google-earth/

oggi, 15 ottobre, la distruzione è enormemente più grave, estesa, e non sembra interrompersi.

complimenti al Premio Liquore di poesia e a bper

e comunque complimenti al Premio Liquore di poesia, che apre la serata della premiazione, l’8 ottobre, con le poesie palestinesi, e però è finanziato da Bper, banca che con SGR Arca Fondi ancora al 31 luglio deteneva “titoli di guerra” israeliani per 195 milioni di euro.

https://www.facebookripresa aerea della devastazione operata da izrahell a Gaza.com/share/v/17511XUPKJ/

https://altreconomia.it/le-banche-e-i-titoli-di-guerra-israeliani-il-caso-dellitaliana-bper/

https://www.assopacepalestina.org/2025/04/03/le-banche-e-i-titoli-di-guerra-israeliani-il-caso-dellitaliana-bper

#premiostregapoesia
#genocidio
#Gaza
#Palestina

una mail da ‘ultima generazione’, sul boicottaggio dei consumi, l’11 ottobre

ricevo da ultima generazione e volentieri condivido:
_

Sabato 11 Ottobre in tutta Italia abbiamo segnato il via al boicottaggio dei supermercati. Ci siamo ritrovati per celebrare a Roma, Torino, Milano e Bologna. Tra tavoli imbanditi, musica, chiacchiere e cibo condiviso, abbiamo respirato la possibilità concreta di un altro modo di vivere. Chi ha portato cibo, chi il tempo di ascoltare e chi la voce per tracciare una visione. In queste piazze abbiamo ritrovato la forza del mutuo aiuto, la gioia dello stare insieme e la consapevolezza che ogni gesto può essere politico.

Abbiamo riscoperto che boicottare non significa solo rinunciare. Significa ripensare le relazioni tra di noi ma soprattutto con chi produce, è un atto collettivo di liberazione e costruzione. Con noi infatti c’erano alcune delle realtà che hanno aderito al boicottaggio. Perché non siamo da soli in questo boicottaggio: oltre alle 65.000 persone che boicottano, in questo cammino ci accompagnano realtà che si occupano di agricoltura alternativa, di sovranità alimentare e di economia solidale.

Boicottare il consumo significa rompere l’automatismo che ci lega a un sistema che devasta il pianeta, sfrutta le persone e distrugge il senso di comunità. Ogni euro speso alimenta un modello che mette il profitto prima della vita.
Tutti questi gruppi sono entrati in azione perché non ne possono più. Mentre i grandi supermercati si espandono e fanno profitti record, tanti braccianti continuano a lavorare in condizioni disumane, centinaia di piccole aziende agricole chiudono ogni anno e la gente fatica a riempire il carrello.

Queste alleanze rafforzano la nostra capacità di mettere pressione sul governo affinché si attivi ad aiutare la popolazione invece di privilegiare le lobby delle armi e dell’agroalimentare.

Boicottare non è un gesto individuale: è una scelta collettiva che cresce solo se la si pratica insieme, sostenendosi a vicenda, resistendo allo stesso tempo all’isolamento e alla solitudine.

Riusciremo a farlo crescere, sabato dopo sabato, e diventerà uno strumento di pressione fortissimo: un segnale chiaro a chi governa e alle aziende che vogliamo un cambiamento reale.

Nel frattempo, grazie per aver deciso di farne parte e boicotta anche sabato prossimo.

P.S.: qui l’elenco completo delle associazioni che aderiscono al nostro boicottaggio.

xi edizione del premio di poesia elio pagliarani: sintesi delle informazioni

UNDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO NAZIONALE DI POESIA ELIO PAGLIARANI
Bando e regolamento sono pubblicati sul sito e su fb.
La scadenza per l’iscrizione degli autori è il 15 gennaio 2026, ore 12.

tuttte le informazioni agli indirizzi
e
chi desidera condividere la notizia può trovarla anche su
aggiornamenti e comunicati saranno di volta in volta disponibili nella cartella Mega 

Sostenere le librerie indipendenti: iniziando da ‘Mannaggia’, di Perugia, che ha un ricchissimo catalogo online e spedisce in tutta italia

La libreria Mannaggia ha un sito finalmente! e SPEDISCE IN TUTTA ITALIA! ... solo da MANNAGGIA è possibile trovare praticamente TUTTA l'editoria di qualità e le collane indipendenti che fanno la buona anzi l'ottima letteratura

La libreria Mannaggia ha un sito che SPEDISCE IN TUTTA ITALIA! … solo da MANNAGGIA è possibile trovare praticamente TUTTA l’editoria di qualità e le collane indipendenti che fanno la buona anzi l’ottima letteratura.

“Nel negozio online di Mannaggia potrete esplorare il nostro catalogo, con migliaia di titoli pubblicati da editori indipendenti, fare i vostri acquisti e riceverli a casa. Vi basterà seguire questo link: https://mannaggialibreria.sumupstore.com/

Il sito sarà costantemente aggiornato con nuovi titoli e nuove case editrici, quindi non perdetelo di vista”. Ecco :

Continua a leggere

David Hearst (from ‘Middle East Eye’) on the actual victory of the US-israel criminals

https://www.facebook.com/share/v/17W7L3WNyi/

the Arab States and their betrayal.

the isolation of the Palestinian people.

the ‘edited’ agreement: the UN one was different from the actual White House one.

La liberazione degli ostaggi palestinesi detenuti da israele (un articolo di Paolo Consiglio)

Paolo Consiglio (da https://www.facebook.com/share/1D7QB2pHbL/)

Ramallah e Khan Younis, oggi, nel totale silenzio delle TV occidentali, tornano i prigionieri palestinesi, ma non c’è più una casa dove tornare.

Mentre i media celebrano il ritorno degli ostaggi israeliani, a Ramallah e Khan Younis migliaia di palestinesi escono dalle carceri israeliane dopo anni di detenzione amministrativa. Li aspettano le rovine, non le telecamere.

A Ramallah e Khan Younis la folla si è riversata per le strade come un fiume umano. Madri che piangono, fratelli che si stringono, figli che non ricordavano più il volto dei propri padri. Sono le prime immagini che arrivano dopo la liberazione di oltre 1.700 prigionieri politici palestinesi, rilasciati da Israele nell’ambito della tregua seguita al cessate il fuoco.

Sono tornati in patria accolti come eroi, come fratelli, come figli perduti.

Hanno passato anni nelle carceri israeliane, spesso senza processo, senza accuse formali, in quella che le organizzazioni internazionali definiscono “detenzione amministrativa”: un limbo legale dove la libertà è sospesa e il diritto non esiste.

Eppure, di loro, quasi nessuno parla.

Mentre i telegiornali occidentali trasmettono in loop le immagini degli ostaggi israeliani liberati, sorridenti e assistiti dalla Croce Rossa, i prigionieri palestinesi vengono scaricati dai pullman in mezzo a una folla commossa, ma invisibile agli occhi del mondo. Nessuna intervista, nessuna visita medica documentata, nessun servizio speciale.

Il silenzio mediatico è assordante.

La differenza di trattamento è lampante: gli ostaggi israeliani vengono accolti come simboli di libertà, i palestinesi liberati come sospetti, come ombre. Ma molti di loro non hanno mai imbracciato un’arma: sono giornalisti, studenti, attivisti, madri, ragazzi arrestati durante manifestazioni.

Hanno trascorso anni dietro le sbarre senza sapere di cosa fossero accusati.

E ora che tornano, non trovano più una casa.

Perché le loro case sono diventate macerie. Le strade dove giocavano da bambini non esistono più. Molti dei loro familiari sono morti nei bombardamenti. La Striscia di Gaza è un cimitero di polvere e macerie, non un luogo dove ricominciare.

Eppure il mondo applaude altrove.

Il doppio standard occidentale è diventato insopportabile:

per gli uni ogni parola è compassione, per gli altri ogni parola è sospetto.

Si parla di “ostaggi israeliani” con toni commossi, e di “prigionieri palestinesi” con distacco tecnico. Ma la verità è semplice: molti di questi prigionieri sono considerati da organizzazioni per i diritti umani ostaggi di un’occupazione militare, vittime di un sistema che usa la detenzione preventiva come strumento politico.

E allora, guardando le immagini che arrivano da Ramallah e Khan Younis, non si può restare indifferenti.

Quella folla che grida e piange non celebra la vendetta, ma la sopravvivenza.

Ogni abbraccio, ogni lacrima, ogni gesto di vittoria è un atto di resistenza alla disumanizzazione.

Perché la libertà — quella vera — non ha confini, né appartenenze.

Ha solo un volto: quello di chi, uscendo da una prigione, rivede il cielo.

Eppure, anche oggi, nei notiziari italiani non c’è spazio per loro.

Perché raccontarli significherebbe riconoscere che la giustizia non è uguale per tutti.

E questa, in tempi come questi, sembra essere la verità più indicibile di tutte.

Paolo Consiglio 

 

Fonti principali:

– Al Jazeera English, 13 ottobre 2025: “Thousands gather in Ramallah and Khan Younis to welcome released Palestinian detainees.”

– Reuters, 13 ottobre 2025: “Israel releases over 1,700 Palestinian prisoners amid ceasefire deal.”

– Haaretz, 13 ottobre 2025: “Families of Palestinian detainees celebrate their return as media focus remains on Israeli hostages.”

– Ufficio ONU per gli Affari Umanitari (OCHA): “Humanitarian Situation Report – Gaza and West Bank, ottobre 2025.”

– Addameer Prisoner Support and Human Rights Association: dati aggiornati sulle detenzioni amministrative israeliane.

Continua a leggere