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“poesia per il pubblico”: generazioni e differenze (in poesia, scrittura, politica), a-k

Sulla scorta degli interventi di Elisa Donzelli (LPLC, 23 gen. 2022) e di Lorenzo Mari (Argo, 17 feb. 2022) a proposito della generazione dei nati nell’arco di tempo 1968-1980, interventi che considero qui letti e meditati, aggiungo poche brevi riflessioni.

Si tratta di appunti verso un possibile saggio, non di osservazioni strutturate:

A_
Un numero consistente di autori nati dopo il 1968 non si è trovato affatto al di fuori di una ipotesi (verificabile, a volte contraddittoria, ma pure reale) di comunità, talvolta non solo letteraria ma anche politica. Penso ai genovesi del gruppo Bibhicante (Fabrizio Venerandi, Donald Datti, Paola Malaspina e Gianluca Seimandi), agli autori che si riunivano nei primissimi anni Novanta sotto la sigla LARP (Laboratorio Aperto di Ricerca Poetica, a cui partecipavano, tra gli altri, Vincenzo Ostuni, Laura Pugno, Lidia Riviello, Simone Caltabellota, Marco Cassini, Michele Fianco), al collettivo Sparajurij (cfr. qui), alla redazione della rivista bolognese “Versodove”, all’esperimento àkusma (1999-2003, fondato da Giuliano Mesa), alla redazione di gammm, al gruppo raccolto intorno a siti come Nazione indiana o Absolute poetry, all’ensemble EscArgot (che intorno al 2009 prendeva appunto nome dal centro sociale ESC nel quartiere San Lorenzo, a Roma, ed era composto originariamente da Maria Grazia Calandrone, Maria Teresa Carbone, Andrea Cortellessa, Elisa Davoglio, Michele Fianco, Francesca Fiorletta, Marco Giovenale, Massimiliano Manganelli, Giulio Marzaioli, Tommaso Ottonieri, Cetta Petrollo, Vincenzo Ostuni, Gilda Policastro, Lidia Riviello, Sara Ventroni).

Emilio Villa e Corrado Costa, dall’archivio di Pari & Dispari, di Rosanna Chiessi _ https://www.pariedispari.org/

Nel testo 6070 (uscito nel 2020 su OperaViva ma scritto parecchi anni prima), ho fatto per me, inoltre, l’esempio congiunto della rivista “Babele” e del movimento della Pantera, a cui dovrei accorpare una collaborazione e dialogo di non breve durata con le riviste “Private” e “Il Segnale”. (P. es.: nel 1997 ho curato, sulle migrazioni e sul passaggio come identità, e in modo tentativamente non ‘neorealista’, un numero di “Private” intitolato Identità di transito, di cui si può avere un succinto saggio qui: https://www.privatephotoreview.com/1997/09/11-identita-di-transito/).

B_
Mi domando – tornando al documento su LPLC di Elisa Donzelli – se il forte legame con la scrittura poetica dei “nonni” Sereni e Fortini piuttosto che con padri assenti (o non visibili) si debba principalmente a una unicità indubitabile / totalmente inaggirabile dei due poeti, e non anche o soprattutto all’unione di tre fattori:

(1) la scelta, da parte dell’editoria di grande distribuzione, di privilegiare unicamente la lirica, o meglio le scritture assertive; (2) la scomparsa tra fine anni Settanta e metà Novanta di un numero impressionante di persone cruciali e autori definibili sperimentali: Vittorio Reta, morto nel 1977; Demetrio Stratos, 1979; Italo Calvino, 1985; Adriano Spatola, 1988; Enrico Filippini, 1988; [Antonio Porta, 1989]; Giorgio Manganelli, 1990; Carmelo Samonà, 1990; Achille Cavellini, 1990; Corrado Costa, 1991; Patrizia Vicinelli, 1991; Luciana Arbizzani, 1991; Valerio Miroglio, (1991); [Pier Vittorio Tondelli, 1991]; Stefano D’Arrigo, 1992; Germano Lombardi, 1992; Silvano Martini, 1992; Gianni Sassi, 1993; Giovanni Testori, 1993; Antonio Neiwiller, 1993; Luigi Pasotelli, 1993; Paolo Volponi, 1994; Luciano Anceschi, 1995; Franco Beltrametti, 1995; Giuseppe Guglielmi, 1995; Anna Malfaiera, 1996; Edoardo Cacciatore, 1996; [Amelia Rosselli, 1996]; Giordano Falzoni, 1998; Toti Scialoja, 1998; Vincenzo Accame, 1999; Renato Pedio, 1999, Annalisa Alloatti, 2000; nel 1986 Emilio Villa era stato colpito da ictus e conseguente afasia; mentre poco fuori dal cerchio degli anni Novanta muoiono Carmelo Bene, Emilio Tadini, Giovanna Sandri e Franco Lucentini, nel 2002, Alice Ceresa e Roberto Sanesi nel 2001; (3) l’uscita di un numero ragguardevole di volumi sereniani, presso Mondadori, a partire da Tutte le poesie, nello Specchio, nel 1986, a tre anni dalla scomparsa dell’autore. (Una seconda edizione è già del 1987). Siamo al centro degli anni Ottanta.

C_
La conclusione del decennio 1971-80 registra ben evidenti segni premonitori di ciò che anche in poesia sarebbe stato il periodo degli Ottanta: anche solo le due edizioni della Parola innamorata, 1979 e 1980, sarebbero sufficienti. Per cosa? Per parlare di ritorno all’ordine (editoriale), come minimo. A cos’altro avrebbe reagito, infatti, il gruppo ’93, se non ad una situazione di sostanziale restaurazione? (Ossia ad un tentativo di fare come se tutte le avanguardie e le sperimentazioni novecentesche, semplicemente, non fossero mai esistite).

D_
Sembra assai difficile, per esempio, soprassedere sulle scelte formali/stilistiche di Mondadori a partire dal decennio seguente la scomparsa di Montale (1981) e Sereni (1983). Tolti i cinque nomi di Zanzotto, Neri, Gramigna, Ballerini e Majorino, ai quali aggiungerei quelli dei ‘fuorilegge’ Zeichen e Bordini, e sicuramente l’hapax Balestrini (Caosmogonia, 2010), credo che un sommario elenco di autori pubblicati nello Specchio in questo trentennio parli da solo, in termini di inclinazione di scrittura (non parlo di qualità ma di modus scribendi): Valduga, Frabotta, Spaziani, Bellezza, Riccardi, Lamarque, Giudici, Conte, Mussapi, Vitale, Raboni, De Angelis, Anedda, Dal Bianco, Bacchini, Cucchi, Risi, Erba, Orelli, Buffoni, Bevilacqua, Zavoli, Benedetti, Pecora, Rondoni, Copioli, Calabrò, Fiori, Villalta, Cerami, Ramat, Deidier, Bona, Theóphilo, Ruffilli. Nulla che anche solo lontanamente accenni a una sintonia con quel formidabile cambio di paradigma che – iniziato tra fine anni Cinquanta e primissimi Sessanta – dopo il ’68 e dopo la selva di sperimentazioni e laboratori anche verbovisivi degli anni Settanta avrebbe continuato a lavorare (esistere!) pur venendo recisamente radicalmente aggredito e negato (per non dire asfaltato) dall’editoria di grande distribuzione e dalla pubblicistica già definibile “generalista”.

E_
Per la “bianca” di poesia Einaudi il 1980 è uno degli anni della ristampa de Gli strumenti umani, di Sereni, e di Foglio di via e altri versi, di Fortini. Tra gli anni Ottanta e la metà dei Novanta escono nella collana libri di Cavalli, Luzi, De Angelis, Orengo, Naldini, Ortesta, Ottieri, Bufalino, Erba, Valduga, Bona, D’Elia, Raboni, Merini, Romano, Piersanti, per arrivare al 1994 di Composita solvantur, testamento di Franco Fortini. Se osserviamo invece la vicenda dei Novissimi, notiamo che il libro nato nel 1961 era stato accolto in Einaudi nel 1965, per arrivare a un'”ultima” edizione (guarda caso) nell’anno-soglia 1979. Si entra poi in un ventennio ben abbondante di assenza dalle librerie italiane. La ristampa successiva porta la data del 2003. (Ed è tutt’ora l’ultima, in senso assoluto – parrebbe).

F_
Ma in casa Garzanti? Dal 1980 al 1995: Penna, Bemporad, Parronchi, Romagnoli, Cerami, Sereni (Stella variabile, opera accresciuta rispetto alla prima edizione comparsa in tiratura limitata), Caproni, Bertolucci, Cima, Canali, Fiore, Mussapi, Ramat, Ruffilli, Levi, Morante, Sanesi, Luzi, Guidacci, Pozzi, Lamarque, Bellezza, Spagnoletti, Turoldo, Giudici, Ottieri, Pasolini, Bacchini, Rebora, Erba, per citare solo alcuni.

G_
Quali autori non allineati trovava in scaffale il lettore ventenne nel 1989-90? Ipocalisse, di Balestrini, era uscita nel 1986 da Scheiwiller (due anni dopo il ‘forzato’ periodo francese dell’autore, 1979-1984). Sempre da Scheiwiller, le Osservazioni sul volo degli uccelli (1988) e nell’87 per Becco giallo Il ritorno della signorina Richmond. La prima edizione dell’Orda d’oro, di Balestrini e Moroni, esce nel 1988. Nel 1989 nasceva a Milano il Gruppo ’93; e, a cura di Mario Lunetta e Franco Cavallo, usciva Poesia italiana della contraddizione, 350 pagine pubblicate non certo da Einaudi, Garzanti o Mondadori, ma da Newton Compton. Ed era in attività un gruppo agguerrito di critici e autori, capaci di tentare di contrastare il kitsch di un orfismo montante, e tuttavia non in grado di stabilire un legame solido con la Francia di Anne-Marie Albiach (classe 1937), Denis Roche (nato anche lui nel ’37), Dominique Fourcade (1938), Emmanuel Hocquard (1940), Danielle Collobert (1940), Claude Royet-Journoud (1941), Christian Prigent (1945), Liliane Giraudon (1946), Jean-Marie Gleize (1946), Anne Portugal (1949), Vannina Maestri (1954), Jacques Sivan (1955), Olivier Cadiot (1956), Éric Houser (1956), Jean-Michel Espitallier (1957), Christophe Tarkos (1963), Nathalie Quintane (1964), Christophe Marchand-Kiss (1964), Charles Pennequin (1965), Jérôme Mauche (1965), e di riviste come “Nioques”, “TXT” , “Java” e molte altre. Quasi tre generazioni di autori passati sotto silenzio. Un legame o scambio avrebbe invece permesso la formulazione di percorsi sperimentali non necessariamente centrati sulla lingua come fucina primaria.
Un geniale Giuliano Mesa pubblicava uno dei suoi libri migliori, I loro scritti, nel 1992 per Quasar.

H_
Cosa trovava in scaffale un lettore ventenne nel 1999-2000? Poco, se non nulla, di quanto appena elencato, in termini di sperimentazione. Molto, invece, da Einaudi e Mondadori (i nomi fatti). Era pressoché trascorsa l’avventura del Gruppo ’93, chiusa la rivista “Baldus” (1990-1996). A dare altri parametri (tuttavia non “d’avanguardia”) rispetto al mainstream poteva pensare nel 1995 la raccolta delle Opere di Carmelo Bene, uscita per Bompiani. Dieci anni prima, nel 1985, era comparsa la seconda edizione del Waste Land di Eliot nella traduzione di Alessandro Serpieri (risalente all’82). L’opera di Umberto Eco proseguiva, sul versante critico-filosofico, in direzioni proficue con tre opere fondamentali come Sugli specchi (1985), I limiti dell’interpretazione (1990) e Kant e l’ornitorinco (1997). In poesia il 1995 era l’anno del meridiano di Vittorio Sereni.
Mancano moltissimi tasselli al quadro, ma i pochi raccolti fin qui immagino diano un quadro limpido della situazione.
Sia chiaro che in questa sede non si oppongono autori di ricerca ad autori assertivi (o non solamente). Si vuole semmai suggerire una banalità di base: i lettori e poi autori che avevano vissuto la propria formazione negli anni Settanta-Ottanta avevano potuto incontrare un’editoria e un quadro di conflitti che i nati successivamente purtroppo non avrebbero avuto a disposizione. (In 6070 faccio l’esempio, credo significativo, degli sceneggiati televisivi fruibili negli anni Settanta, radicalmente diversi rispetto a ciò che avrebbe elargito la tv commerciale nel decennio successivo).

I_
Ci interrogheremo sul ruolo della grande distribuzione libraria per come poi si è configurato tra anni Novanta e anni Zero? Vale la pena ricordare la chiusura delle decine e decine di librerie indipendenti o di catena (Rinascita, per nominarne solo una) negli anni Zero? Quel che è successo dal 1994 a oggi nella politica e nell’economia italiane è del tutto ininfluente sull’asse Mondadori-Einaudi-Rizzoli-Bompiani?

J_
La (mondadoriana) fortunata e meritoriamente ristampatissima antologia di poesia curata da Pier Vincenzo Mengaldo, del 1978 (daccapo: sulla soglia degli anni Ottanta), è stata nei decenni ed è tutt’ora in prima linea nella determinazione di un canone assertivo nelle scritture in versi di secondo Novecento, insieme alle periodiche uscite dell’Almanacco dello Specchio, e all’antologia Cucchi-Giovanardi Poeti italiani del secondo Novecento (Meridiani Mondadori, 1996, alla quarta edizione già nel 2001, sesta nel 2011; e Oscar Mondadori, edizione aumentata, 2004, seconda ristampa 2010).

K_
Un posto particolarmente rilevato dovrebbero occupare, in un resoconto meno lacunoso e sfilacciato di questo, non solo le antologie ‘serie’ (massime le due del 2005, Parola pluraleDopo la lirica) e i tristi tentativi antologici del sottobosco, ma pure i resoconti dei critici che (particolarmente presso Carocci) negli ultimi anni si sono spesi sul campo – appunto – del canone. (Canonizzando quasi sempre il già canonizzato dall’editoria). Ma qui lo spaziotempo e l’energia disponibile si oppongono, e rinvio.

Se nel 1979 crolla il palco dei poeti di Castel Porziano, per eccesso di “pubblico della poesia”, poco dopo entra in scena la “poesia per il pubblico”: la re-poésie, come direbbe Gleize. Le movenze e retoriche dell’assertività.

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esce “aelia laelia e i libri dimenticati” – di silvia bordini (edizioni cambiaunavirgola)

Libri dimenticati sono quelli che rimangono dalla chiusura di Aelia Laelia, la casa editrice fondata nel 1982 da Carlo Bordini insieme a Giorgio Messori, Daniela Rossi e Beppe Sebaste. Ne ricostruisce la storia Silvia Bordini, sullo sfondo di ricordi personali e del clima culturale e ideologico di tempi passati, per delineare un ritratto inedito e intenso del fratello Carlo, scomparso nel 2020.
Aelia Laelia e i libri dimenticati è un tributo a un poeta che si era affermato nel mondo letterario «in una maniera appartata, tenace e selettiva tutta sua» e che aveva dato vita a un’avventura editoriale i cui protagonisti «volevano essere diversi, autonomi dalle maglie del sistema letterario, liberi di scegliere libri impubblicabili da proporre come libri felici e come doni».

clicca per ingrandire
oppure leggi il pdf della scheda QUI

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il video dell’open day di centroscritture.it : orientarsi nella poesia contemporanea

qui su facebook il video dell’open day di oggi dedicato a spiegare l’attività di centroscritture.it e i contenuti delle attività, dei progetti, degli incontri e dei corsi che stanno per iniziare (il primo questo lunedì, 25 ottobre):

https://www.facebook.com/centroscritture/videos/877371196311741

buona visione

21 ottobre, h. 18:30, open day per i corsi e le attività di centroscritture.it

https://www.facebook.com/centroscritture/

Un’occasione per scoprire il CentroScritture, i corsi online, le attività, gli incontri in presenza e i progetti della stagione 2021-22.
Insieme a Valerio Massaroni e a Marco Giovenale ripercorreremo la storia del centro, esploreremo la filosofia che regge la sua proposta, la programmazione didattica da ottobre 2021 a giugno 2022, gli eventi, il progetto editoriale e le altre iniziative pensate per orientare chiunque legga, scriva, voglia approfondire o semplicemente avvicinarsi alla poesia contemporanea.
L’Open Day è aperto a tutti e sarà trasmesso in diretta live giovedì 21 ottobre 2021 alle ore 18:30 tramite StreamYard sulla pagina Facebook del CentroScritture.

(evento FB: https://www.facebook.com/events/197235155874505)

riassumendo:

cosa: open day di centroscritture.it
quando: giovedì 21 ottobre 2021, alle ore 18:30
con: Valerio Massaroni e Marco Giovenale
come: in videostreaming
dove: https://www.facebook.com/centroscritture/

#poesiacontemporanea #poesia #scritturedelNovecento #poesiainprosa #prosainprosa #oralità #seminari #incontridipoesia #reading #edizionidipoesia #editoriadipoesia #editoria

tipi e sottotipi di editori

Gli editori generalisti sono quasi sempre dei distributori, o sono stati acquistati dalla distribuzione (due cose che comunque si assomigliano).

Sulla poesia, prodotto a vendite bassissime, da anni ormai i costi di stampa e trasporto hanno superato i ricavi. La distribuzione (dunque l’editoria) la considera perlopiù un peso. I discorsi che si fanno, che lamentano una “crisi della poesia”, parlano del vuoto se non tengono in considerazione questo aspetto.

La poesia non in crisi è quella che liscia il pelo alla mediocrità, al lessico inconsapevolmente piatto, manchevole, ai buoni sentimenti (o ai pessimi: è speculare), e che dunque si paga i costi di trasporto da A a B. (E l’eventuale ritorno fallimentare da B ad A).

Le collane di poesia generaliste che resistono sono dunque giocattoli, un po’ costosi, e ogni editore ha i suoi bambini da viziare, e un animatore, sovrintendente.

Voltando pagina, gli editori di progetto (non necessariamente piccoli: pensiamo a quelli che si occupano solo di nicchie tendenzialmente forti, come gli scacchi, il fantasy, la medicina o lo sport) sono tra i pochi che, se fanno numeri abbastanza alti, possono ancora trovare uno spazio nei camion e poi negli scaffali. Ci sono però anche editori di progetto che si occupano di letteratura.

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un numero di “machina” dedicato a nanni balestrini, nel secondo anno della sua scomparsa

In occasione del secondo anniversario della scomparsa di Nanni Balestrini, la rivista on line «Machina», di DeriveApprodi, pubblica un libro a lui dedicato in formato pdf liberamente scaricabile.

In occasione del secondo anniversario della scomparsa di Nanni Balestrini, la rivista on line «Machina», di DeriveApprodi, pubblica un libro a lui dedicato in formato pdf liberamente scaricabile. In occasione del secondo anniversario della scomparsa di Nanni Balestrini, la rivista on line «Machina», di DeriveApprodi, pubblica un libro a lui dedicato in formato pdf liberamente scaricabile. In occasione del secondo anniversario della scomparsa di Nanni Balestrini, la rivista on line «Machina», di DeriveApprodi, pubblica un libro a lui dedicato in formato pdf liberamente scaricabile.

All’impresa, curata da Sergio Bianchi, hanno partecipato 40 autori con interventi incentrati sulle molteplici espressioni che hanno caratterizzato la lunga attività culturale di Balestrini iniziata da giovanissimo negli anni Cinquanta e proseguita fino alla sua scomparsa: poesia, narrativa, cinema, televisione, teatro, musica, pittura, scultura, collage, editoria, impegno politico.

I testi sono accompagnati da un ricco apparato iconografico comprensivo di immagini fotografiche, opere pittoriche e collage.

Gli autori
Nanni Balestrini • Cecilia Bello Minciacchi Franco Berardi Bifo • Paolo Bertetto • Sergio Bianchi • Vincenzo Binetti • Sergio Bologna • Achille Bonito Oliva • Aldo Bonomi • Franco Brambilla • Giuseppe Caliceti • Maria Teresa Carbone • Andrea Cortellessa Beniamino Della Gala • Gino Di Maggio • Giairo Daghini • Giosetta Fioroni • Mario Gamba • Manuela Gandini • Roberto Gelini • Marco Giovenale • Angelo Guglielmi • Niva Lorenzini • Simona La Neve • Giovanna Lo Monaco • Giorgio Mascitelli • Tiziana Migliore • Eugenio Montale • Giuseppe Morra • Toni Negri • Giulia Niccolai • Jaroslav Novák • Tommaso Ottonieri • Claudio Panella • Letizia Paolozzi • Gilda Policastro • Giulia Siquini • Antonio Syxty • Mario Tronti • Cristina Zappa • Giovanni Battista Zorzoli

Beniamino Della Gala • Gino Di Maggio • Giairo Daghini • Giosetta Fioroni • Mario Gamba • Manuela Gandini • Roberto Gelini • Marco Giovenale • Angelo Guglielmi • Niva Lorenzini • Simona La Neve • Giovanna Lo Monaco • Giorgio Mascitelli • Tiziana Migliore • Eugenio Montale • Giuseppe Morra • Toni Negri • Giulia Niccolai • Jaroslav Novák • Tommaso Ottonieri • Claudio Panella • Letizia Paolozzi • Gilda Policastro • Giulia Siquini • Antonio Syxty • Mario Tronti • Cristina Zappa • Giovanni Battista Zorzoli
Franco Berardi Bifo • Paolo Bertetto • Sergio Bianchi • Vincenzo Binetti • Sergio Bologna • Achille Bonito Oliva • Aldo Bonomi • Franco Brambilla • Giuseppe Caliceti • Maria Teresa Carbone • Beniamino Della Gala • Gino Di Maggio • Giairo Daghini • Giosetta Fioroni • Mario Gamba • Manuela Gandini • Roberto Gelini • Marco Giovenale • Angelo Guglielmi • Niva Lorenzini • Simona La Neve • Giovanna Lo Monaco • Giorgio Mascitelli • Tiziana Migliore • Eugenio Montale • Giuseppe Morra • Toni Negri • Giulia Niccolai • Jaroslav Novák • Tommaso Ottonieri • Claudio Panella • Letizia Paolozzi • Gilda Policastro • Giulia Siquini • Antonio Syxty • Mario Tronti • Cristina Zappa • Giovanni Battista Zorzoli

il pdf si può scaricare dalla pagina
https://www.machina-deriveapprodi.com/post/nanni-balestrini-millepiani
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la tradizione del novecento sta a posto. sta a posto così.

Il paradigma (o: la continuazione ad libitum) dellA davvero interminabile “tradizionE del Novecento” non avverte alcun problema di coesistenza. Nega l’altro, e fine così.

Detenendo essa (per diritto d’eredità o per quantità di applicazioni dello ius primae noctis) il potere editoriale, distributivo, pubblicistico (giornalistico=giornalettistico), festivaliero, ufficiosciampistico e premiopolitano; e riuscendo spesso a inserirsi con felice piglio vetero-democristiano anche in redazioni sedi siti e luoghi “non mainstream”, mangia e digerisce bene. Sta nel suo (del resto essendo, il suo, tutto).

Non sente alcun bisogno non dico di riconoscere, ma nemmeno di vedere l’esistenza di un altro paradigma.

Hai voglia a dire che
«C’è una differenza decisiva tra chi sente il rovinìo delle forme esaurite, e ne è pungolato, e chi non se ne accorge e pensa di poterle continuare con manovre persive».
(Alfredo Giuliani, prefaz. 2003 alla ristampa dei Novissimi).

Oppure che
«L’affettività turbata dallo sconvolgimento dei termini di relazione, l’intelligenza che registra la dissociazione degli eventi mediante la distorsione semantica, le conseguenti stesure intrecciate del discorso, i giochi linguistici (neologismi, schizofasie), la similarità tra il linguaggio del sogno e l’espressione della psicosi, la giustapposizione degli elementi di logiche diverse, il linguaggio-sfida, il non-finito: tutto ciò coincide con un’attitudine antropologica che precise condizioni storiche hanno esaltato fino alla costituzione di un linguaggio letterario che fa epoca e da cui non si può tornare indietro».
(Lo stesso, ma nell’introduzione del ’65).

Idem: hai voglia a distinguere fra Copernico e Tolomeo, caro CB: https://slowforward.net/2020/07/30/copernico-vs-tolomeo-carmelo-bene/.

C’è sempre, e prima, una Chiesa con cui fare i conti. Conti che, oltretutto, tiene e conduce e rivede e valida lei.

Non resta che da sperare nei videogiochi e in TikTok.

O, al limite, e senza celia, nell’asemic writing, ma chiaramente più fuori che dentro i confini paesani.

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