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>>> lettera aperta di artisti, letterati, intellettuali al mondo della cultura italiana – per la palestina <<<

per sottoscrivere la lettera aperta che segue, utilizzare l’email artistieintellettualipergaza@gmail.com

LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA  

Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.

Gaza ha superato il punto di collasso: l’ONU ha descritto il suo stato come “apocalittico”. Diciamo basta. Non possiamo parlare di bellezza, di cultura, di musica, di teatro, di cinema, raccontare la storia e le storie dell’uomo, ignorando l’infamia di cui siamo spettatori inerti e impotenti. Di fronte a tutto questo noi artisti, studiosi, intellettuali e operatori culturali possiamo essere ancora e nuovamente comunità, con un ruolo da svolgere. Riteniamo che il nostro compito, oggi più che mai, sia quello di esercitare uno sguardo che creando bellezza, raccontando verità, metta a nudo l’offesa in atto a Gaza e in Cisgiordania, nei confronti non del solo popolo palestinese, ma della intera umanità, perché denunciandola, ci si avvicina ad esercitare anche un altro diritto: il diritto al sogno. Il sogno di una società giusta e pacifica nella quale ogni essere umano possa non soltanto vivere, ma anche esercitare il proprio diritto appunto al sogno, e alla bellezza.

Il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza, secondo gli ultimi rapporti pubblicati da Euro-Med Human Rights Monitor ha superato quota 22.000 (secondo altre fonti ha già toccato la quota 30.000). Fino a martedì 26 dicembre, calcolando anche i morti dispersi sotto le macerie, sono stati uccisi 29.124 palestinesi. La stragrande maggioranza degli uccisi erano civili, tra cui 11.422 bambini, 5.822 donne (numeri che crescono di ora in ora). Più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, o le braccia.

Il 90 per cento degli edifici di Gaza è stata raso al suolo o danneggiato in modo irrecuperabile. I giornalisti uccisi sono 101, il personale santitario tra medici e paramedici ammonta a quota 226. I profughi – a cui è stato intimato di abbandonare entro 24 ore le loro case e spostarsi a Sud in campi profughi “sicuri”, a loro volta bombardati – sono 1.900.000. 

Secondo l’inchiesta del New York Times e rilanciata dalla Cnn, Israele a sud di Gaza nelle aree in cui aveva spinto i civili a fuggire dopo l’inizio dell’operazione di terra, ha usato munizioni altamente distruttive che moltiplicano i rischi di vittime civili collaterali. Le bombe in questione sono le MK-84 da 900 chili di peso, le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal Times, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile. I gazawi sono privati di acqua potabile, carburante, energia elettrica, cibo, attrezzature mediche, presidi sanitari. Gli ospedali sono costretti a compiere amputazioni di arti senza anestesia, sempre se intanto non vengono bombardati, perché ormai la regola degli israeliani è colpire anche gli ospedali, le scuole, i luoghi di culto, i musei. “Nessun luogo è sicuro” hanno dichiarato i rappresentanti dell’Agenzia ONU per i rifugiati, quelli sopravvissuti alla strage che “l’esercito più morale del mondo” (come si autodefinisce) ha compiuto e compie quotidianamente, anche del personale ONU (finora circa 140 uccisi). Centinaia di civili arrestati, denudati, umiliati dai soldati israeliani. E mentre l’esodo forzato dei palestinesi prosegue, governanti di Israele dichiarano, tranquillamente, che annetteranno il territorio di Gaza, e che i palestinesi se ne devono andare, addirittura qualcuno ha ipotizzato l’America Latina.

Nei giorni scorsi sono stati trucidati dall’IDF tre ostaggi israeliani mentre sventolavano bandiera bianca, perché creduti palestinesi. Il che si traduce nella candida ammissione che l’esercito israeliano spara anche ai civili palestinesi, senza preoccuparsi, il che del resto è accaduto anche nella fatidica giornata del 7 ottobre. L’Agenzia ONU per i rifugiati denuncia Israele per aver bombardato un convoglio di aiuti umanitari, che percorreva una strada indicata dalle forze israeliane come sicura.

Questa catastrofe (che non a caso è il significato preciso, drammatico della parola “Nakba”, per i palestinesi) non è un evento “naturale”, è invece frutto di scelte, di azioni determinate e perseguite lucidamente. Ciò che accade in Palestina è sconvolgente, inumano, inammissibile sotto ogni riguardo. Noi stiamo assistendo non ad una guerra, ma allo sterminio premeditato di un popolo inerme. È l’abominio che, attraverso l’ennesimo travestimento semantico, si camuffa da “diritto alla difesa”.

Di fronte a tutto ciò riteniamo che la neutralità, l’equidistanza corrispondano a una forma di complicità: ma anche il silenzio è una forma di connivenza con chi opprime, chi distrugge, chi imprigiona, chi uccide, con chi stermina indiscriminatamente persone “fragili”: anziani, donne, bambini. Come ha detto Papa Francesco, questo del 2023 è stato “Il Natale di Erode”. E il nostro cuore è gonfio di sdegno, ma non vogliamo più accontentarci di questo, vogliamo mobilitarci e invitare alla mobilitazione.

Perciò noi sottoscritti, ci uniamo e intendiamo mobilitarci per chiedere:

– Il cessate il fuoco permanente a Gaza per impedire che lo sterminio prosegua con altre decine di migliaia di uccisioni indiscriminate di civili palestinesi, e che i palestinesi siano costretti ad abbandonare Gaza, il suo territorio, le sue acque.

 – La denuncia inequivocabile dei crimini che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza, ed il rifiuto della logica giustificante dell’ingannevole frase “Israele ha diritto a difendersi”. Non ci si difende annientando un popolo inerme e incarcerato in un fazzoletto di terra, sottoposto a un blocco atroce che dura da un ventennio.

– Il diritto di esprimere liberamente, sulla base delle nostre conoscenze e delle nostre sensibilità di artisti e intellettuali, analisi e valutazioni della crisi in atto in Medio Oriente, a cominciare dalla denuncia che tutti noi abbiamo fatto per gli aspetti feroci dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, consapevoli che quella ferocia che condanniamo non che è l’altra faccia della medaglia: l’occupazione abusiva e la pratica dell’apartheid da parte del governo israeliano. 

– Il diritto di non accettare più in nessuna forma il ricatto della Shoah, la speculazione politica da parte del sionismo, e di non avere paura dell’accusa grottesca di “antisemitismo”, accusa che senza pudore anche oggi, per ignoranza o malafede, viene riproposta contro chiunque osi denunciare il genocidio in atto contro il popolo palestinese.

L’incriminazione di Benjamin Netanyahu (e dei suoi ministri) come da poco ha fatto il Sudafrica, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per crimini di guerra e contro l’umanità ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite.

Proprio come i firmatari del primo appello in difesa del capitano Alfred Dreyfus, guidati da Emile Zola nel 1894, come artisti e intellettuali, noi riteniamo di avere il diritto ma anche il dovere di scendere in campo. Di uscire dal silenzio, e di invitare tutti i nostri sodali a fare altrettanto. Per questa ragione, con la firma di questa lettera, proclamiamo l’impegno a progettare insieme strategie, eventi, articoli, testi poetici o narrativi, spettacoli, performances artistiche, drammaturgiche, cinematografiche e musicali, che facciano sì che questa lettera non sia un mero sfogo, ma una chiamata a raccolta, un momento di inizio: siamo qui per restare, e agire: vogliamo essere voce e non complice silenzio.

Ci diamo appuntamento ad un prossimo raduno in forma virtuale, per ora, su una piattaforma che ce lo consenta, per definire collettivamente tali strategie.

Promotori:

Angelo d’Orsi, Storico, Giornalista, Organizzatore culturale

Alessandro Negrini, Regista

PER ADERIRE ALLA LETTERA APERTA:
artistieintellettualipergaza@gmail.com

lettera aperta di artisti, letterati, intellettuali al mondo della cultura italiana – per la palestina

LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA  

Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.

Gaza ha superato il punto di collasso: l’ONU ha descritto il suo stato come “apocalittico”. Diciamo basta. Non possiamo parlare di bellezza, di cultura, di musica, di teatro, di cinema, raccontare la storia e le storie dell’uomo, ignorando l’infamia di cui siamo spettatori inerti e impotenti. Di fronte a tutto questo noi artisti, studiosi, intellettuali e operatori culturali possiamo essere ancora e nuovamente comunità, con un ruolo da svolgere. Riteniamo che il nostro compito, oggi più che mai, sia quello di esercitare uno sguardo che creando bellezza, raccontando verità, metta a nudo l’offesa in atto a Gaza e in Cisgiordania, nei confronti non del solo popolo palestinese, ma della intera umanità, perché denunciandola, ci si avvicina ad esercitare anche un altro diritto: il diritto al sogno. Il sogno di una società giusta e pacifica nella quale ogni essere umano possa non soltanto vivere, ma anche esercitare il proprio diritto appunto al sogno, e alla bellezza.

Il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza, secondo gli ultimi rapporti pubblicati da Euro-Med Human Rights Monitor ha superato quota 22.000 (secondo altre fonti ha già toccato la quota 30.000). Fino a martedì 26 dicembre, calcolando anche i morti dispersi sotto le macerie, sono stati uccisi 29.124 palestinesi. La stragrande maggioranza degli uccisi erano civili, tra cui 11.422 bambini, 5.822 donne (numeri che crescono di ora in ora). Più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, o le braccia.

Il 90 per cento degli edifici di Gaza è stata raso al suolo o danneggiato in modo irrecuperabile. I giornalisti uccisi sono 101, il personale santitario tra medici e paramedici ammonta a quota 226. I profughi – a cui è stato intimato di abbandonare entro 24 ore le loro case e spostarsi a Sud in campi profughi “sicuri”, a loro volta bombardati – sono 1.900.000. 

Secondo l’inchiesta del New York Times e rilanciata dalla Cnn, Israele a sud di Gaza nelle aree in cui aveva spinto i civili a fuggire dopo l’inizio dell’operazione di terra, ha usato munizioni altamente distruttive che moltiplicano i rischi di vittime civili collaterali. Le bombe in questione sono le MK-84 da 900 chili di peso, le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal Times, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile. I gazawi sono privati di acqua potabile, carburante, energia elettrica, cibo, attrezzature mediche, presidi sanitari. Gli ospedali sono costretti a compiere amputazioni di arti senza anestesia, sempre se intanto non vengono bombardati, perché ormai la regola degli israeliani è colpire anche gli ospedali, le scuole, i luoghi di culto, i musei. “Nessun luogo è sicuro” hanno dichiarato i rappresentanti dell’Agenzia ONU per i rifugiati, quelli sopravvissuti alla strage che “l’esercito più morale del mondo” (come si autodefinisce) ha compiuto e compie quotidianamente, anche del personale ONU (finora circa 140 uccisi). Centinaia di civili arrestati, denudati, umiliati dai soldati israeliani. E mentre l’esodo forzato dei palestinesi prosegue, governanti di Israele dichiarano, tranquillamente, che annetteranno il territorio di Gaza, e che i palestinesi se ne devono andare, addirittura qualcuno ha ipotizzato l’America Latina.

Nei giorni scorsi sono stati trucidati dall’IDF tre ostaggi israeliani mentre sventolavano bandiera bianca, perché creduti palestinesi. Il che si traduce nella candida ammissione che l’esercito israeliano spara anche ai civili palestinesi, senza preoccuparsi, il che del resto è accaduto anche nella fatidica giornata del 7 ottobre. L’Agenzia ONU per i rifugiati denuncia Israele per aver bombardato un convoglio di aiuti umanitari, che percorreva una strada indicata dalle forze israeliane come sicura.

Questa catastrofe (che non a caso è il significato preciso, drammatico della parola “Nakba”, per i palestinesi) non è un evento “naturale”, è invece frutto di scelte, di azioni determinate e perseguite lucidamente. Ciò che accade in Palestina è sconvolgente, inumano, inammissibile sotto ogni riguardo. Noi stiamo assistendo non ad una guerra, ma allo sterminio premeditato di un popolo inerme. È l’abominio che, attraverso l’ennesimo travestimento semantico, si camuffa da “diritto alla difesa”.

Di fronte a tutto ciò riteniamo che la neutralità, l’equidistanza corrispondano a una forma di complicità: ma anche il silenzio è una forma di connivenza con chi opprime, chi distrugge, chi imprigiona, chi uccide, con chi stermina indiscriminatamente persone “fragili”: anziani, donne, bambini. Come ha detto Papa Francesco, questo del 2023 è stato “Il Natale di Erode”. E il nostro cuore è gonfio di sdegno, ma non vogliamo più accontentarci di questo, vogliamo mobilitarci e invitare alla mobilitazione.

Perciò noi sottoscritti, ci uniamo e intendiamo mobilitarci per chiedere:

– Il cessate il fuoco permanente a Gaza per impedire che lo sterminio prosegua con altre decine di migliaia di uccisioni indiscriminate di civili palestinesi, e che i palestinesi siano costretti ad abbandonare Gaza, il suo territorio, le sue acque.

 – La denuncia inequivocabile dei crimini che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza, ed il rifiuto della logica giustificante dell’ingannevole frase “Israele ha diritto a difendersi”. Non ci si difende annientando un popolo inerme e incarcerato in un fazzoletto di terra, sottoposto a un blocco atroce che dura da un ventennio.

– Il diritto di esprimere liberamente, sulla base delle nostre conoscenze e delle nostre sensibilità di artisti e intellettuali, analisi e valutazioni della crisi in atto in Medio Oriente, a cominciare dalla denuncia che tutti noi abbiamo fatto per gli aspetti feroci dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, consapevoli che quella ferocia che condanniamo non che è l’altra faccia della medaglia: l’occupazione abusiva e la pratica dell’apartheid da parte del governo israeliano. 

– Il diritto di non accettare più in nessuna forma il ricatto della Shoah, la speculazione politica da parte del sionismo, e di non avere paura dell’accusa grottesca di “antisemitismo”, accusa che senza pudore anche oggi, per ignoranza o malafede, viene riproposta contro chiunque osi denunciare il genocidio in atto contro il popolo palestinese.

L’incriminazione di Benjamin Netanyahu (e dei suoi ministri) come da poco ha fatto il Sudafrica, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per crimini di guerra e contro l’umanità ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite.

Proprio come i firmatari del primo appello in difesa del capitano Alfred Dreyfus, guidati da Emile Zola nel 1894, come artisti e intellettuali, noi riteniamo di avere il diritto ma anche il dovere di scendere in campo. Di uscire dal silenzio, e di invitare tutti i nostri sodali a fare altrettanto. Per questa ragione, con la firma di questa lettera, proclamiamo l’impegno a progettare insieme strategie, eventi, articoli, testi poetici o narrativi, spettacoli, performances artistiche, drammaturgiche, cinematografiche e musicali, che facciano sì che questa lettera non sia un mero sfogo, ma una chiamata a raccolta, un momento di inizio: siamo qui per restare, e agire: vogliamo essere voce e non complice silenzio.

Ci diamo appuntamento ad un prossimo raduno in forma virtuale, per ora, su una piattaforma che ce lo consenta, per definire collettivamente tali strategie.

Promotori:

Angelo d’Orsi, Storico, Giornalista, Organizzatore culturale

Alessandro Negrini, Regista

PER ADERIRE ALLA LETTERA APERTA:
artistieintellettualipergaza@gmail.com

oggi, 17 dicembre: “radici future”, 1990-2023, trentatre anni di villaggio globale

RADICI FUTURE
1990 → 2023: 33 anni di Villaggio Globale
Roma – Villaggio Globale, OGGI, domenica 17 dicembre 2023 ore 11>22
Lungotevere Testaccio 1

17 dicembre, Federico Raponi: ● ore 18:30
Villaggio Globale e la Musica

Per anni il Villaggio Globale è stato un punto di riferimento per concerti di artisti affermati e presentazione di nuove proposte.
Incontro con alcuni dei protagonisti di quella stagione.
Una riflessione su come è cambiata la produzione musicale dal basso.

partecipano:
• Enrico Colaiocco – tra i fondatori di Villaggio Globale
• Stefano Strina – organizzatore di numerosi concerti al Villaggio Globale
Gridalo Forte Records – etichetta musicale storica
• Luciano LeproneLuzy L. Toretta Stile
• Francesco Regina – Etno Trance, musica popolare salentina
• Marco Paolo Pierucci – DJ Vortex
Puzzle Sound System – DJs & band

introduce e coordina: Federico Raponi, autore del libro ‘Quando il fumo si dirada’
https://tuttascena1.wordpress.com/2020/07/17/11546/

https://youtu.be/qkZ_5-2xqLw
(intervista audio ad Alfonso Perrotta del Villaggio Globale)

 

“radici future”: 1990-2023, trentatre anni di villaggio globale

RADICI FUTURE
1990 → 2023: 33 anni di Villaggio Globale
Roma – Villaggio Globale, domenica 17 dicembre 2023 ore 11>22
Lungotevere Testaccio 1

17 dicembre, Federico Raponi: ● ore 18:30
Villaggio Globale e la Musica

Per anni il Villaggio Globale è stato un punto di riferimento per concerti di artisti affermati e presentazione di nuove proposte.
Incontro con alcuni dei protagonisti di quella stagione.
Una riflessione su come è cambiata la produzione musicale dal basso.

partecipano:
• Enrico Colaiocco – tra i fondatori di Villaggio Globale
• Stefano Strina – organizzatore di numerosi concerti al Villaggio Globale
Gridalo Forte Records – etichetta musicale storica
• Luciano LeproneLuzy L. Toretta Stile
• Francesco Regina – Etno Trance, musica popolare salentina
• Marco Paolo Pierucci – DJ Vortex
Puzzle Sound System – DJs & band

introduce e coordina: Federico Raponi, autore del libro ‘Quando il fumo si dirada’
https://tuttascena1.wordpress.com/2020/07/17/11546/

https://youtu.be/qkZ_5-2xqLw
(intervista audio ad Alfonso Perrotta del Villaggio Globale)

 

“italian arts united for palestine” _ lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in palestina

TESTO IN ITALIANO [scroll for the English text]

PALESTINE: Lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in Palestina

[scroll for ENG]

Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese.
Continua a leggere

impero e papato uniti nell’amore per le arti / differx. 2023

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/papa-e-artisti-onda-di-bellezza-che-adesso-interroga-la-chiesa

Questo qui sopra è un frammento dall’articolo Aprire nuovi spazi. Papa e artisti, onda di bellezza che adesso interroga la chiesa, firmato da Alessandro Beltrami, uscito ieri, 28 giugno, sul sito di “Avvenire”. Fa riferimento agli appelli recenti del Papa agli artisti. (Bergoglio, intendiamoci, in termini di effettiva attenzione al contesto sociale e politico sta una e più spanne sopra i papi precedenti; e non è intenzione di nessuno negarlo. Ovviamente restando all’interno della Chiesa e della sua storia, e dunque all’interno di una complessiva considerazione strumentale di ciò che non è fede).

Ora, molto sinteticamente.
La destra al governo sta già occupando tutte le caselle, basta dare un’occhiata al turnover al Maxxi, alle vicende della Rai, o a questa aberrazione (che non c’entra col vero Festival di Spoleto). Gli esempi saranno dozzine o centinaia, negli anni che si prospettano.

Dunque, in una simile ottica, non poteva mancare la mano tesa dell’ecclesia. Papato e impero non devono mica sempre battagliare. Anzi.

Questa sponda, offerta proprio adesso, e direttamente dal capo della Chiesa, difficilmente non si risolverà in un ennesimo avvicinamento o rafforzamento del conservatorismo o proprio del neofascismo, sul versante della cultura, in direzione del Cupolone.

_

roma, 5 maggio, studio campo boario: “i giorni, le opere (ma esiodo non c’entra)”, di luigi ballerini

a Roma, venerdì 5 maggio 2023, alle ore 18:00
presso lo Studio Campo Boario
(viale del Campo Boario 4a)

Luigi Ballerini
legge e presenta brani del suo oratorio inedito

I giorni, le opere (ma Esiodo non c’entra)

con la partecipazione di Giuliana Adezio

* * *

Lettura e commento dei primissimi brani di un oratorio immaginato idealmente come un’assemblea degli eroi ma realizzato assai più semplicemente come una tavola rotonda di poeti, economisti, filosofi e artisti, chiamati a discutere “in poesia” della differenza tra lavoro, inteso come libera scelta di un’attività utile al progresso morale e materiale dell’individuo e della società, e occupazione, intesa come forma larvale di servitù.

Partecipano a questa puntata: Apollo, Pound, Marx & Engels, Rosa Luxemburg, Gustavo Zagrebelsky, Max Weber, Antonio Gramsci, Elio Pagliarani, Carl Sandburg, Peter Gillespie, Umbertina Santi, etc.

https://fb.me/e/A2QhgFXA

È cosa sommamente giusta, equa e salutare,
sottrarsi al volere di chi, meditando sulla propria
variabile natura di deriva o di approdo, vive
ogni emergenza come una sfiducia e perde
l’occasione di smascherare quel giro di vite
che impone o gratitudine o ricatto: “Tu non
sai com’era, quando di lavoro non ce n’era
e c’erano invece le sanzioni”. Uguale restava
solo il guadagno di pochi adagiato nelle pieghe
di una lapide che non ammette amori a mezz’asta.

gli artisti, non i poeti

Joseph Kosuth, Art as Idea as Idea, 1967

Guardando le fotografie e i materiali di documentazione nel post di Pasquale Polidori che ho condiviso stamattina su FB (https://bit.ly/3uY97GR e https://t.ly/5P6R) mi rendo conto una volta di più di un’evidentissima evidenza.

Ossia che non c’è niente da fare: gli unici giovani (e meno giovani) in grado di mettersi immediatamente e senza elucubrazioni in sintonia con le scritture di ricerca, la sperimentazione linguistica in ambito concettuale e non solo, sono gli artisti.

Inutile aspettarsi qualcosa dai (o: dalla stragrande maggioranza dei) “giovani poeti”. (Dai vecchi meno che mai).

_

oggi @ spazio taverna, “segreti”: gianni e giuseppe garrera

Un video da camera, di una comunicazione intima: saranno rivelati alcuni segreti, mostrati tesori nascosti di operazioni d’arte compiute sotto copertura, clandestine, volutamente affidate alla dispersione o disseminate per dono o generosità occulta.
Sculture inserite all’interno di riviste, finte inserzioni pubblicitarie, abbandoni per strada, appelli clandestini, pitture celate, cartoline e messaggi preziosi.
Si tratta, per questi tempi, di suggerire anche una modalità di collezionare per formare un museo personale, domestico, prediletto, e che consoli. La collezione come caccia, tesoro fanciullesco, esercizio di intimità, ma, soprattutto, conforto e propria stanza delle meraviglie.
L’esperienza sarà fruibile esclusivamente online:
Lunedi 22 Marzo dalle ore 19:00 al seguente link :
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