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L’offensiva a Gaza non è mai terminata. Un articolo di Chiara Cruciati, nella newsletter del ‘manifesto’, 1 dic. 2025

Chiara Cruciati

Senza pietà. Tally Gotliv, deputata del Likud, il partito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, lo ha ripetuto tre volte in diretta tv. Voleva che il messaggio fosse chiaro, implacabile come il tono della sua voce in crescendo: «Non abbiamo più ostaggi e, con gli ultimi tre corpi in rientro, non dobbiamo più essere precisi. Possiamo attaccare senza pietà, senza pietà, senza pietà».

Non serviva Tally Gotliv a comunicarci che l’offensiva israeliana a Gaza non è mai terminata, ma parole come le sue sono utili a comprendere cosa ha mosso e cosa muove le autorità israeliane da 25 mesi e ottant’anni a questa parte: la supremazia sulla terra, volta alla sua definitiva conquista, passa per la disumanizzazione di chi si considera alieno e immeritevole, appunto, di pietà. Se mai venissero ascoltate da questa parte del mare, quelle parole dovrebbero servire a risvegliare coscienze già assopite. Continua a leggere

the criminal entity called “israel” gives more weapons to its criminal settlers’ gangs

Yeni Şafak @ fb:

The Israeli government has approved the issuance of weapons permits for approximately 10,000 additional settlers in the occupied West Bank, a decision authorized by National Security Minister Itamar Ben-Gvir and Defense Minister Israel Katz. This expansion of armed settlers occurs within a territory where over 800,000 Israeli settlers already reside in communities considered illegal under international law, significantly increasing the armed presence throughout the Palestinian-administered areas. Continua a leggere

9 novembre, Roma: per la Palestina_ iniziativa di solidarietà

pranzo solidale_ per la Palestina_ domenica 9-11-2025

PRANZO SOLIDALE PER LA PALESTINA a sostegno del progetto “ULIVI CULTURA DI PACE” per il ripristino e la protezione delle ulivete attaccate da coloni ed esercito israeliano, perché ripiantare vuol dire resistere, perche in palestina l’ ulivo non è solo sovranità economico-alimentare ma è storia,comunità, armonia, indipendenza, cultura, perche è più di un albero!

QUESTA DOMENICA, 9 novembre 2025

CSOA EX-SNIA (via prenestina 163)

11:30 DIBATTITO

13:30 PRANZO A OFFERTA LIBERA

Aiutateci a condividere!

 

i killer israhelliani restano impuniti

link e sintesi qui:
https://poliverso.org/display/0477a01e-1468-ffcc-b2d5-ea6829414793

ma quanto può fare schifo israhell?
ma quanto può CONTINUARE, INFINITAMENTE E IMPUNEMENTE CONTINUARE a fare schifo israhell?
veramente il pozzo nero dell’umanità, ma senza umanità dentro, nemmeno per sbaglio.

Film sulla Palestina, disponibili gratuitamente

Un gran numero di registi ha reso disponibili online gratuitamente i propri film sulla Palestina. Di seguito sono riportati i link:

• Una raccolta di film documentari di Al Jazeera Documentary:

Italiano: https://bit.ly/3yp2nBI

Italiano: https://bit.ly/2SSpMeC

Italiano: https://bit.ly/3f0KK3P

*

• Il film documentario “Guardiano della Memoria”:

Italiano: https://youtu.be/eywuYeflWzg

* Continua a leggere

la rete non è la rete dei discorsi (delle interpretazioni)

in un nuovo “pod al popolo” (numero #077) mi sono appena interrogato sulla “catena social” e il genocidio: https://slowforward.net/2025/08/27/pap-077-la-catena-social-e-il-genocidio/
cercando di non ridurre il discorso della rete a una banale “rete dei discorsi”, bidimensionale e strumentale.

lettera del presidente dell’arci e del presidente delle acli al ‘manifesto’ e ad ‘avvenire’

Cari direttori del Manifesto e di Avvenire,
come presidenti di due associazioni nate e cresciute in culture differenti ci troviamo a scrivere insieme consci della responsabilità di non tacere di fronte alla tragedia che si sta consumando a Gaza e in Cisgiordania.
Non intervenire nel momento in cui la diplomazia e anche solo l’umanità stanno naufragando equivale a un disimpegno morale che ci renderebbe colpevoli. Mentre l’attenzione dei media internazionali si concentra sulle mosse del presidente statunitense – tra trattative con la Russia e passerelle interne – l’espansione delle colonie israeliane illegali di Gerusalemme est prosegue indisturbata. In particolare il progetto del corridoio E1, avviato negli anni Novanta e rilanciato più volte come cardine delle politiche di occupazione israeliane sulla città e sull’intera Cisgiordania.
A queste decisioni si sommano le operazioni militari nella Striscia e l’uso sistematico della fame e della sete come strumenti di guerra contro la popolazione civile palestinese.
Ogni volta che ci siamo recati in Cisgiordania, l’enorme colonia di Ma’ale Adumim appariva più estesa, meglio collegata a Gerusalemme, con infrastrutture sempre più imponenti. In questi anni è stato portato avanti un piano progressivo e sistematico che l’attuale governo israeliano intende completare.
Le colonie non sono solo insediamenti abitativi, ma un vero e proprio sistema di controllo fatto di strade e infrastrutture interdette ai palestinesi e riservate agli israeliani. Un regime di apartheid compiuto, che priva un intero popolo di libertà di movimento, di dignità e di futuro. La Cisgiordania tagliata in due dal nuovo insediamento significherebbe l’impossibilità di collegare Betlemme e Ramallah, la cancellazione di uno Stato palestinese con continuità territoriale, l’azzeramento dello status quo di Gerusalemme che dovrebbe essere la base di qualunque accordo di pace.
Intanto la città vive mesi drammatici: strade deserte, attività commerciali chiuse, turismo azzerato e dunque meno testimoni capaci di raccontare il processo di giudaizzazione in corso. Proseguono le demolizioni di case nei quartieri di Silwan e Sheikh Jarrah: è stata abbattuta perfino la tenda del Comitato al-Bustan, simbolo della resistenza civile che tante volte abbiamo incontrato. Non siamo di fronte a novità. Lo abbiamo denunciato per anni, spesso in solitudine insieme a poche organizzazioni della società civile internazionale: era chiaro dove si voleva arrivare e quali fossero le intenzioni del governo israeliano.
Oggi, davanti all’evidenza di una Cisgiordania spezzata e di una Gerusalemme snaturata, fingere che esista ancora una trattativa credibile è un’ipocrisia. E a questo quadro si aggiunge Gaza, con bombardamenti incessanti e migliaia di vittime civili che smentiscono ogni retorica sulla sicurezza. Non è autodifesa nata dopo la tragedia del 7 ottobre, non è strategia di sicurezza: è punizione collettiva, occupazione militare, violenza sistematica contro un popolo che da decenni subisce espulsioni, assedi e massacri.
Il governo italiano, continuando a sostenere Israele senza condizioni, si rende complice di questa catastrofe. Israele oggi va sanzionata non più e non meno della Russia di Putin. Dire che non è ancora il tempo del riconoscimento politico della Palestina equivale a nascondere la testa sotto la sabbia e non riconoscere la dignità a un popolo che sta soffrendo pur di continuare a respirare sulla propria terra.
È tempo di un cambio di rotta netto e immediato: chiedere la fine degli insediamenti, la cessazione delle operazioni militari a Gaza, il rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni Onu, il riconoscimento pieno dello Stato di Palestina.
Come Arci e Acli non ci rassegniamo al silenzio e non accettiamo la logica dei fatti compiuti. Alziamo la voce e continueremo a farlo, perché crediamo che pace e giustizia siano inseparabili e che il futuro del popolo palestinese e di quello israeliano non possa che passare dalla fine dell’occupazione e dall’uguaglianza dei diritti.

*Presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia
**Presidente Arci, Walter Massa

Espansione dell’insediamento E1: perché l’indignazione europea per il piano israeliano è pura messinscena

Di Robert Inlakesh – 16 agosto 2025

La condanna internazionale del nuovo Piano per l’espansione dell’insediamento E1, in particolare da parte degli alleati di Israele in Europa Occidentale, è poco più che una messinscena. Sebbene sia vero che la costruzione di circa 3.400 unità abitative di coloni nell’ambito del Progetto taglia in due la Cisgiordania, questo è ben lontano da ciò che rende possibile la cosiddetta “Soluzione dei Due Stati”.

Regno Unito, Francia, Australia e Canada hanno manifestato la loro intenzione di riconoscere la Palestina come Stato in occasione dell’80ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, prevista per settembre. In risposta, si è immediatamente manifestata un’ondata di opposizione da parte dei politici israeliani, tra cui il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Sebbene il riconoscimento sia più che altro simbolico, Israele lo considera una seria minaccia diplomatica. Ciò è dovuto in parte al rifiuto del governo di uno Stato Palestinese, ma anche all’opposizione dell’opinione pubblica a quella che è stata la soluzione unanime dell’Occupazione israeliana per decenni: la Soluzione dei Due Stati.

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israele, dopo più di 76 anni di impunità e un genocidio in corso

Ma guarda. È incredibile che, dopo più di 76 anni di impunità, per massacri di massa, deportazioni, 174 risoluzioni Onu disattese, detenzioni e occupazioni illegali, centinaia e centinaia di aggressioni coloniali e omicidi impuniti (anzi favoriti o proprio condotti da moralissime truppe d’occupazione), avvelenamento o occlusione (cementificazione) di pozzi, taglio di condotte idriche, cecchinaggio su abitazioni civili, invasioni armate notturne di abitazioni civili, distruzione di strutture e cisterne e pannelli solari, imposizioni burocratiche insormontabili opposte a costruzioni che sarebbero legalissime, demolizioni e/o sfratti forzosi seguìti da insediamenti criminali (=furti e sventramenti e incendi di case, giardini e piantagioni), uccisione o furto di bestiame, negazione di elettricità, acqua, carburante e materiale medico, negazione di visti di uscita a lavoratori e studenti o a malati anche gravissimi, assedi invasioni e minacce decennali al lager Gaza (e non solo), annientamento dell’aeroporto di Gaza (2002), controllo dello spazio aereo e navale, bombardamento di barche, costruzione di muri, iterazione di torture e violenze sessuali su prigionier* di ogni età (t.ly/LqfPL e t.ly/dryq4), sequestro di cadaveri ed espianti illegali di organi (t.ly/ywXQn; n.b.: “L’espianto di organi è stata una pratica certa in passato” t.ly/xyAI_), blocchi o distruzione di ambulanze, militari e cecchini che ammazzano donne incinte e bambini con precisione millimetrica, missili e droni testati sui civili di Gaza, uso di fosforo bianco dentro e fuori la Palestina, rifiuto di sottoporre il proprio arsenale nucleare a controllo internazionale (2021: t.ly/xEE3u), bombardamenti indiscriminati di civili, ospedali distrutti, archivi, università, centri sportivi, scuole, chiese e moschee rase al suolo, interi quartieri e città rasi al suolo (con gli abitanti dentro, naturalmente), oltraggi ai luoghi sacri all’Islam in Gerusalemme e altrove, raid notturni, decine anzi centinaia di migliaia tra bambini e donne (soprattutto) e uomini assassinati, feriti (molti permanentemente), dispersi e profughi, tendopoli date alle fiamme con i civili dentro (possibilmente attaccati durante il sonno), annientamento di famiglie, più di 120 giornalisti uccisi in un anno (=dieci al mese, dunque, in media), 500 operatori sanitari ammazzati e più di 300 imprigionati, aggressioni a operatori di associazioni umanitarie, minacce e aggressioni a Paesi esteri, attacchi ad ambasciate, incursioni terroristiche (il caso dei pager, per dirne una), strumentalizzazioni vili della Shoah (t.ly/Xmk8I), condanne da parte degli stessi sopravvissuti all’Olocausto (t.ly/r4Qvl), testimonianze raccapriccianti e dossier e condanne da parte di Unicef, Medici senza frontiere, Emergency, Oxfam, Amnesty international (e molte altre entità indipendenti al lavoro in Palestina), condanna da parte della Corte internazionale di giustizia degli insediamenti illegali e dell’apartheid (t.ly/8gCS0), richiesta da parte del Procuratore capo (t.ly/dtK6Q) ed effettiva emissione da parte del Tribunale penale internazionale (t.ly/aQLlU) di mandato di arresto per Netanyahu e Gallant e per 4 leader di Hamas, risoluzione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per chiedere per israele sia la responsabilità in crimini di guerra e contro l’umanità sia il divieto di continuare a vendergli armi (t.ly/r6qhF); … e poi dopo menzogne, bugie su bugie (i 40 bambini decapitati, i bambini cotti al forno, l’UNRWA accusata di aver partecipato al 7 ottobre, e ne nomino solo tre), dico, dicevo, è incredibile che, DOPO TUTTO QUESTO ORRORE (documentato, accertato, filmato, registrato), e dopo la RIVENDICAZIONE orgogliosa di tutto questo da parte di politici, giornalisti, militari e moltissimi cittadini israeliani, il pianeta intero – incluse parecchie centinaia di migliaia di ebrei in tutto il mondo – pensi che israele dovrebbe vergognarsi e piantarla. Eh, dev’essere senz’altro un serpeggiante antisemitismo a muovere questi stolti fissati con la giustizia e il rispetto dei diritti umani.

Alessandro Portelli, sui numeri del genocidio a Gaza (articolo di oggi sul ‘manifesto’)

Alessandro Portelli

Il 12 maggio 1996, a un intervistatore televisivo che le chiedeva se mezzo milione di bambini morti in Iraq fossero un prezzo che valeva la pena pagare, Madeleine Albright – ambasciatrice degli Stati uniti all’Onu e segretaria di stato durante la guerra in Iraq – rispose: «È una scelta difficile ma pensiamo che fosse un prezzo che valeva la pena».

Il 10 agosto scorso, Kamala Harris – prossima, speriamo, presidente degli Stati uniti – ha detto che i civili uccisi a Gaza sono «far too many», davvero troppi. In modo più confuso e ambiguo, anche il presidente uscente Joe Biden ha detto la stessa cosa nel suo discorso alla convention democratica a Chicago. Continua a leggere